Crescita, fisco e tagli ai contributi Il piano da 6 miliardi del governo

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ROMA — «Mi auguro che questo governo riesca a portare a termine la delega fiscale entro la fine della legislatura. Se non ci riusciamo, bisognerà  stralciare alcune parti e farle diventare norma nel più breve tempo possibile. E noi stiamo già  lavorando sulle possibili semplificazioni» delle oltre 700 agevolazioni fiscali del valore di 240 miliardi. Alcune sono «certamente inutili». Così ieri il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, rispondendo a una domanda in un convegno. È solo l’ultimo indizio del fatto che il governo sta lavorando per non lasciarsi cogliere di sorpresa dalla tempesta speculativa temuta per agosto, ma di cui si sono viste già  le avvisaglie. 
Finora il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha detto che non sono in arrivo manovre, che non c’è un piano B, ma è chiaro che se sarà  necessario si interverrà  anche ad agosto. E i provvedimenti potrebbero riguardare un nuovo capitolo di tagli della spesa pubblica (spending review), colpendo gli aiuti alle imprese (rapporto Giavazzi), i contributi diretti e indiretti a partiti e sindacati (rapporto Amato) e appunto le agevolazioni fiscali. Obiettivo minimo: economizzare 6 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva previsto tra un anno. 
I sindacati sono in allarme. Temono non solo i tagli dei distacchi sindacali e dei contributi a Caf e patronati, ma nuovi interventi a carico del pubblico impiego. Ieri Raffaele Bonanni ha riunito la segreteria. In questi giorni lo stesso segretario della Cisl si impegnerà  per convincere gli altri sindacati, la Confindustria e le altre associazioni imprenditoriali a un’iniziativa analoga a quella del 27 luglio di un anno fa, quando praticamente tutte le parti sociali (17 sigle) firmarono un appello all’allora premier Berlusconi che di lì a qualche giorno le incontrò. Per ora un piccolo fronte comune si è formato tra sindacati e industrie farmaceutiche che hanno scritto a Monti chiedendo di fermare i tagli a carico del settore. E un’altra alleanza si registra fra i sindacati del pubblico impiego di Cgil e Uil e l’Anci (comuni), che oggi manifesta a Roma, contro i tagli agli enti locali, mentre la leader della Cgil, Susanna Camusso, accusa il governo di «compromettere il diritto alla salute». Bonanni, dunque, punta a un patto sociale, convinto che rafforzerebbe lo stesso Monti, che però ha già  mostrato tutto il suo scetticismo verso la concertazione.
Il premier guarda invece al Parlamento, per velocizzare l’iter dei suoi decreti. Nei giorni scorsi ne aveva parlato anche al Quirinale, col presidente della Repubblica. E ieri è stato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, a essere ricevuto da Giorgio Napolitano. Al centro del colloquio l’urgenza di rilanciare la crescita. Anche per questo sul decreto Sviluppo il governo dovrebbe porre oggi stesso la questione di fiducia alla Camera, così da ottenere l’approvazione del provvedimento entro dopodomani e puntare quindi a una lettura lampo in Senato. Chiudendo la discussione in Aula, Passera ha detto che negli interventi dell’esecutivo, «non c’è né fase uno, né due, né tre: è invece un continuum che deve garantire sicurezza sulla copertura dei conti pubblici e creazione delle condizioni per tornare a crescere». E al Pd, che ha polemizzato per il ritardo nel taglio degli incentivi alle imprese proposti nel rapporto Giavazzi, ha replicato: «Non si fa da un giorno all’altro». 
Anche sul decreto con le misure per la spending review l’esecutivo ha deciso di accelerare: il testo dovrebbe arrivare già  domani in aula al Senato. Tra l’altro questo decreto dovrà  rimediare al taglio dei fondi per il credito di imposta alle imprese colpite dal terremoto in Emilia, da 100 milioni all’anno a 10. Un taglio deciso dalla commissione Bilancio in sede di esame del decreto Sviluppo perché la norma è risultata priva di copertura.


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