“Abbiamo tre mesi di tempo il sistema bacato di Berlino sta uccidendo l’Unione”

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Sono giunto alla conclusione che la crisi dell’euro minaccia di distruggere davvero l’Unione Europea. L’Unione Europea è essa stessa una bolla. Nella fase del boom, la Ue era quella che lo psicoanalista David Tuckett definì un'”idea fantastica”, irreale, ma affascinante. Era l’incarnazione stessa di società  aperta, un’associazione di nazioni basata sui principi democratici, i diritti umani, la legalità , e nella quale nessuna nazionalità  avrebbe avuto una posizione dominante rispetto alle altre. 
La Germania è sempre stata in prima linea in questa impresa. Quando l’impero sovietico iniziò a disintegrarsi, i leader tedeschi si resero conto che la riunificazione del loro Paese sarebbe stata possibile soltanto nell’ambito di un’Europa più unita e furono disposti a fare considerevoli sacrifici per riuscirci. Quando giunse il momento di negoziare, furono disposti a dare qualcosa di più e a prendere un po’ meno degli altri, facilitando così che si arrivasse all’accordo. All’epoca gli statisti tedeschi erano soliti affermare che la Germania non aveva una politica estera indipendente, ma soltanto una politica europea. 
Il processo è culminato con il Trattato di Maastricht e con l’introduzione dell’euro, ai quali ha fatto seguito un periodo di stagnazione che dopo il crollo del 2008 si è trasformato in un processo di disintegrazione. Il primo passo lo ha fatto la Germania, quando Merkel – dopo la bancarotta di Lehman Brothers – ha dichiarato che la garanzia virtuale estesa ad altre istituzioni finanziarie sarebbe dovuta arrivare dall’azione di ogni Paese, e non dall’azione congiunta dell’Europa. 
Il Trattato di Maastricht era difettoso in partenza. Il suo punto debole principale era del resto ben noto ai suoi artefici: instaurava un’unione monetaria senza che esistesse un’unione politica. Ma l’euro aveva anche altre imperfezioni strutturali delle quali i suoi artefici erano inconsapevoli e che perfino oggi non sono comprese appieno. In retrospettiva, la fonte principale di tutti i problemi è che gli Stati membri della zona euro hanno abdicato e ceduto alla Bce i loro diritti di creare moneta a costo forzoso. Non si sono resi affatto conto di quello che ciò implicava, e così pure le autorità  europee. Quando l’euro è stato introdotto, i regolatori hanno consentito alle banche di acquistare quantità  illimitate di titoli di Stato senza però accantonare alcun capitale azionario. E la Banca centrale ha accettato tutti i titoli di Stato al suo sportello-sconti alle stesse condizioni. Le banche commerciali hanno così scoperto che era vantaggioso accumulare i titoli dei Paesi membri della zona euro più deboli per guadagnare qualche punto extra percentuale. È questo ad aver fatto sì che i tassi di interesse convergessero e che la competitività  divergesse. La Germania, affaticata per gli oneri della riunificazione, ha intrapreso riforme strutturali ed è diventata più competitiva. Altri Paesi hanno goduto di bolle immobiliari e dei consumi, alle spalle di credito a basso costo, e ciò li ha resi meno competitivi. 
Poi è subentrato il tracollo del 2008, che ha creato situazioni lontane da quelle previste dal Trattato di Maastricht. Molti governi hanno dovuto trasferire i passivi bancari sui loro bilanci e impegnarsi in una massiccia spesa in disavanzo. Questi Paesi si sono ritrovati nella posizione di quelli del Terzo mondo: indebitati in una valuta sulla quale non avevano controllo. A causa delle divergenti performance, l’Europa si è spaccata in due: da una parte i paesi creditori, dall’altra i paesi debitori. E tutto ciò sta avendo implicazioni politiche molto più ampie. 
La zona euro sta adesso ripetendo quello che è spesso accaduto nel sistema finanziario globale. C’è uno stretto parallelismo tra la crisi dell’euro e la crisi bancaria internazionale scoppiata nel 1982. Allora le autorità  finanziarie internazionali fecero tutto quello che era necessario per proteggere il sistema bancario: inflissero l’austerità  alla periferia per proteggere il centro. Adesso la Germania e gli altri Paesi creditori stanno inconsapevolmente rivestendo quello stesso ruolo. I creditori stanno rifilando l’onere dell’adeguamento ai Paesi debitori, eludendo le proprie responsabilità  per ciò che riguarda gli squilibri. Proprio come negli anni Ottanta, tutta la colpa e l’onere stanno ricadendo sulla “periferia”, mentre la responsabilità  del “centro” non è mai stata neppure adeguatamente riconosciuta. Eppure, nella crisi dell’euro la responsabilità  del centro è di gran lunga maggiore di quanto fu nel 1982. Il “centro” è responsabile per aver messo a punto un sistema bacato, per aver promulgato trattati e perseguito politiche piene di imperfezioni, e per aver sempre fatto troppo poco e troppo tardi. Negli anni Ottanta l’America latina soffrì a causa di un decennio perduto; oggi un simile destino incombe sull’Europa. Questa è la responsabilità  che la Germania e gli altri Paesi creditori devono riconoscere. Invece, non ci sono segnali che ciò stia accadendo. Le autorità  hanno ancora tre mesi per correggere i loro errori. Dicendo “le autorità ” intendo il governo tedesco e la Bundesbank. 
Il testo è uno stralcio del discorso fatto da George Soros al Festival dell’Economia di Trento. Traduzione di Anna Bissanti


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