La maggioranza chiama Fornero Un vertice per l’intesa sulla riforma

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ROMA — La clessidra distilla gli ultimi granelli di sabbia, il 28 giugno è vicino e il governo accelera sulla riforma del lavoro. Il premier Mario Monti vuole il via libera prima del «cruciale» Consiglio europeo di fine mese e oggi pomeriggio, dopo che Elsa Fornero avrà  parlato nell’aula del Senato, il ministro si sposterà  alla Camera per incontrare i capigruppo di maggioranza. Un vertice chiesto dalle forze politiche per cercare un’intesa, prima che in commissione Lavoro si cominci a votare gli emendamenti.
«La riforma è equilibrata e non si torna indietro, spero prevalga il buon senso», spinge il ministro Fornero. Ieri a Milano è stata contestata da una trentina di antagonisti, che hanno provato a sfondare il cordone delle forze dell’ordine all’ingresso del «Pirellone» dove era in corso un dibattito sul lavoro. E oggi al Senato potrebbe essere un’altra giornata ad alta tensione. Sul numero degli esodati l’incertezza regna sovrana e Fornero chiede «di avere pazienza». Ma la pazienza dei partiti sembra esaurita. I democratici puntano a uno scambio, barattare il sì alla riforma del lavoro con la soluzione del dramma esodati, sotto forma di decreto. E il Pdl? Dopo il pressing di Monti difficilmente potrà  mettersi di traverso, ma la strada è ancora accidentata. Fabrizio Cicchitto chiede il rispetto delle procedure parlamentari e attacca: «Se il presidente Monti avesse avuto una grande urgenza, avrebbe potuto e dovuto presentare il progetto sotto forma di decreto legge». E Maurizio Gasparri conferma la disponibilità  a discutere sui tempi, «ma senza diktat e imposizioni».
La questione di fiducia è probabile, ma non scontata. Se dovesse rivelarsi inevitabile per blindare le nuove norme il governo potrebbe porla lunedì e giovedì 28, salvo incidenti di percorso, Monti potrebbe volare a Bruxelles con in mano il «trofeo» dell’articolo 18. «Restano poche ore per decidere — incalza il capogruppo del Pd, Dario Franceschini —. Un incontro con il governo è necessario, sia per trovare un accordo sui contenuti, sia per decidere il percorso parlamentare». 
In teoria la riforma sarebbe calendarizzata per l’inizio di luglio. E anche nel Pd c’è chi prova a rallentare l’iter. «Per il 28 giugno non ce la facciamo, il Parlamento deve avere il tempo di lavorare» frena Stefano Fassina, che però promette il voto favorevole del Pd «anche senza fiducia». Fonti di governo non escludono che Monti possa convocare un nuovo incontro con Alfano, Bersani e Casini per risolvere la grana, ma al momento conferme non ce ne sono. E il leader dell’Udc sprona i partiti ad «approvare subito la riforma del lavoro e poi a dare corso, se necessario, ad una verifica». Una sorta di «tagliando» al governo.
A complicare ancora le cose potrebbe essere la mozione di sfiducia individuale contro Fornero, presentata da Lega e Idv. Il Pdl ci sta pensando. «Al momento non abbiamo intenzione di votarla — resta volutamente ambiguo Gasparri —. Ma certo non possiamo dire che ci sia una mozione di fiducia…». Cicchitto tranquillizza, lui è contrario e pensa che «il partito non la voterà ». Intanto, però, gli umori degli antipatizzanti ribollono. Alessandra Mussolini e Lino Miserotti voteranno a favore, Giuseppe Moles è tentato e come lui potrebbe esserlo Antonio Martino. «Non c’è né un sì, né un no — aumenta la suspence il vicecapogruppo, Massimo Corsaro —. Sentiamo cosa dirà  al Parlamento, poi si vedrà ».


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