A rischio 61 amministrazioni meno funzioni per le superstiti nascono 10 città  metropolitane

by Editore | 7 Luglio 2012 13:37

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I criteri si conosceranno solo alla fine del mese. E saranno ispirati alla «dimensione territoriale» e alla «popolazione residente». Ma l’obiettivo del governo è chiaro: dimezzare il numero delle Province italiane entro la fine dell’anno, tramite «soppressione» o «accorpamento». Queste le parole chiave inserite nella notte, a sorpresa, nel decreto sulla spending review, che così passa da 17 a 23 articoli nella sua versione finale. «È stata ridisegnata l’architettura istituzionale dello Stato sul territorio, la prima volta nella storia repubblicana », esulta il ministro Filippo Patroni Griffi che auspica in «circa 50» il numero delle Province residue dopo la “cura”, dalle 107 esistenti. «Una vera e propria svolta. Basta con i microfeudi». Le prime simulazioni del governo individuano in 75 le amministrazioni da eliminare o fondere. Tutte quelle al di sotto dei 350 mila abitanti o meno estese di 3 mila chilometri quadrati. Due parametri più volte circolati nei giorni scorsi (assieme a un terzo, il numero dei comuni nel territorio provinciale, poi saltato), ritenuti ragionevoli, ma tuttavia non definitivi. Il Consiglio dei ministri ha dieci giorni di tempo, dall’entrata in vigore del decreto, per deliberare i criteri definitivi e trasmetterli al Consiglio delle autonomie locali delle singoli Regioni che poi, entro 40 giorni, dovranno definire il piano di «riduzioni e accorpamenti».
La cifra di 75 “tagli” rischia tuttavia di essere fuorviante. In realtà  il decreto avrà  efficacia stringente solo nei confronti delle Regioni a statuto ordinario (86 Province totali). Per quelle speciali, lo Stato centrale nulla può, tranne un “atto di indirizzo”. Ecco allora che le Province nel mirino scendono a 61. Le salvate appena 25 che diventeranno 15 il primo gennaio 2014 quando nasceranno le dieci Città  metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria). Un taglio netto di 61 amministrazioni lascerebbe alla Toscana la sola provincia di Firenze. Alla Lombardia, solo Milano e Brescia. Al Piemonte, Torino, Cuneo, Alessandria. All’Emilia Romagna, Bologna e Parma. Alle Marche, Ancona. Per citare le Regioni dove è più probabile che si proceda per accorpamenti e dove i malumori salgono. Norma ad hoc per La Spezia, salva nonostante i requisiti, perché nei fatti non può accorparsi (Genova sarà  Città  metropolitana e confina con altre due Regioni).
Il problema resta aperto per le Regioni a Statuto speciale. La Sardegna è nel caos: ha cancellato 4 Province con il referendum abrogativo di maggio, ma il “parlamento” sardo con una leggina le ha prorogate fino al 28 febbraio 2013. In Sicilia, Lombardo è pronto alle dimissioni e forse si voterà  in ottobre. Fuori tempo massimo per “asciugare” entro dicembre 5 Province su 9. Poi c’è la questione delle funzioni. Il decreto sulla spending review lascia alle Province “salve” solo pianificazione territoriale, ambiente, trasporto, viabilità . Togliendo scuola e centri per l’impiego. «Non sta in piedi. Lo correggeremo in Parlamento », avverte Giuseppe Castiglione, presidente Upi (Unione province).

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