Grilli giura, è il diciottesimo ministro

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ROMA — Ha atteso 224 giorni e mezzo il viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, 55 anni, milanese, bocconiano, prima di prendere posto alla scrivania che fu di Quintino Sella al ministero dell’Economia. 
Il passaggio di consegne, che ne ha fatto il 18esimo membro dell’esecutivo, il più giovane, è avvenuto ieri pomeriggio, al Quirinale, dove il premier Mario Monti ha messo fine al proprio interim all’Economia, passando il testimone a Grilli. Al tempo stesso è stato istituito un «comitato per il coordinamento della politica economica e finanziaria», presieduto dallo stesso Monti. Una sorta di «cabina di regia» economica di cui faranno parte oltre a Grilli, il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, e altri ministri competenti. Alle riunioni potrà  essere invitato il governatore della Banca d’Italia.
«Vorrei congratularmi con Vittorio Grilli per il suo nuovo incarico come ministro delle Finanze. Vittorio, che conosco da molto tempo, ha avuto un ruolo chiave nella gestione della crisi dell’eurozona». Olli Rehn, commissario europeo agli Affari economici e monetari, è stato tra i primi a fare gli auguri al neoeletto, sottolineandone il profilo europeo acquisito, a partire dal 2009, prima alla vicepresidenza e poi alla guida del Comitato economico e finanziario, l’organismo europeo che prepara i lavori dell’Ecofin. 
Prima ancora di Rehn, era stato Silvio Berlusconi a congratularsi, a nome proprio e del Popolo della libertà , con Grilli, «le cui alte qualità  â€” ha scritto in una nota — ho potuto apprezzare durante gli anni nei quali ho avuto l’onore di guidare il governo del Paese». Un riferimento al ruolo di Ragioniere dello Stato ma soprattutto di direttore generale del Tesoro, svolto da Grilli durante i governi del Cavaliere.
Ma la storia professionale di Grilli di esecutivi ne attraversa ben dodici, sia pure in ruoli diversi. L’ex professore universitario, salito in cattedra negli Stati Uniti e a Londra, è entrato nel 1993, al dipartimento del Tesoro nel Consiglio degli esperti durante il governo Ciampi. Dal 1994 al 2000 è stato dirigente generale della Direzione analisi economico-finanziaria e privatizzazioni, tenendo anche, ad interim la Direzione generale del debito pubblico e tesoreria dello Stato. Nel 2001 una pausa, per poi rientrare dal 2002 al 2005 nel ruolo di Ragioniere dello Stato e poi, dal 2005 al 2011, di direttore generale del Tesoro, in stretto contatto con i ministri dell’Economia Domenico Siniscalco, Tommaso Padoa Schioppa ma soprattutto Giulio Tremonti. Quest’ultimo ne è stato il grande sponsor, al punto di candidarlo nel 2005 alla guida della Banca d’Italia: allora Grilli 48enne fu giudicato troppo giovane e gli fu preferito Mario Draghi, episodio che rinfocolò le voci della loro antica e forse mai spenta rivalità .
Assumendo l’incarico di viceministro del governo Monti, a novembre scorso, Grilli aveva rinunciato al 70% del suo stipendio di direttore generale. Nella vita privata Grilli è molto riservato: tra le sue passioni ci sono il calcetto, il golf, la vela, lo sci e il tifo per l’Inter. 
Ieri si è presentato al Quirinale accompagnato dalla nuova moglie, Alessia Ferruccio, e da tre dei quattro figli. È stata la più piccola a sciogliere un po’ l’emozione del neoministro, chiamandolo mentre il presidente Giorgio Napolitano gli conferiva l’incarico. Ma non c’è stato molto tempo per festeggiare, visto che Grilli era atteso al primo incontro nella veste di responsabile del Tesoro sulla spending review.
I modi pacati e british del ministro tradiscono la sua provenienza da una famiglia alto borghese padana: il padre, Massimo, imprenditore, la madre, Maria Ines Colnaghi, biologa all’Istituto dei tumori. La sua prima aspirazione era fare il medico, ma la sua carriera di professore cominciò già  a 29 anni, a Yale, per poi proseguire all’università  di Londra, dove conoscerà  Mario Draghi, Luigi Spaventa e Francesco Giavazzi. Sono questi ultimi a portarlo al ministero del Tesoro tra i «Ciampi-boys». È noto l’aneddoto da lui stesso raccontato a proposito della barba, quella che, prima che l’Italia entrasse nell’euro, promise al ministro di allora, Carlo Azeglio Ciampi, di tagliare se l’Italia ce l’avesse fatta. Da allora non l’ha più fatta ricrescere. A maggior ragione ora che dall’euro si rischia di uscire.


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