Laos, la Clinton nel paese delle bombe

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BANGKOK â€” Il tuffo nella memoria è avvenuto in un istituto di beneficenza che impianta protesi per gli invalidi a Vientiane, la capitale del Laos, uno dei luoghi più bombardati della terra. Il Segretario di Stato americano Hillary Clinton era appena sbarcata per una visita lampo nel Paese comunista, la prima di questo livello dal 1955, quando c’era ancora il vecchio re deposto, e i B52 del Pentagono non avevano ancora scaricato sul Laos una tonnellata di ordigni esplosivi per ogni uomo, donna o bambino del Paese. Il record mondiale di bombe procapite.
L’inviata della Casa Bianca era visibilmente imbarazzata mentre stringeva gli avambracci mutilati del giovane Phongsavath Souliyalat, un diciannovenne che ha perso anche la vista dopo che tre anni fa un amico, per gioco, gli ha messo in mano una bomba americana rimasta inesplosa per mezzo secolo. Salutandola nel suo inglese stentato, Phongsavath le ha espresso l’augurio «che tutti i
governi lavoreranno insieme per ripulire le bombe e aiutare i sopravvissuti, perché la nostra vita è molto dura». Parlava a nome dei tanti innocenti laotiani handicappati per sempre, o uccisi da un conflitto che non hanno mai conosciuto, ma continua a mietere vittime, specialmente tra i bambini dei villaggi, o nei campi dove i contadini tentano di piantare soia, riso o frutta nonostante il pericolo degli ordigni inesplosi. Ne sono morti 20mila dalla fine della guerra, e ancora ne saltano in aria al ritmo di oltre 100 ogni anno.
Mostrandole il centro che assiste Phongsavath, dove molti pazienti ricevono protesi fatte di bambù in attesa di quelle più
moderne, i vertici del Partito comunista e del governo del Laos hanno acconsentito a un desiderio di Hillary Clinton, più che ostentare gli effetti del passato. Al termine degli incontri ufficiali, infatti, l’accento era soprattutto sul «desiderio di allargare
la cooperazione bilaterale tra Usa e Laos», cominciando dagli aiuti per le vittime della guerra fino all’eventuale ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio, e la sospensione dei lavori di una controversa diga sul letto del fiume Mekong.
Hillary Clinton non poteva però sottovalutare il peso del ricordo di quegli anni terribili tra il 1964 e il 1973: «Qui in Laos la storia è ogni giorno con noi, un doloroso promemoria dell’era della guerra in Vietnam», ha detto visitando il centro dove
Phongsavath lavora come volontario.
«Dobbiamo fare di più», ha aggiunto. «E cercando di fare qualcosa per le tragiche conseguenze del passato, troviamo la via per diventare partner nel futuro ». Un discorso diretto, con l’obiettivo duplice di porgere le scuse dell’America e di estendere la presenza diplomatica e commerciale in un altro Paese dell’Asia, dove Washington cerca di contrastare l’influenza di Pechino come sta avvenendo in Birmania.
La visita laotiana è durata appena 4 ore, ritagliata tra le tappe di Hanoi — dove i rapporti con l’antico nemico sono ormai consolidati da oltre 10 anni — e Phnom Penh, la capitale della Cambogia che ospiterà  il vertice dei paesi dell’Asean, l’associazione
del Sudest asiatico di cui fanno parte molti alleati degli Stati Uniti. Forse un po’ troppo poco per cancellare il pesante debito con un Paese che ha subito gli effetti più pesanti delle 580.000 missioni di bombardamento aereo con oltre 2 milioni di tonnellate di ordigni scaricati su foreste e villaggi per stanare i guerriglieri del Patet lao, il partito comunista laotiano alleato del Viet Minh. Oltre un terzo delle 270 mila tonnellate di bombe a grappolo rimasero inesplose e ancora oggi solo una minima parte del territorio è stato ripulito completamente, in un Paese poverissimo dove anche gli ordigni di guerra sono fonte di guadagno perché vengono rivenduti come rottami o utilizzati per utensili e attrezzi da giardino. Con tutti i rischi conseguenti.


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