La Gioconda muore sfida sul restauro “Perderla o cambiarla”

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«La Gioconda sembra un cadavere, sta lentamente scomparendo e se non si fa nulla il paziente può peggiorare». Vincent Delieuvin, responsabile del Louvre per la pittura italiana del XVI secolo, riapre il dibattito che da decenni divide il mondo dell’arte: il capolavoro di Leonardo deve essere comunque restaurato rischiando di snaturarlo oppure no? In gioco non c’è solo il destino del ritratto più famoso al mondo, ma anche l’immagine che ha attraversato cinque secoli di storia trasformandosi in quello che Antonio Natali, direttore degli Uffizi di Firenze, definisce “un feticcio”. Due scuole di pensiero si confrontano. Da una parte chi teme che un intervento di pulizia comprometta lo sfumato di Leonardo, dall’altra chi ritiene necessaria un’operazione di urgenza per non ritrovarsi con una tela così scura da non conservare nulla del fascino originale.
Delieuvin, intervistato da El Pais, riapre il dibattito nei giorni della mostra al Louvre dell’ultimo capolavoro di Leonardo, la Sant’Anna il cui restauro ha suscitato aspre polemiche: troppo aggressivo, avrebbe donato all’opera una luminosità  innaturale. Secondo Delieuvin i colori squillanti della “nuova” Sant’Anna sarebbero molto più vicini alla pittura di Leonardo che quelli della Gioconda: «È grigia, incolore, sembra di vedere una donna morta». E ancora: «La parte inferiore del quadro è praticamente invisibile», l’aspetto tridimensionale «si sta perdendo», in testa «ha una crepa» e più in generale gli strati trasparenti apposti nei secoli come protezione «hanno alterato i colori originali». Basta guardare la copia del Prado: «La gente vede che la Monna Lisa spagnola è così pulita e resta senza fiato, sembra quasi un quadro pop. Naturalmente pensa a cosa possa esservi sotto lo strato di sporco dell’originale». Che, nelle sue intenzioni, andrebbe cancellato con un millimetrico alleggerimento degli strati di vernice. 
«I restauri non devono cancellare la patina del tempo – interviene nel dibattito Antonio Natali – ma il fumo, la polvere, i colori ingialliti e tutto quel sudiciume che rovina la lettura di un testo poetico». Per decidere se è possibile intervenire su un capolavoro è necessaria «prudenza, cautela, studio e fatica». Bandita solo la paura «che porta alla paralisi, atteggiamento diffuso quando si parla di Leonardo o Michelangelo». E che Natali riconduce alla società  dell’immagine dove certe opere smettono di essere tali per diventare feticci. «Al Louvre vi sono sale con una pittura così bella da commuovere, ma i visitatori sono lì per Monna Lisa la rockstar. L’idolatria rovina la storia dell’arte perché si salvano solo i capolavori più noti, i feticci come la Gioconda». E forse neanche quelli, se stiamo correndo il rischio, come sostiene Delieuvin, di trasformare il ritratto più famoso al mondo «in una specie di pittura contemporanea tutta nera».


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