“Monti non si è mai occupato di rating” Palazzo Chigi respinge i sospetti su Moody’s
BARI – «Non sono mai intervenuto sul rating né di Stati né di imprese». Il presidente del Consiglio, Mario Monti, finisce nella polemica sulle agenzie di rating al centro delle inchieste giudiziarie in diverse procure italiane. Il caso nasce sulla rete: alcuni siti hanno raccontato ieri che Monti lavorava per Moody’s quando l’Italia del governo Berlusconi fu declassata. La polemica è montata, il Pdl ha cominciato a soffiarci su gridando al complotto. Nel primo pomeriggio è arrivata la nota di Palazzo Chigi con i chiarimenti. «Il presidente Monti non ha mai partecipato alla valutazione, neppure in via indiretta, di Stati o imprese sotto il profilo del rating. Ai tempi della presidenza dell’università Bocconi, era membro del Senior European Advisory Council di Moody’s: in pratica avrà partecipato a due-tre riunioni all’anno che avevano per oggetto scambi di vedute sull’integrazione europea e sulla politica economica dell’Unione europea».
La polemica su Monti arriva proprio nel giorno in cui la procura di Trani continua la sua battaglia contro le agenzie di rating. Prima sono finiti sotto inchiesta i vertici di Moody’s e Fitch. Ora quelli di Standard & Poor’s. Nei giorni scorsi è stato notificato un avviso di garanzia all’ex presidente, Deven Sharma, e all’attuale responsabile dell’agenzia per l’Europa, Yann Le Pallec. Ieri è toccato all’amministratore delegato per l’Italia di S&P, Maria Pierdicchi: la sua posizione è stata però trasferita per competenza a Milano. I reati contestati sono a vario titolo l’alterazione del mercato pluriaggravata e il favoreggiamento. Alla Pierdicchi viene contestato di aver tentato di aiutare gli altri indagati a eludere le indagini. Oggetto dell’inchiesta sono i quattro report sull’Italia diffusi tra il maggio 2011 e il gennaio 2012 dall’agenzia. Documenti che hanno portato alla «destabilizzazione dell’immagine – si legge nei documenti – prestigio e affidamento creditizio dell’Italia sui mercati finanziari» ma anche all’indebolimento dell’euro e a un «deprezzamento» del valore dei titoli di Stato italiani. S&P lo avrebbe realizzato – contesta la pubblica accusa – attraverso «una serie di artifici» che avrebbero «cagionato alla Repubblica italiana un danno patrimoniale di rilevantissima gravità ». La procura – l’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Carlo Maria Capristo e dal sostituto Michele Ruggiero, e affidata agli uomini del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bari – accusa S&P di aver utilizzato «analisti inesperti e incompetenti». E di aver fatto le comunicazioni ai mercati in modo «selettivo e mirato» in relazione «ai momenti di maggiore criticità della situazione politica economica italiana». Agli atti ci sono documenti e intercettazioni telefoniche ora nelle mani della Consob che dovrà valutare una eventuale sospensione dell’attività di Standard & Poor’s in Italia.
«Riteniamo che le accuse riportate siano prive di ogni fondamento e non supportate da alcuna prova», ribatte Standard & Poor’s. «Continueremo a difendere strenuamente le nostre azioni e la reputazione della società e delle nostre persone».
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