I liberali di Jibril cantano vittoria “Siamo avanti in quasi tutta la Libia”

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TRIPOLI â€” Dopo 42 anni di dittatura e 60 dalle loro ultime elezioni i libici hanno eletto un nuovo parlamento e, contro ogni previsione che il voto avrebbe infiammato di nuovo la guerra civile, le elezioni si sono svolte in modo pacifico, fatta eccezione per un numero limitato di incidenti nell’est del Paese. I festeggiamenti con caroselli di macchine e fuochi d’artificio sono andati avanti per tutta la notte tra sabato e domenica non solo a Tripoli ma anche a Bengasi, e perfino a Sirte, dove c’erano stati gli scontri più cruenti durante la guerra civile, la gente ha espresso sollievo e speranza. Gli elogi della comunità  internazionale per l’inaspettato miracolo non si sono fatti aspettare: da Obama a Catherine Ashton al nostro ministro degli Esteri Terzi, tutti hanno parlato di una «pietra miliare sulla strada della democrazia » per la Libia.
E tuttavia, fra il giubilo, a cui hanno preso parte anche i miliziani che sui loro pickup continuano ad essere, finché non riconsegneranno le armi, allo stesso tempo una garanzia e una minaccia per la popolazione, molto fa capire che il voto è solo un inizio. Il parlamento di 200 deputati che è stata eletto avrà  il compito il nominare entro due mesi un premier e un governo, mentre, nel tentativo di calmare gli
animi a Bengasi, il governo in carica ha deciso all’ultimo momento di toglierli il compito di nominare i 60 incaricati di redigere la futura costituzione del paese, rinviandolo a elezioni dirette. Questo gesto all’ultimo minuto non è bastato a tranquillizzare gli animi a Bengasi: la Cirenaica ha nel Parlamento appena eletto solo 60 seggi rispetto ai 101 della Tripolitania, e si sente perciò condannata a una minoranza permanente.
Il conteggio dei voti è ancora in corso e risultati affidabili non si avranno prima di lunedì sera o martedì, ha fatto sapere la commissione elettorale. Fino a quel momento il pendolo continuerà  a oscillare anche per i libici, come prima per i loro vicini egiziani e
tunisini, tra speranze e islamismo. L’Alleanza delle Forze nazionali, una coalizione di gruppi liberali che si sono raccolti sotto la guida di Mahmoud Jibril, il capo del primo governo di transizione dopo la caduta di Gheddafi, ha già  detto di essere «il primo partito nella maggior parte delle circoscrizioni». Ma la commissione elettorale considera ogni affermazione prematura, sebbene lo stesso portavoce di un partito islamista, Mohammed Sawan, abbia confermato che questi dati appaiono realistici per Tripoli e Bengasi.
L’incognita resta però quanto peseranno, a favore o contro i due fronti che si sono contesi le elezioni — quello islamico e quello liberale — i 120 candidati indipendenti. Solo 80 dei 200 deputati del nuovo parlamento infatti venivano eletti attraverso le liste dei partiti, mentre gli altri 120 erano riservati a candidati eletti con voto nominale. Ha votato il 66 per cento dei libici — ben più delle previsioni — e solo 24 su 1554 seggi elettorali sono rimasti chiusi per ragioni di sicurezza (in otto si votava domenica). Anche gli osservatori europei guidati dal deputato tedesco Alexander von Lambsdorff si sono detti soddisfatti. Con un solo caveat: «L’annuncio dei risultati sarà  un altro momento cruciale».


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