Stupidità  dell’oppressore

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«Dal sangue e dal sudore / Nascerà  una stirpe / Fiera e generosa e brutale…». Così scriveva Vladimir (Ze’ev) Jabotinsky, il fondatore della corrente sionista di estrema destra, che era anche scrittore e poeta. Gli attuali leader del Likud lo considerano il loro antenato, proprio come Stalin vedeva Karl Marx. Il termine «brutale» risalta, perché sembra inverosimile che Jabotinsky volesse dire proprio questo. Il suo ebraico non era dei migliori e probabilmente intendeva qualcosa come «severa» o «tenace». La sua ideologia era una miscela ottocentesca di nazionalismo estremista, liberalismo e umanesimo e se Jabotinsky avesse conosciuto il Likud di oggi, sarebbe rabbrividito. Paradossalmente la brutalità  è l’unica delle tre caratteristiche da lui indicate che oggi prevale nella nostra vita, soprattutto nei Territori palestinesi occupati, dove non abbiamo nulla di cui essere orgogliosi e la generosità  è qualcosa che viene associato alla disprezzatissima sinistra. La routine, la brutalità  quotidiana che governa i territori occupati, lo scorso aprile è stata colta da un video. Un improvviso bagliore nelle tenebre. È successo sulla “Route 90”, un’autostrada che, lungo il fiume Giordano, collega Jericho e Beth She’an. È l’arteria principale di quella Valle del Giordano che il nostro governo, in un modo o nell’altro, vuole annettere a Israele. È riservata unicamente al traffico israeliano e chiusa ai palestinesi. I palestinesi si sono perfino inventati una barzelletta su questa strada. Durante le trattative dopo-Oslo, i negoziatori israeliani insistono nel volerne mantenere il controllo. Il capo dei diplomatici palestinesi allora si rivolge ai suoi colleghi ed esclama: «Cavolo! Se abbiamo altre 89 strade, perché insistere proprio su questa?». Un gruppo internazionale di giovani attivisti pro palestinesi ha scelto di manifestare contro la chiusura di questa strada. Hanno invitato i loro amici palestinesi a un’allegra corsa in bicicletta sulla “Route 90”. Sono stati fermati da un’unità  dell’esercito israeliano. Per alcuni minuti sono rimasti gli uni di fronte agli altri: i ciclisti, con le kufia arabe sulle spalle, e i soldati, coi loro mitragliatori. La procedura per situazioni simili prevede che l’esercito chiami la polizia, che è addestrata per disperdere la folla con mezzi non letali. Ma il comandante dell’esercito ha deciso diversamente. Ciò che è accaduto in seguito è stato mostrato da un video ripreso da uno dei manifestanti: in maniera chiara, inequivocabile. L’ufficiale, un luogotenente-colonnello, è davanti a un ragazzo dai capelli chiari, un danese, che sta solo osservando, senza dire né fare nulla. Tutt’intorno manifestanti e soldati. Nessun segno di violenza. Da nessuna parte. All’improvviso l’ufficiale solleva il suo mitragliatore – tenendolo in posizione orizzontale, una mano sul calcio e l’altra sulla canna – e sbatte l’estremità  del caricatore con forza contro la faccia del danese. La vittima cade a terra all’indietro. L’ufficiale sorride soddisfatto. La sera stessa il video è stato mandato in onda dalla tv israeliana. Ormai quasi ogni israeliano l’ha visto centinaia di volte. E più lo guardi, più rimani scioccato. La pura brutalità  di questo gesto assolutamente non provocato mette i brividi. Per i veterani delle manifestazioni nei Territori occupati, in questo incidente non c’è nulla di nuovo. Molti di loro hanno subìto diverse forme di brutalità . La novità  di questo episodio sta nel fatto che è stato ripreso da una videocamera. E non si trattava di una telecamera nascosta. C’erano tante videocamere in quel momento, non soltanto quelle dei dimostranti ma anche quelle dei fotografi militari. L’ufficiale doveva esserne consapevole. Semplicemente, se n’è fregato. La pubblicità  indesiderata ha scatenato un finimondo. E certamente non è stato l’atto in sé ad aver turbato la leadership politica e quella militare, ma la pubblicità  che esso ha attirato. Arrivato negli stessi giorni dell’eroica difesa dell’aeroporto di Tel Aviv a opera di 700 poliziotti e poliziotte contro la terrificante invasione di decine di attivisti internazionali per i diritti umani, quest’ulteriore pubblicità  è risultata davvero indesiderata. Il capo di stato maggiore ha stigmatizzato l’operato dell’ufficiale e l’ha prontamente sospeso. La condanna è stata unanime, in tal senso si è espresso anche il primo ministro. Come è noto, il nostro esercito è «il più morale del mondo», quindi ciò che è accaduto rappresenta il gesto imperdonabile di un singolo ufficiale farabutto. Seguirà  un’indagine approfondita, eccetera, eccetera. L’eroe di questa faccenda è il luogotenente-colonnello Shalom Eisner (che in tedesco vuol dire «uomo di ferro»). Invece di rappresentare un’eccezione, egli sembra piuttosto la quintessenza dell’ufficiale dell’esercito, e anche certamente la quintessenza dell’israeliano. La prima cosa che i telespettatori hanno notato è stata la kippah sul suo capo. «Ovvio», hanno brontolato molti. Per decenni il movimento nazionalista-religioso si è infiltrato sistematicamente nei reparti degli ufficiali delle forze armate – a partire dai corsi di reclutamento per ufficiali – allo scopo di far diventare capo di stato maggiore uno di loro. Ormai i luogotenenti-colonnello con la kippah sono comuni, un altro paio di maniche rispetto ai membri dei kibbutz che dominavano i corpi quando nacque il nostro esercito. Al momento dell’incidente, Eisner era un vice comandante di brigata. Al movimento nazionalista-religioso, al quale fa riferimento il nocciolo dei coloni, apparteneva anche Yigal Amir (l’assassino di Yitzak Rabin) e Baruch Goldstein (il pluriomicida di musulmani nella moschea di Hebron). Uno dei pilastri di questo movimento è la yeshiva (scuola religiosa ebraica, ndt ) Merkaz Harav («Centro del rabbino»), dove il padre di Eisner era un rabbino molto autorevole. Eisner junior era tra i manifestanti che protestavano contro l’evacuazione dei coloni dalla Striscia di Gaza portata a termine da Ariel Sharon. L’anno scorso Eisner è stato fotografato nello stesso punto della “Road 90” mentre fraternizzava con dimostranti di estrema destra. Eisner non ha reagito passivamente ai rimproveri ma, con un’impertinenza senza precedenti, ha attaccato il capo di stato maggiore, il comandante del fronte centrale e il comandante della sua divisione per averlo sospeso. Ha brandito la sua mano fasciata per dimostrare che era stato attaccato e che quindi aveva agito per difendersi. Ha perfino esibito un referto medico secondo il quale gli sarebbe stato rotto un dito. Ma tutto ciò è altamente improbabile. Prima di tutto la sua impugnatura del mitragliatore – mostrata dal video – sarebbe stata impossibile con un dito rotto. Inoltre le immagini dimostrano che il suo gesto non è avvenuto per reazione ad alcuna violenza. E ancora, c’erano diversi fotografi militari tutt’intorno, che hanno catturato ogni dettaglio (per utilizzarli come prove nel caso i manifestanti fossero stati condotti davanti a un tribunale militare). Se si fosse verificato un qualsiasi episodio di violenza, le relative immagine sarebbero state trasmesse dall’esercito il giorno stesso. E per finire Eisner ha colpito al volto allo stesso modo altre due manifestanti e un dimostrante sulla schiena, sfortunatamente non ripreso dalla telecamera. Ed Eisner insiste devotamente nel sostenere che ha fatto la cosa giusta. Dopotutto, non ha forse messo fine alla manifestazione? Ma non è completamente senza rimorsi. Infatti ha ammesso pubblicamente che «può essere stato un errore agire in questo modo in presenza di videocamere». L’esercito e molti commentatori si sono mostrati sinceramente d’accordo: criticandone non la brutalità , ma l’ingenuità . In quanto individuo, Eisner non è molto interessante. Se l’esercito smettesse di arruolare gli stupidi, dove andremmo a finire? Il problema è che Eisner non rappresenta un’eccezione, ma piuttosto la regola. Ci sono persone eccellenti nell’esercito, ma Eisner esemplifica molti ufficiali venuti fuori dal melting pot militare. E non soltanto nell’esercito. Parafrasando Jabotinsky: il nostro sistema educativo ora produce «una stirpe / stupida e meschina e brutale». Come potrebbe essere altrimenti dopo 60 anni di indottrinamento ininterrotto e 45 anni di occupazione militare? Ogni occupazione, ogni oppressione di un altro popolo, corrompe l’occupante, rende stupido l’oppressore. Quando ero ancora un ragazzo, lavoravo per un avvocato ebreo-britannico educato a Oxford, molti clienti del quale erano membri dell’amministrazione coloniale britannica. Li trovavo simpatici, intelligenti e cortesi, con un accattivante senso dell’umorismo. Eppure l’amministrazione britannica agì con sconcertante mancanza d’intelligenza. A quel tempo io ero un membro dell’Irgun, (una delle organizzazioni terroristiche ebraiche nella Palestina sotto mandato britannico, ndt ) il cui obiettivo era di cacciarli dal paese. A casa mia era custodito un arsenale di pistole, che venivano utilizzate per ucciderli. Vivendo tra questi due mondi, mi chiedevo sempre: com’è possibile che questi simpatici inglesi si comportino così stupidamente? La mia conclusione fu che nessun dominatore coloniale può comportarsi in maniera intelligente. Perché è proprio la colonizzazione che li obbliga a comportarsi contro le loro migliori caratteristiche e intenzioni. Durante i primi anni, l’occupazione israeliana fu dipinta come «illuminata» e «liberale». L’allora ministro della difesa Moshe Dayan ordinò di trattare i palestinesi nel modo più generoso possibile. Permise loro di commerciare col nemico e di ascoltare le sue trasmissioni. Con un gesto senza precedenti, mantenne aperti i ponti tra la Cisgiordania e la Giordania, a quel tempo un paese nemico. Ricordo che ironizzai sul fatto che Dayan, non avendo mai letto un libro, non sapeva che quello che aveva fatto era inimmaginabile. Dietro questa politica non c’era alcuna benevolenza, ma soltanto l’dea che se agli arabi veniva permesso di vivere in pace la loro vita, non si sarebbero ribellati e avrebbero sopportato un’occupazione eterna. Effettivamente quest’idea funzionò per una ventina d’anni, fino a quando una nuova generazione diede vita alla prima intifada e l’occupazione divenne stupida, meschina e brutale. E con essa gli ufficiali che la portavano avanti sul terreno. Sempre lo scorso aprile, Israele ha osservato l’annuale Giorno della memoria dell’Olocausto. A tal proposito vorrei citare Albert Einstein, ebreo e sionista. «Se non saremo capaci di trovare un modo di cooperare e venire a patti onestamente con gli arabi, allora vorrà  dire che non abbiamo imparato assolutamente niente durante i nostri duemila anni di sofferenza e che ci meriteremo tutto ciò che ci accadrà ». Traduzione di Michelangelo Cocc


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