L’Italia punta sul piano anti-tassi per risparmiare 15 miliardi l’anno

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MILANO – La cartella clinica del paziente Italia è impietosa: la febbre da spread – malgrado 25 vertici salva euro in due anni – resta altissima e ieri è tornata a quota 475 (massimo a 486). E aspettando Godot (leggi lo scudo taglia-differenziale con i Bund sul tavolo dell’Eurogruppo) il caro-tassi ha già  presentato il suo amarissimo conto: nei primi tre mesi del 2012 – certifica l’Istat – l’Italia ha pagato 18,7 miliardi di interessi sul suo debito, quasi tre miliardi in più di quanto aveva sborsato nello stesso periodo del 2011. E se le cose andranno avanti così, il debitometro 2012 si chiuderà  con una spesa complessiva superiore di 12-15 miliardi (+15-20% circa) rispetto all’anno precedente. Più del doppio, per capirsi rispetto ai faticosi risparmi messi assieme a colpi di lima con la spending review e due miliardi in più del tesoretto incassato dal governo grazie alla prima rata della contestatissima Imu.
Una dose di paracetamolo
Tranquilli, dicono i medici al capezzale del malato. Adesso – come in un film western – arrivano i nostri. Non il settimo cavalleggeri, ma l’ormai mitico scudo anti-spread. Come dovrebbe funzionare? I dettagli sono allo studio dei tecnici (con Olanda e Finlandia che tirano il freno). Ma se tutto andrà  bene, il nuovo Fondo salva stati sarà  autorizzato a comprare titoli di stato dei paesi in crisi, sia in asta che sul secondario, per ridurre i costi di finanziamento di Italia e Grecia (ieri i Btp decennali viaggiavano oltre il 6% e i Bonos oltre il 7%) dando tempo a Madrid e Roma per completare le riforme avviate e riconquistare la fiducia degli investitori. «È solo una dose di paracetamolo», ha detto qualche giorno fa il portavoce del Commissario agli affari economici Olli Rehn. Ma Mario Monti sembra averla spuntata. Con la speranza di riportare lo spread a quei 200 punti che – dice il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco – rappresentano il differenziale fisiologico con i Bund. E che significano per il Belpaese un risparmio di circa 15 miliardi l’anno, più di una manovra finanziaria. 
L’arsenale da 350 miliardi
La potenza di fuoco dello scudo è in apparenza ampia. In cassa, al netto degli aiuti già  girati a Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, l’arsenale a disposizione è di 350 miliardi. Bastano per calmare le acque? In teoria sì. Con “soli” 100 miliardi il paracadute dell’Efsf-Esm potrebbe acquistare la metà  dei Btp tricolori in emissione fino a fine 2013, i bond più a rischio speculazione. Regalando altri 18 mesi di respiro all’Italia e, con ogni probabilità , allentando di molto la pressione dei tassi sul secondario. La speranza degli euro-ottimisti è che l’effetto-annuncio (della nascita dello scudo) – sommato magari a qualche intervento segnaletico in asta – basti da solo a scoraggiare le pressioni al ribasso senza sprecare troppe munizioni. E che il governo Monti (e chi verrà  dopo di lui, uno spauracchio che tiene con il fiato sospeso i mercati e pesa molto sullo spread) riesca nel frattempo a completare le riforme in grado di ridare credibilità  finanziaria al paese.
Il rischio speculazione
I problemi sono due. Il primo è sotto gli occhi di tutti: gli effetti-annuncio funzionano poco. Specie se il giorno dopo aver battezzato tra le fanfare lo scudo anti-differenziali, i falchi del rigore (nella fattispecie Amsterdam ed Helsinki) iniziano subito a fare i loro distinguo. Le conseguenze di questa cacofonia finanziaria del vecchio continente sono sotto gli occhi di tutti: lo spread Btp-Bund, arrivato una settimana fa a sfiorare i 400 punti, è risalito del 20% appena si è capito che un pezzo d’Europa remava contro. Il secondo problema sono i dubbi sulla reale disponibilità  dell’Esm. Cosa succederà  se il conto per salvare le banche iberiche sarà  più alto o se sarà  necessario lanciare un salvagente pure a Madrid? E se dopo Cipro scoppiassero altri bubboni? I 350 miliardi si assottiglierebbero. E la speculazione, una volta abbassata l’asticella, potrebbe saggiarne la resistenza. In fondo la Bce ha speso 170 miliardi per comprare Btp e Bonos (per la verità  solo sul secondario) senza riuscire ad abbassare la febbre dello spread. 
Non solo. Angela Merkel è stata chiara (e con lei Mario Draghi): chi chiederà  l’intervento dello scudo, dovrà  sottoporsi a una sorta di commissariamento “dolce” di Ue, Bce e forse pure del Fondo Monetario. Un pedaggio pesantissimo dal punto di vista politico (vedi le resistenze del governo Rajoy sul fronte degli aiuti ai suoi istituti di credito) che potrebbe scoraggiare le singole capitali a mandar giù il calice amaro di paracetamolo. Ma i tempi dei mercati non sono quelli della politica. E il rischio è che l’Europa apra l’ombrello anti-spread quando il temporale ormai ha già  fatto i suoi danni.


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