COMPROMESSI E FURBIZIA

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Era il 26 aprile del 1974, campagna elettorale sul divorzio, e in un cinema di Caltanissetta Amintore Fanfani volle somministrare alla platea un imprevedibile supplemento di paura: «Se il divorzio passerà , in Italia sarà  persino possibile il matrimonio tra omosessuali… ». E posando lo sguardo su quel pubblico tutto maschile pose il più insinuante quesito: «Vi piacerebbe, gentili ascoltatori, se vostra moglie vi lasciasse per sposarsi con la moglie del vostro amico, e magari per scappare con la donna di servizio, o con una fanciulla desiderosa di apprendere? ». Su quest’ultima figura è possibile che l’oratore si rese conto che rischiava di accendere la fantasia, per cui ritornò al punto: «Se resterà  il divorzio diventeremo tutti degli scimuniti dello stesso sesso». Il che non è accaduto.
E tuttavia se a 38 anni di distanza lo scenario fanfaniano non si è realizzato, un po’ viene anche da pensare che su questo esito abbiano pesato l’irrisolutezza e la furba inconcludenza, debitamente travestita da realpolitik, di chi a sinistra si riempiva la bocca di astratto riformismo o perdeva tempo ed energie appresso alle leggi elettorali.
Occasioni in fondo ce ne sarebbero anche state, già  a partire dalla lotta contro l’Aids. Fatto sta che nel giugno del 1992, a Milano, il consigliere comunale Hutter e due sue colleghe di Bergamo celebrarono davanti a palazzo Marino le prime simboliche nozze di nove coppie gay. Eppure ancora nel 2000, fresco di Gay pride e di coming out, il ministro Pecoraro Scanio, non trovò di meglio che definire il matrimonio fra gay: «Ridicolo, la brutta copia di quello etero».
E sul piano estetico se ne può senz’altro discutere, come delle cravatte degli sposi e dei vestiti delle spose, ma l’esigenza di una regolamentazione delle unioni omosessuali è da tempo questione viva e reale. Sennonché il centrosinistra, nelle sue mutevoli forme, parte con il piede sbagliato e proprio quando occorreva slancio, subito gioca al ribasso, tra don Abbondio e Ponzio Pilato, perdendosi dietro una serie interminabile di pregiudizi, impacci, distinguo, moderazioni, preoccupazioni e anche captatio benevolentiae nei confronti della Chiesa. Certo non giova il fatto di avere come leader, e per ben due volte presidente del Consiglio, un cattolico sia pure “adulto” come Prodi, ma in cattivi rapporti con il cardinal Ruini. Così come non aiuta che il presidente della Margherita, Rutelli, abbia da farsi perdonare il suo passato pannelliano. Se non bastasse, gli ex comunisti assegnano al problema un ruolo secondario, oltre a considerarlo un impiccio per le alleanze. Così Veltroni si scopre tiepido, Fassino freddo, D’Alema contrario, Bersani nel 2005 si dimentica di inserirlo nel programma. Morale, in Europa si fanno le leggi e qui una pletora di strateghi ed esperti, tra i quali anche alcuni “professionisti dell’omosessualità ”, si baloccano con le teorie, i talk-show e perfino i nomi: Pacs, Dico, “unioni civili”, “unioni di fatto” o “di solidarietà ” – ma c’è chi le vuole pubbliche e chi solo private. Come dire: più le soluzioni si moltiplicano e più la speranza evapora. Quando finalmente nel 2007 un accettabile compromesso a firma Bindi e Pollastrini sembra giungere in dirittura, ci pensano Mastella e Binetti a sbarragli la strada, e la mobilitazione di massa del Family day. Da allora non molto è cambiato. Lo scorso settembre RaiUno si è permessa di censurare una fiction, per giunta tedesca, in cui si vedevano delle nozze omosessuali. E anche di questo c’è da scommettere che Fanfani, come si è visto dotato di occhio lungo, sarebbe soddisfatto.


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