Li chiamano “sprechi” ma tagliano sanità  e ricerca

by Sergio Segio | 10 Luglio 2012 11:17

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Letteralmente “spending review” significa revisione della spesa. In questo caso, quella pubblica. Ma leggendo con attenzione il decreto emanato dall’esecutivo di Mario Monti, più che una verifica degli sprechi si trovano una serie di tagli lineari a comparti come quelli della sanità  e della ricerca, che tutto sembrano tranne razionalizzazioni.
Il messaggio è chiaro: noi riduciamo i trasferimenti per fare cassa, voi pensate dove potete sforbiciare. E così, dal 2013, gli ospedali offriranno 7 mila posti letto in meno sul territorio nazionale (la media scenderà  da 4,2 ogni 1000 abitanti a 3,7). Una stima fatta dal ministro Renato Balduzzi che prevede la riduzione di 7,9 miliardi di finanziamenti al servizio sanitario in tre anni, sommando all’ultimo decreto gli effetti della manovra Tremonti del 2011. Una “scure devastante” secondo il presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri, Luigi Presenti: “Non sarà  una razionalizzazione ma un peggioramento in prestazioni e sicurezza”.
Tagli altrettanto significativi colpiranno la ricerca. Nel prossimo triennio gli enti riceveranno 209 milioni in meno, 33 nel 2012 e 88 rispettivamente nel 2013 e nel 2014. “Nel caso in cui per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile – si legge nel decreto emanato dall’esecutivo – per gli enti interessati si applica quanto previsto dal precedente comma 3”. Ovvero una riduzione pari al 5% della spesa per i consumi intermedi nel 2012 e al 10% dal 2013. La cifra più eclatante è quella dell’Istituto nazionale di fisica nucleare – reduce dal coinvolgimento nella scoperta del bosone di Higgs – che dovrà  rinunciare a 9 milioni quest’anno e 42 tra nel prossimo biennio. Il Cnr perderà  complessivamente 38 milioni mentre l’Agenzia spaziale italiana dovrà  tagliarne 6,5. L’Istituto nazionale di astrofisica rinuncerà  a un milione e mezzo, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia perderà  4 milioni mentre quello di Oceanografia e geofisica sperimentale circa 3. Tagli anche per il Consorzio scientifico di Trieste (4,5 milioni), l’Istituto italiano di studi germanici (130 mila euro), quello di Alta matematica (300 mila euro) l’I- stituto di ricerca metrologica (2 milioni) il Museo storico della Fisica (350 mila euro) la Stazione geologica Dohrn (1,6 milioni) e l’Istituto per la valutazione (70 mila euro). Ieri il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha assicurato che si batterà  per recuperare una parte dei fondi del suo dicastero, ma appare ormai evidente come gli investimenti in formazione e ricerca non siano una priorità  nemmeno di questo governo. Fisici e ricercatori si sono appellati a Giorgio Napolitano definendo “devastanti” le misure annunciate. “I nostri scienziati sono pochi e meritevoli – ha dichiarato la presidente della commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni – si stanno accanendo su una delle componenti migliori del Paese che all’estero invece viene valorizzata”. Per questo molti dei nostri ricercatori decidono di emigrare e pochi tornano in patria. Per non parlare della cifra sempre minore di stranieri che sceglie l’Italia per lavorare. In una ricerca presentata ieri dal nuovo think tank, guidato dal senatore democratico Ignazio Marino “I think”, si fa il conto di qual è il prezzo che il Paese paga per il merito che esporta all’estero: in 20 anni la fuga di cervelli ha creato un danno pari a 4 miliardi, come una manovra finanziaria, per il mancato ritorno economico della formazione, che sale alla cifra record di 861 miliardi se si contano i brevetti depositati dai “top scientist” italiani all’estero. Del resto nel nostro Paese c’è spazio solo per 70 mila ricercatori contro i 147 mila del Regno Unito, i 155 mila della Francia e i 240 mila della Germania. E se il milione e 150 mi-la scienziati americani è una cifra irraggiungibile, una lezione ce la danno i giapponesi con 640 mila ricercatori: mai sotto-posti a una spending review.

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