Nelle tendopoli tornano le lacrime “Così muore anche la speranza”

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NOVI DI MODENA – Non molla la presa un attimo. Altre scosse, due medie e una forte, mentre scendeva la sera su una giornata imprudentemente definita “tranquilla”. Alle 21.20 di nuovo tutti in strada, per primi quei pochi che si erano avventurati nelle case non lesionate. La speranza crolla in una manciata di secondi. «È un incubo, non ci lascia più», riesce a dire soltanto una donna anziana a cui chiediamo informazioni per raggiungere Novi che risulta essere il nuovo epicentro. Ovunque lungo il percorso, crisi di nervi nelle strade, volti che dicono che queste scosse hanno allontanato forse per molto tempo la normalità , la speranza che il terremoto infinito potesse finire prima possibile. 
Invece il terremoto che cammina colpisce ancora, verso il margine ovest della lunga faglia padana, oltrepassa Novi, si sposta verso Concordia, Moglia, il mantovano, e la paura lo segue come una scia. L’epicentro è dunque a Novi: nella cittadina a nord di Carpi è appena crollata la torre del municipio, già  lesionata, si trova nel cuore della zona rossa, evacuata da martedì scorso, e dunque fortunatamente non ci sono feriti, ma l’ansia è oltre i livelli di guardia. Il sisma senza soste continua a sgranocchiare ferocemente, pezzo per pezzo, il cuore e la storia dei paesi della Bassa modenese. Non sanno ancora che un sismologo dell’Ingv, Alessandro Amato, già  toglie ogni ottimismo: «il periodo sismico di questi giorni durerà  a lungo». Le scuole del modenese oggi non riapriranno.
Verso le dieci le strade della zona, molte delle quali già  interrotte per precedenti crolli, diventano un labirinto di automobili, chi era lontano dai parenti si è messo subito in movimento per cercare di raggiungerli, mentre le linee dei telefoni cellulari sovraccariche come è accaduto sempre in questi frangenti nei giorni scorsi, si rifiutano di inoltrare le chiamate, e questo amplifica l’incertezza, la paura e gli spostamenti improvvisi. Il sindaco Luisa Turci tranquillizza: «Nessun ferito, eravamo già  tutti fuori di casa, qui ci sono 11.500 sfollati, tutta la popolazione, anche io e mio marito dormiamo in tenda. Solo due anziani hanno avuto piccoli malori». 
A ridosso della zona rossa, attorno al chiosco bar che aveva riaperto, esplode l’esasperazione della gente comune. Una donna grida: «Deve finire, o ce ne andiamo tutti! Invece di fare le parate a Roma devono venire qui a vedere come siamo ridotti!». Spontaneamente gli abitanti del paese si riversano a ridosso delle transenne della zona proibita, arrivano a piedi, in bicicletta, vogliono vedere il mostro sotterraneo che si sta prendendo il loro paese, molti hanno le lacrime agli occhi, la polizia li tiene fuori con qualche fatica. Una signora sui cinquanta, sconvolta, non vuole crederci. «La torre? No, il botto della scossa è stato troppo forte non ho sentito la torre cadere, l’ho capito solo dalla nuvola di fumo». C’è vera e propria rabbia, senso di impotenza, «proprio oggi che mi stavo tranquillizzando», «io ero tornato a farmi una doccia in casa, per la prima volta a una settimana». I pochi che stavano pensando di risistemare casa sono i più sconvolti, «ci toccherà  dormire in auto per sempre?». Anche nelle tendopoli, dove il pericolo è solo nella memoria dei rifugiati, la protezione civile deve passa tenda per tenda a rassicurare, «solo qualche crollo in più dei palazzi vecchi, state tranquilli». Il dirigente della Protezione civile dell’Emilia Romagna Demetrio Egidi conferma: «nessun ferito al momento» solo qualche malore e qualche contuso mentre fuggiva».
A Concordia sul Secchia, a dieci chilometri da Novi, la gente che era già  per strada (anche qui in casa non vive più nessuno, e una parte del paese è deserto perché molti sono corsi a trovare rifugio al mare) ha di nuovo provato la paura della grande scossa di martedì, e per alcuni addirittura la sensazione è stata che questa fosse anche più forte: “Ero al campo della Protezione civile qui vicino – racconta Lorella – e mi son detta che qui non avremo mai pace. Io dormo qui dentro l’ufficio del mio distributore. Ho paura, ho tanta paura che ne venga un’altra più forte questa notte”. 
Un gruppo di sfollati guardano RaiNews e si domandano che cosa sia successo davvero a Novi. Intanto le pattuglie dei carabinieri perlustrano tutto il centro del paese e tornano in piazza sollevati: “Non sembra sia successo niente di grave». La loro caserma ha un torretta che è intarsiata dalle crepe, ma non è caduta. “Il vero problema è che nessuno sa, nessuno può dirci quando questo finirà . Qui a Concordia c’è una complicazione in più: alle nostre spalle abbiamo l’acquedotto pericolante. L’hanno svuotato dall’acqua e i palazzi nelle vicinanze sono deserti”. 
Roberto Stefanini racconta che in campagna lui dorme in casa, ma con le porte aperte e al piano terra: «I miei genitori di settant’anni invece non si fidano e dormono in tenda nel giardino. Per me quella di martedì era più forte di 5 punto 9 come dicono. E nel pozzo del fondo c’è solo sabbia melmosa sgorgata dalla profonità  delle terra». 
La scossa è stata sentita molto forte anche a Rolo (Reggio Emilia) e nel mantovano, non nel ferrarese. Crolli anche a Finale Emilia e San Possidonio. Fino a tarda notte la campagna lampeggia di lampeggianti blu, le lucciole inquietanti della paura. Le forze dell’ordine passan casa per casa, bisogna capire se davvero non è successo nulla a nessuno. Si va avanti così, come in una guerra, metro per metro, dentro questo terremoto che sembra non possedere un dopo-terremoto, ma un solo unico snervante infinito «durante».


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