Un piano salva-banche per evitare il crac spagnolo Bce pronta a ridurre i tassi

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Due bombe a orologeria: Spagna e Grecia. Una necessità : la fine del blocco creditizio da sommare alle ricette per la crescita. Un desiderio: rilanciare l’integrazione Ue per evitare che in futuro l’Unione si trovi di fronte a una crisi come quella che, partita nel 2008, ora rischia di far salatare l’euro. Ecco perché tra le istituzioni e le varie Cancellerie si lavora a una risposta che assomigli a un piano per salvare la moneta unica. Le divisioni ci sono ancora, i rischi pure. Ma stanno prendendo forma una serie di iniziative che, se approvate al decisivo summit del 28 giugno, salveranno l’Europa. Il primo problema da risolvere è quello delle banche spagnole: alla fine per evitare il loro fallimento dovrà  intervenire la Bce. La seconda mina pronta a esplodere è quella della Grecia: fino alle elezioni del 17 resterà  tutto in sospeso poi, a seconda del risultato, si cercherà  di dare più margini ad Atene per ottemperare ai durissimi impegni. Quindi si potrà  pensare al futuro. Il primo tassello per uscire dalla crisi è politico: convincere il fronte dei paesi a tripla A, guidato dalla Germania, a mettere fine alle pressioni per stoppare le azioni della Bce a sostegno dell’economia. Un primo successo di questa strategia lo si potrebbe vedere già  dopodomani, con un probabile taglio dei tassi di interesse. Poi la crescita: l’Italia dovrebbe parzialmente vincere sulla “golden rule” (possibilità  di spendere soldi pubblici per investimenti che generano crescita) e sul via libera a pagare i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese senza incappare in sanzioni Ue sui conti. Intanto sarà  lanciata anche l’Unione bancaria, studiata da Bruxelles per dare una risposta sistemica alla crisi del credito (ma non arriverà  in tempo per salvare la Spagna). Si combatte ancora sugli Eurobond, mentre il Fiscal Compact, il Trattato sul rigore, è già  passato.

Fondo salva-Stati / Salvagente per Madrid Eurotower in prima linea    


Per evitare un tracollo in grado di portarsi dietro l’euro, le banche spagnole avranno bisogno tra i 50 e i 90 miliardi. Gli europei – e su questo tutti i governo sono d’accordo – pressano perché Madrid chieda aiuto all’Unione. Non la pensa così l’esecutivo di Rajoy, che nella richiesta di soccorso vede un segno di debolezza che potrebbe essergli fatale sui mercati. Si scommette però che alla fine Madrid dovrà  rivolgersi all’Ue. Allora scatterà  il piano di salvataggio. I soldi, ormai le Cancellerie lo danno per scontato, li metterà  la Bce di Mario Draghi. Ma non potrà  versarli direttamente a Madrid per non violare il suo statuto. Li darà  al fondo Salva-Stati Ue (Efsf-Esm), che a sua volta li girerà  alla Spagna. Ma qui arriva il litigio: Monti, Hollande e altri leader vorrebbero cambiare lo statuto dell’Efsf-Esm in modo da permettergli di dare i soldi direttamente alle banche. Germania, Olanda e Finlandia si oppongono perché intravedono un rischio: che i mercati percepiscano la Spagna come un Paese in parte insolvente, esponendo Madrid (già  in pessime acque) a ulteriori attacchi.

Fondo per le banche / L’Autorità  di risoluzione faro sugli istituti in crisi    


Anche la Commissione europea mercoledì farà  la sua mossa. Barroso vuole lanciare l’Unione bancaria, un piano di grande impatto per mettere al riparo il sistema del credito europeo. Con un solo difetto: non entrerà  in vigore prima del 2014. Dopodomani Bruxelles ne presenterà  il primo tassello per far sì che futuri default bancari non siano più pagati dai governi, che i soldi li hanno finiti, ma da un fondo Salva-banche finanziato dagli stessi istituti. Ecco come: creazione delle Autorità  di Risoluzione nazionali con ruolo di vigilanza preventiva (potranno costringere banche e gruppi che marciano male a prendere contromisure) e di intervento in caso di crisi. Queste autorità  saranno dotate di soldi propri raccolti presso gli stessi istituti con un prelievo dell’1% annuo dei loro depositi. Ogni banca dovrà  poi avere un proprio “piano di salvataggio” pronto all’uso. Se in caso di crisi non bastasse ad evitare il crac interverrà  l’Autorità  di Risoluzione. E nel caso i suoi liquidi non fossero sufficienti, ecco che scatterebbe l’aiuto europeo con i soldi delle autorità  degli altri Paesi. Ipotesi che troverà  l’ostilità  di Germania, Olanda e Finlandia. Oltre che della Gran Bretagna.

Supervisione e depositi / Garanzia comunitaria su tutti i conti correnti    


Sono altri tre i tasselli che andranno a completare l’Unione bancaria sulla quale lavora la Commissione e che dovrebbe approdare al summit di fine mese per un primo ok dei leader. Si tratta innanzitutto del sistema unico di supervisione dell’attività  degli istituti di credito: centrale sarà  l’Eba, l’agenzia bancaria europea, che avrà  poteri molto più ampi di quelli attuali. C’è poi il rafforzamento dei poteri di vigilanza di altre autorità  Ue, tra cui l’Autorità  europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma). Tasselli sui quali si dovranno superare le resistenze del governo britannico di David Cameron, rispetto ai suoi predecessori ancora più sensibile alle esigenze della City di Londra. L’ultimo pilastro del piano è una garanzia europea unica, e non più nazionale, sui depositi bancari la cui tutela verrebbe dunque sottratta alla responsabilità  dei differenti Stati membri. Questa proposta, bocciata solo pochi mesi fa dai governi, secondo il presidente della Commissione europea Josè Barroso potrebbe trovare un’accoglienza più favorevole. Ma anche su questo punto difficile che il fronte del Nord – Germania, Finlandia e Olanda – voglia garantire i conti correnti dei Paesi del Club Med.

Politica monetaria / Iniezioni di liquidità  per aiutare le imprese    


Mercoledì il Consiglio dei governatori della Banca centrale europea guidato da Draghi dovrebbe tagliare dello 0,25% i tassi di interesse. Almeno, questo è quanto si aspettano diversi governi della zona euro nonché la maggior parte degli analisti. Da dicembre il tasso di sconto è fermo all’1%, minimo storico dalla nascita dell’Eurotower. Il passo, oltre ad aiutare l’economia, sarebbe un segnale che la Bce è pronta ad affrontare le crisi (Spagna e blocco del credito). Molti governi sono certi che Draghi riprenderà  “azioni non convenzionali” come quelle già  messe in atto negli ultimi sei mesi (acquisto dei titoli dei Paesi in difficoltà , liquidità  per le banche). Se dunque la Francia chiede un cambiamento dello statuto per trasformare l’Eurotower in una banca di uno Stato federale in stile Fed, altri governi, come quello italiano, preferiscono lottare perché la Germania lasci mano libera a Draghi senza osteggiarne le iniziative per salvare l’euro. Una ripresa delle iniezioni di liquidità  per le banche, ad esempio, viene ritenuta essenziale per superare quel blocco del credito che sta uccidendo le imprese dei Paesi colpiti dalla crisi. Come quelle italiane, che pagano il credito 4 volte più caro di quelle tedesche.

Misure per la crescita / Digitale e grandi opere più forte la ricetta Monti    


Tra i vari punti dalla risposta europea alla crisi, quello della crescita è il primo ad essere stato preso in considerazione, anche su spinta di Mario Monti. La portata del piano per rilanciare il Pil sarà  fondamentale per capire se, dopo il summit del 28, l’Europa avrà  un futuro. Nel testo ci saranno le richieste italiane per spingere la crescita: completamento del mercato interno – renderebbe l’Ue più simile agli Usa per quanto riguarda lavoro e servizi transfrontalieri – liberalizzazioni, agenda digitale ed energia. Passeranno le proposte di Barroso: una prima piccola tranche di project bond (titoli per finanziare grandi opere) e un aumento di capitale da 10 miliardi che permetterà  alla Banca europea per gli investimenti di finanziare altri 80 miliardi di infrastrutture. Si lotta ancora sugli eurobond, con il no della Merkel. Sullo sfondo la possibilità  di aprire un dibattito per rinforzare la governance europea in grado di rendere l’Unione più simile a uno Stato federale, e quindi più forte. Il 23 maggio i leader hanno dato a Van Rompuy, Barroso, Juncker e Draghi il compito di scrivere un rapporto su come far avanzare l’Europa. A fine mese presenteranno le loro idee.


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