ADDIO ALAURA GRIMALDI UNA VITA IN GIALLO

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Se ne è andata lasciando l’eco di un sorriso. L’ultima impresa riuscita di Laura Grimaldi è un piccolo mémoire scintillante di ironia,
Faccia un bel respiro (Mondadori), titolo straordinariamente impertinente per la cronaca di un ennesimo ricovero per crisi respiratoria (pneumotorace spontaneo, «pnx, lo chiamano loro, per i quali tutte le patologie vanno rigorosamente in minuscolo come un indirizzo e-mail»), il malanno che l’ha portata via ieri a 84 anni, dopo 50 passati in ruoli importanti dell’editoria.
Una fondata leggenda vuole che a farla arrivare negli anni ’60 a Milano abbia contribuito una vittoria a Lascia o raddoppia?,
cinque milioni guadagnati rispondendo a Mike Buongiorno sulla materia “romanzi gialli”. Prima, di gialli ne aveva già  scritti alcuni sotto pseudonimo, dopo ne sfornerà  a centinaia (e di spy story, di noir, di thriller, di romanzi di fantascienza) dirigendo dal 1962 le collane Mondadori allora egemoni nel campo: “Segretissimo”, “Giallo Mondadori” (dal ’79), “Classici del Giallo”, “Cerchio rosso”, “Urania”, “ I neri”, che sono stati la traduzione letterale di noir molto prima che la parola aiutasse a sdoganare il genere dai pregiudizi. Sul punto, Laura Grimaldi ha sempre avuto idee cristalline: «Mi piace il noir che è caos, il giallo d’indagine invece è ordine e mi pare che per noi che le regole le rispettiamo, ce ne siano già  troppe…».
Lei le regole le ha sempre rispettate a partire da quelle del mestiere, che per una donna al vertice (allora era più raro) della più redditizia branca dell’editoria popolare, erano far quadrare scelte culturali e conti delle copie, conciliare i pareri di consulenti, curatori, editore, e poi decidere, al ritmo di una grande fabbrica di parole. Nel 1989 si dimette da direttore editoriale dei libri periodici Mondadori per fondare una sua casa editrice, “Interno Giallo”, insieme a Marco Tropea, l’altra metà  di un sodalizio professionale e personale durato tutta la vita. Qualche anno dopo, un’altra diaspora da Segrate porta Grimaldi e Tropea al Saggiatore. Nel frattempo lei resta una traduttrice infaticabile (almeno 200 volumi all’attivo, tra cui Chandler in edizione critica per i Meridiani, E. L. Doctorow, Ray Bradbury, Thomas Harris, Ernest Hemingway, Scott Turow). Dal 1989 al 1993 pubblica cinque suoi romanzi da Il sospetto a La paura (Mondadori). Da editor e scout lavora al Saggiatore fino all’ultimo.
Una piccola involontaria ingiustizia è che per decenni sia stata definita ritualmente e rispettosamente “la signora del Giallo”. Probabilmente lei era più vicina all’idea di Nora Ephron, che raccomandava: «Qualunque strada prendiate, e per quanta strada facciate, spero che non sceglierete di fare le signore ». Nelle ultime pagine di Faccia un bel respiro scrive: «Il mio lungo, solitario viaggio verso la notte volge al termine». Poco prima: «Ma pensa cosa mi ha detto il primario… “Signora, mi raccomando, stanotte non mi faccia scherzi”…Stronzo».


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