Dino Risi inedito

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ROMA – A quattro anni dalla scomparsa (7 giugno 2008) e a mezzo secolo dal primo ciak del suo capolavoro Il sorpasso (Ferragosto 1962), Dino Risi continua ad essere protagonista. L’inaugurazione del 65mo Festival di Locarno, nella Svizzera che lo accolse nei mesi dell’occupazione tedesca con altri rifugiati destinati alla fama come Giorgio Strehler (e dove peraltro incontrò la sua futura moglie e madre dei suoi figli Claudio e Marco), gli dedicherà  il 31 luglio una serata d’onore presentando cinque degli oltre venti cortometraggi che il giovane Dino realizzò nella seconda metà  degli anni 40 — il più noto dei quali è uno degli ultimi realizzati prima di passare al cinema grande, cioè Buio in sala— dentro la temperie del dopoguerra milanese.
Anche se i titoli erano conosciuti e citati nelle filmografie ufficiali, dietro a questa presentazione c’è un accurato e filologico lavoro di scavo, di ritrovamento, di restauro di film rimasti quasi inediti. Ad opera, in particolare nella persona del suo responsabile Sergio Toffetti, dell’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa di Ivrea, appendice del Centro Sperimentale di Cinematografia. Uno scrigno prezioso contenente ricchissime testimonianze di un rapporto che soprattutto negli anni della ricostruzione e fino a tutti gli anni 60 è stato molto fertile tra industria italiana e i migliori nomi del nostro cinema: si ricordino il caso di Olmi con la Edison o quella fucina di idee che fu la Olivetti ma anche l’Eni di Mattei che chiamò il comunista Joris Ivens, il più celebre documentarista del mondo, per raccontare l’industrializzazione italiana.
Fra i cinque piccoli film di Risi, Verso la vita (1946) è una sorta di corto pubblicitario in favore di un costruendo villaggio-vacanza destinato a raccogliere bambini abbandonati e rimasti orfani nella Milano devastata dalle bombe. E’ una piccola fiction che ha per
prota gonista il piccolo Emilio dapprima riluttante a integrarsi tra gli scout del campeggio dove viene avviato e poi grazie alla serenità  di questa esperienza educato al recupero della gioia infantile di cui era stato privato. Sia nel titolo che nelle modalità  di racconto Risi fa eco a un celeberrimo film russo dedicato ai “ragazzi di strada” nell’Urss postrivoluzionaria.
Tigullio minore e La provincia dei sette laghi, pur essendo brevi documentari di sapore turistico non mancano di sensibilità  sociale e di sottile attenzione alla quotidianità . Nel primo caso ambientando sullo sfondo della riviera ligure un mesto e umile funerale paesano. Nel secondo illustrando la bella vita della borghesia e della gioventù dorata lombarda nello scenario dei laghi che circondano Varese.
Infine, mentre La fabbrica del Duomo (1949) accompagna lo spettatore dietro le quinte della ricostruzione postbellica del simbolo milanese ma raccontandone soprattutto la fatica operaia e la sapienza artigianale, fiore all’occhiello dell’iniziativa è un corto di finzione fino ad oggi completamente sconosciuto. E’ 1848, realizzato per conto del comitato milanese per le celebrazioni del centenario delle Cinque Giornate. E alla cui realizzazione collaborano Alberto Lattuada e Giorgio Strehler. Vi appare una sconosciuta quanto luminosa Lucia Bosè nei panni di un’accesa patriota che sventola il tricolore sulle barricate. Che al curatore Toffetti ricorda la ragazza della celebre foto del Maggio francese (oltre che una citazione pittorica di Delacroix), ma che è anche al centro di una messa in scena — angoli di ripresa, montaggio — vistosamente debitrice verso lo stile dei maestri sovietici degli anni Venti.
Tutta la prima produzione “breve” del giovane Risi è accompagnata da uno stesso produttore, Gigi Martello. Figura di cui lo stesso Dino nelle sue innumerevoli interviste ha dipinto poi la leggenda. Sarebbe stato infatti lui almeno in parte l’ispiratore del personaggio di Bruno Cortona immortalato da Gassman nel Sorpasso. Dunque un po’ di luce nuova su un cineasta che viene identificato con la stagione di Una vita difficile e del Sorpasso, la cui felice grinta viene peraltro abbastanza smentita anche dalla profonda malinconia di diversi suoi film da Profumo di donnain poi. Partecipe tra l’altro anche lui con alcuni lavori commissionati dalla Edison (Come nasce il kilowattora e La miniera di luce), ed ecco il collegamento con l’Archivio del Cinema d’Impresa, di una lunga e folta lista di “compagni di strada” della modernizzazione italiana e di quel ricco rapporto tra cinema e ricostruzione industriale di cui si diceva.
Ma le sorti di questa documentazione e di questo certosino lavoro cinetecario sono oggi appese al futuro incerto dell’istituzione da cui dipendono. La “spending review” del governo profila lo smembramento del Centro Sperimentale separando le sue due storiche componenti: la Scuola Nazionale di Cinema con la sua sede centrale romana e le sue succursali (Milano, Torino, Palermo e ultima L’Aquila). Con quale futuro ancora non è dato sapere.


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