Da Armin Greder la storia di un muro

by Editore | 27 Luglio 2012 8:39

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Quelli di cui ha creato sia la storia sia il testo, però, sono soltanto tre: L’isola (2007), La città  (2008) e Gli stranieri, quest’ultimo appena uscito per la casa editrice Orecchio Acerbo (euro 15), che ha pubblicato negli anni scorsi anche i due titoli precedenti. Tutti insieme, questi album di grande formato con ampi spazi bianchi e illustrazioni giocate sui toni del grigio in cui si affacciano tenui tonalità  seppia e rari tocchi di colore, sembrano formare una trilogia in cui Greder racconta la paura e il rifiuto dell’altro, la sopraffazione e il controllo (a volte travestito da amore materno, come in La città ), il pregiudizio e la violenza, trasformandoli nella visione di inaccessibili isole-fortezza, di case sbarrate contro un esterno percepito come ostile ed estraneo, di mura altissime e senza aperture, di volti deformati dalla rabbia o dal dolore.
Proprio di un muro enorme e grigio parla Gli stranieri, in cui si narra di un popolo che ha atrocemente sofferto e torna nella terra dove prima ha vissuto molto, molto tempo. Man mano che gli stranieri prosperano e hanno bisogno di più spazio, la gente che da sempre abita quel paese, pascolando le capre e aspettando che maturino le olive, si vede costretta ad andarsene. Ma, mentre gli stranieri costruiscono nuovi edifici e dissodano altri campi, la rabbia degli scacciati aumenta, fino allo scontro inevitabile, alla sconfitta, alla vendetta, E poi arriva il muro, che cresce e cresce come una cosa viva attraverso la sabbia e le pietre, un muro che serve a «tenere fuori» ma anche a «chiudere dentro», trasformando in carceriere di se stesso chi lo ha costruito nell’illusione di proteggersi. Una barriera impenetrabile? Non è detto, perché, pensa la gente allontanata dalle proprie case, di cui ancora conserva gelosamente le chiavi, «gli stranieri avevano il potere, ma loro avevano tempo. E sapevano che anche questo muro, come tutti gli altri muri prima di lui, sarebbe alla fine crollato, perché un giorno gli stranieri avrebbero capito». 
Trasparente metafora del lungo e mai risolto antagonismo tra israeliani e palestinesi, Gli stranieri si affida a un testo scarno, poche frasi inserite in grandi tavole attraversate dal caratteristico segno forte e impietoso dell’autore, che in queste pagine rimanda più che mai alle litografie e ai dipinti di Kà¤the Kollwitz, la celebre artista tedesca che Greder cita tra i suoi maestri ideali, e di cui condivide indubbiamente l’impronta etica e l’inclinazione per le tematiche sociali. Oltre alla potenza di immagini che via via diventano sempre più nude e stilizzate, fino a ridursi a campiture di colore deserte di ogni presenza umana, la caratteristica del libro è la semplicità  con cui viene esposto e riassunto un conflitto complesso e terribile, senza accennare a soluzioni ma suggerendo la possibilità  di una speranza e di una, per ora remota, ragionevole capacità  di dialogo. Ma semplice non vuol dire facile, e infatti Gli stranieri non ha nulla di riduttivo e di superficiale. Possiede invece la profondità  della parabola e la sua stessa capacità  di colpire, di far riflettere e discutere chiunque legga, guardi o ascolti, qualunque età  abbia. 
Va sottolineato, a questo punto, che a rigor di termini il libro di Greder non si può definire per bambini o per ragazzi (anche se, probabilmente, molti insegnanti e genitori lo troveranno utilissimo per avvicinare i più piccoli a temi complessi, com’è già  accaduto per i due titoli precedenti), ma rientra nella categoria più ampia dei libri per tutti, la stessa in cui vanno collocate le opere di Maurice Sendak, di Shaun Tan, di Peter Sìs e di molti altri illustratori contemporanei: grandi artisti che, come dice Greder, lavorano pensando «alla storia che deve essere raccontata», piuttosto che a un destinatario preciso, spesso inventato dall’industria editoriale e dal suo culto del target.
E siccome le storie sono capaci di trovare la loro strada nei modi più inattesi, c’è da sperare che anche questa trovi la sua, da una parte e dall’altra del muro – anzi, dei tanti muri visibili e invisibili che ogni giorno vengono costruiti in ogni parte del mondo.

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