Fornero, sfiducia respinta «Mai mentito, ho sofferto»
ROMA — Bugiarda no, è un insulto che Elsa Fornero non può accettare. E quando Antonio Di Pietro dal suo scranno la accusa di aver «affermato il falso sapendo di mentire» sul numero degli esodati, il ministro del Welfare ha un moto di ribellione. Per dodici volte dodici, con il dito indice della mano destra brandito a mo’ di coltello in segno di diniego, scuote vistosamente la testa e scandisce gridando che «no!», «no!», «non è così!». Come a dire che se c’è un bugiardo è il leader dell’Idv che pubblicamente la accusa.
Seduto alla sua destra, il ministro Piero Giarda le posa affettuosamente una mano sulla spalla e le parla a lungo, riuscendo a distoglierla e infine anche a placarla. È il momento più teso del voto, il passaggio più arduo per la professoressa di Torino che ha firmato i due provvedimenti forse più impopolari del governo dei tecnici, la riforma delle pensioni e quella del lavoro. Offesa e arrabbiata per la sfiducia individuale presentata dalla Lega e sostenuta dall’Idv, Elsa Fornero incassa gli insulti a testa bassa e resiste per quasi tre ore nell’Aula della Camera alla tortura della mozione di sfiducia individuale. Finché alle 12 e 48 minuti — incassati 435 no, 88 sì e 18 astensioni — esce marcando i passi nel Transatlantico di Montecitorio con un sorriso di sfida e di rivalsa, stringe le mani che le porgono i deputati «leali» al governo, abbraccia l’onorevole Paola Concia del Pd e si concede ai cronisti.
La mozione delle opposizioni l’ha infastidita, ministro? «Infastidita non è la parola adatta — risponde, con gli occhi che per l’emozione sembrano velarsi —. Chiaramente mi ha creato sofferenza, però l’abbiamo superata e continueremo a lavorare con lo stesso impegno di prima». E poi, senza citare Di Pietro e di nuovo scandendo le parole con il dito puntato: «A chi mi accusa voglio dire che non ho mai mentito, non è mia abitudine». La mozione è respinta, il pericolo per il governo è scampato. Ma in Aula sono volate parole pesanti come pietre, Di Pietro ha dichiarato che il ministro «ha commesso un imbroglio gravissimo», la fronda del Pdl è stata folta e anche nel Pd in tanti hanno disertato il voto. Su 541 presenti, hanno votato in 523 e alla mozione sono mancati 61 «no» del Popolo della libertà . Tabulati alla mano, quattro deputati del partito di Berlusconi e Alfano hanno votato sì alla sfiducia. Alessandra Mussolini lo ha fatto «con grande piacere» e Lino Miserotti ha sottolineato lo strappo sventolando uno stendardo del partito. Contro la Fornero si sono espressi anche Edmondo Cirielli e Mauro Pili, mentre Fabio Rampelli ha smentito di aver votato con Lega e Idv: «Ben sapendo di deludere molti tifosi, ho chiesto agli stenografi di registrare l’esatta interpretazione del mio voto». Resta il fatto che se il Pdl avesse deciso di sfiduciare il ministro, anche lui lo avrebbe «volentieri fatto». Trentuno deputati del Pdl non hanno partecipato al voto, nove erano in missione e 16 si sono astenuti. E la cosa che più preoccupa il governo è che i nomi degli assenti non sono di poco conto: Silvio Berlusconi, Massimo Corsaro, Maurizio Bianconi, Guido Crosetto, Ignazio La Russa, Giulio Tremonti, Denis Verdini…
L’ala del dissenso si estende anche al Pd, dove alla Fornero sono mancati diciannove voti. Alcuni assenti possono dirsi giustificati, altri invece, notoriamente critici come Stefano Esposito, Antonio Boccuzzi, Lucia Codurelli, Marialuisa Gnecchi e Sabina Rossa, non hanno fornito al gruppo alcuna spiegazione. Anche Rosy Bindi non ha votato. Ma lei la giustificazione ce l’ha. Dai tabulati, infatti, risultava in missione.
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