“Impregilo crescerà  insieme al mercato Salini pensa solo alla cassa, va fermato”

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MILANO â€” Dopo mesi di battaglie Beniamino Gavio rompe il silenzio, e spiega cosa intende fare con il 29,9% di Impregilo, che Auto To-Mi ha rilevato a marzo, liquidando soci storici come Benetton e Ligresti.
Qual è il suo progetto industriale per Impregilo?
«Il gruppo Gavio è azionista dal 2005, siamo entrati quando la società  era in forte crisi. Dopo anni di gestione condivisa con Benetton e Ligresti, ritengo che oggi il nostro gruppo possa dare un contributo importante per far crescere Impregilo. Credo nell’azienda e nelle persone che vi lavorano, nel rispetto del mercato che spero appoggi le nostre scelte. Impregilo compete in tutto il mondo, sia nelle costruzioni ma anche nelle gare greenfield per le concessioni».
Può spiegare il cambio di rotta sulla partecipata brasiliana Ecorodovias, che ora può essere venduta in parte?
«Solo adesso Almeida ci ha sottoposto un’offerta interessante sotto il profilo economico e anche strategico. Ci è stato offerto un premio sulle quotazioni degli ultimi sei mesi mantenendo oltre un miliardo e mezzo di dollari di lavori con una marginalità  del 10%. Infine, oltre ad avere dei diritti di governance sul restante 10% della società , il gruppo continuerà  a
operare in Brasile con un partner storico che conosciamo dagli anni ‘90».
Avete in mente altre cessioni?
«Per Fisia Babcock, che opera nel trattamento rifiuti, c’è una trattativa avanzata per la cessione a un partner giapponese. Per Fisia Italimpianti, specializzata nei desalinizzatori, un gruppo cinese è disposto ad acquistare il 60% con un diritto per Impregilo a mantenere i lavori e vendere poi il restante 40%. Inoltre stiamo aspettando il pagamento degli impianti Cdr di Acerra. Tutto ciò deve servire a crescere in altri settori, come il segnalamento ferroviario e le opere marittime, o in altri paesi. Un’acquisizione in Turchia potrebbe rappresentare un buon trampolino di lancio per i Balcani ».
Ma Impregilo ha appena annunciato il lancio di un buy back. Come si conciliano le due strategie?
«La vendita del 19% di Ecorodovias porterà , in base all’offerta attuale, circa 700 milioni lordi, più i proventi dalle altre dismissioni. Il nostro piano prevede un buy back in due tempi, per ricomprare sul mercato fino al 20% del capitale Impregilo, in totale per circa 300 milioni. Riteniamo ci sia spazio per distribuire anche un dividendo straordinario, per altri 100 milioni
».
Con il buy back il gruppo potrebbe salire, a costo zero, oltre la soglia d’Opa. È un’escamotage per rafforzarsi?
«Il buy back è una misura di cui possono usufruire tutti gli azionisti nelle stesse proporzioni. Non nascondo che in futuro potremmo
avere interesse ad aumentare la nostra quota, ma non più di tanto poiché credo che per Impregilo sia importante mantenere una fetta significativa di azionariato
diffuso».
Non pensa che la fusione Impregilo- Salini rappresenti una valida soluzione?
«Impregilo è già  un campione nazionale, possiede tecnologie, risorse, competenze e standing per operare in tutto il mondo. Il gruppo Salini al contrario non le ha, e vorrebbe acquisirle da Impregilo. Salini inoltre ha scelto di operare in aree geografiche non coperte dalla garanzia Sace, e in
cui Impregilo non ha interesse a lavorare».
Non teme che il protrarsi di una situazione di stallo, con due soci al 29%, crei danni per Impregilo?
«Lo stallo e il danno in realtà  esistono già  dato che Impregilo e Salini partecipano ad alcune gare comuni come quella per l’ospedale
di Trento. Se uno dei due vince, chi resta fuori dalla commessa può far annullare la gara».
La strada del compromesso è impraticabile?
«Per il bene dell’azienda è importante che Impregilo resti quotata e indipendente, portando avanti sia le attività  nelle costruzioni e quelle nelle concessioni, come fanno tutti i competitor d’Europa. Vista la situazione, non vedo margini di trattativa».
Se Salini vincerà  in assemblea procederà  a cambiare il cda e il management. È preoccupato?
«Revocare l’attuale consiglio per eleggere una lista di 14 membri su 15 mi fa temere che Salini voglia utilizzare la cassa di Impregilo per venderle il suo gruppo di costruzioni. Un’operazione che dovrebbe essere decisa dalla maggioranza dei consiglieri indipendenti da lui nominati in cda, e che non passerebbe per l’assemblea».
In passato avete studiato il lancio dell’Opa, ma avete cambiato idea. Perché?
«Quando eravamo uno dei soci di Igli mi ha frenato la governance della società  (che impediva a un singolo socio di lanciare l’Opa) e il rischio di un’offerta a cascata su Ecorodovias. E oggi, date le valutazioni del titolo e con la crescente difficoltà  di reperire nuovi finanziamenti, non me la sento di investire un miliardo per un’Opa ».
Gavio è in rapporti stretti con Mediobanca, quote incrociate e finanziamenti. Se voteranno con voi in assemblea non sorgerà  un “rischio concerto”?
«Di Mediobanca siamo soci storici con lo 0,7%. Ho conosciuto e lavorato con loro ai tempi di Cuccia e Maranghi, ma nessuno della mia famiglia ha mai preso parte a un consiglio o a un comitato. Mediobanca ha un suo management che prende decisioni indipendenti, così facciamo noi».
Che cosa può portare lo scontro in assemblea il 12 luglio?
«Non temo il confronto in assemblea, vorrei però che tutti i soci avessero elementi adeguati per valutare a chi assegnare il voto. A cominciare dal bilancio di Salini spa, il veicolo che sta raccogliendo deleghe e di cui non si ha nessun numero. Per questo ho chiesto a Consob di sospendere la raccolta deleghe e aggiornare l’assemblea tra 40 giorni, per fornire ai soci una corretta informativa».
Uno dei suoi manager storici, Bruno Binasco, è indagato per presunte tangenti. Qual è la sua posizione?
«Ho totale fiducia nell’operato della magistratura, e attendo l’esito delle indagini che risalgono a un’epoca in cui non avevo incarichi operativi e il mondo era diverso. Ho vissuto quel periodo da fuori, personalmente preferisco questo nuovo modo di lavorare. Detto ciò, confermo totale fiducia a Binasco, e aggiungo che da tempo l’azienda forma una nuova classe di manager, tra 35 e 40 anni, che acquisisce competenze e responsabilità  importanti per farla crescere nel futuro».


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