Ultimatum di Monti “No alla Tobin tax senza piano anti-spread”

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PARIGI â€” «Il vertice europeo dovrà  togliere ogni dubbio sull’irreversibilità  dell’euro». José Manuel Barroso fissa un obiettivo ambizioso: per la diciannovesima volta dall’inizio della crisi greca, i Ventisette si ritrovano a Bruxelles per tentare di calmare i mercati. Si tratta di dare una risposta immediata, capace di spegnere l’incendio che travolge le Borse, e di tracciare il sentiero verso una maggiore integrazione dell’eurozona. C’è accordo sugli obiettivi, non sui metodi per raggiungerli, come dimostrano le divergenze franco-tedesche. Ieri sera, Angela Merkel è arrivata all’Eliseo per cercare un compromesso. Il tutto con sullo sfondo l’attesa dei mercati. I due premier hanno concordato sulla necessità  di «approfondire l’unione economica-monetaria, domani politica per giungere a un’integrazione e a una solidarietà ». E ancora: «Abbiamo fatto progressi con il piano per la crescita da 130 miliardi» Ieri le Borse si sono mostrate più fiduciose sull’esito del summit, ma Spagna e Italia continuano a soffrire e il Tesoro ha visto i tassi dei Bot, malgrado una forte domanda, schizzare al 2,96% contro il precedente 2,10. Da Bruxelles Mario Monti, che ha incassato i complimenti del presidente dell’Eurogruppo Juncker (“ha fatto miracoli”) ha avvisato i suoi partner: l’Italia adotterà  la Tobin Tax solo se in cambio ci sarà  maggiore solidarietà  per ridurre gli spread. Il presidente del consiglio ha insistito su questo punto: l’Italia «aderirebbe sulla Tobin tax solo se anche per altri aspetti, come la politica finanziaria di gestione del mercato dei titoli sovrani, ci fosse una cooperazione rafforzata e quindi ci si muovesse ad un livello di cooperazione maggiore». Un veto? Su questo Monti ha preferito non
rispondere. Tre temi saranno al centro delle discussioni di oggi e domani: crescita, unione bancaria, maggiore integrazione. Sul primo non ci dovrebbero essere problemi dopo l’accordo a quattro raggiunto la settimana scorsa a Roma: i 27 dovrebbero dare il via a un piano di investimenti di 120-130 miliardi. Sul secondo ci sono ancora molti interrogativi. In sostanza, si tratta di separare crisi delle banche e crisi dei debiti sovrani, di creare una supervisione bancaria a livello europeo e di fissare
le modalità  di intervento. I dissensi sono ancora molti, ma c’è l’impressione che un’intesa sia possibile. Infine, c’è il vero nodo: mutualizzazione dei debiti e integrazione. La cancelliera, parlando al Bundestag, si è mostrata inflessibile: «Non mi faccio illusioni. Non esiste una soluzione facile e veloce per la crisi», ha martellato. I paesi in difficoltà  devono adottare riforme strutturali e non ci può essere messa in comune dei debiti fino a che non ci sarà  una maggiore integrazione.
Hollande ha messo la sordina sugli eurobond, ma chiede segni tangibili di solidarietà  prima di avanzare sulla strada dell’integrazione. «La situazione è seria», ha ribadito la cancelliera al suo arrivo all’Eliseo, sottolineando al tempo stesso l’accordo trovato sulla crescita. Il dissidio sta però altrove: la Merkel insiste affinché i paesi dell’eurozona si sottomettano a un controllo europeo dei loro bilanci, Hollande prende tempo.


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«Come non vedo differenze tra Renzi e Marchionne, così chiedo alla Cgil di non trasformare la trattativa sulla produttività  in un ulteriore svilimento del contratto nazionale e di essere coerente e indire al più presto lo sciopero generale». Maurizio Landini oggi raduna a Modena i suoi 5mila delegati nell’Assemblea nazionale per «discutere di Fiat, Ilva e di riconquista del contratto».

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