Non ci sarà  una manovra-bis gli economisti fiduciosi la recessione pesa poco sul deficit

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L’Italia è sotto scacco. Ma, dicono gli economisti, ancora non è scatto matto e il nostro Paese può uscire dall’angolo in cui si è cacciato. Moody’s, il Fondo monetario e i mercati ci hanno messo sotto osservazione per verificare se e in che misura riusciremo a raggiungere quattro obiettivi fondamentali: l’attuazione delle riforme, il contenimento del debito e del deficit, il rilancio della crescita e la stabilità  politica del dopo-Monti.
Il primo problema che il duo Monti-Grilli ha di fronte è quello di scongiurare o limitare i danni del circolo vizioso austerità recessione- austerità : l’effetto depressivo delle manovre fin qui realizzate si sta già  traducendo, secondo il Fondo monetario internazionale, in un calo del Pil di un punto e mezzo. Ma un’economia in recessione significa anche allontanamento dal doppio obiettivo di un più basso rapporto tra debito e Pil e di un deficit a zero. E questo ci potrebbe portare, secondo la logica, a una nuova manovra di austerità , in un vortice senza fine che ci ricorda molto la sindrome greca.
LA FRENATA DEL 2012
Ma sarà  veramente così? Gli economisti della Voce.info, a questo proposito, sono cautamente ottimisti e ritengono che per adesso gli italiani potranno evitare nuovi sacrifici. Secondo l’analisi di Francesco Daveri, la previsione più realistica di calo del Pil quest’anno si situerà  a metà  strada tra la vecchia previsione del governo (meno 1,2 per cento), decisamente troppo ottimistica e ormai spazzata via dall’andamento acquisito degli ultimi trimestri, e quella catastrofica della Confindustria (meno 2,4 per cento nella migliore delle ipotesi). E coinciderà  invece con la stima recentemente anticipata dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: meno 2 per cento. «Si tratta del dato più coerente con l’evoluzione della produzione industriale ». Ma quale impatto avrà  questo due per cento in meno
di prodotto interno lordo sui conti pubblici? Significherà  alla fine mezzo punto in più di deficit nel 2012 rispetto all’obiettivo governativo dell’1,7 per cento. Ma siccome quell’obiettivo era stato, secondo la Voce, prudentemente sovrastimato, alla fine l’aumento del deficit nel 2012 dovrebbe essere di pochi decimi di punto e quindi tale da non rendere necessaria una manovra bis, come del resto è stato fin qui sostenuto e ribadito da Mario Monti e da Vittorio Grilli.
Tuttavia, se da una parte riusciremo probabilmente a evitare nuovi tagli di spesa e nuove tasse, dall’altra questo deleterio
circolo vizioso austerità -recessione continuerà  ad angustiarci fino a che non riusciremo a rilanciare la crescita. E davanti a
noi continuerà  a pesare come un incubo lo scenario peggiore dell’Fmi per l’Italia: debito al 140% con un Pil giù di un altro punto e spread in rialzo.
Ecco dunque la nostra vera zavorra, ritenuta oggi un punto di debolezza anche dall’Fmi e dalle agenzie di rating: la recessione. Una recessione che sembra ormai cronica. «Il Pil italiano è in calo già  da tre trimestri – ricorda dati alla mano l’analisi della Voce – siamo in recessione dal terzo trimestre 2011 e durante questo periodo il Prodotto interno lordo è già  diminuito di circa 1,7 punti: un calo maggiore di quello che si è verificato in Spagna, l’altro grande paese europeo duramente colpito dalla crisi dei debiti sovrani». E penalizzato insieme all’Italia dai mercati sul terreno dei tassi di interesse e del loro divario con quelli tedeschi.
Ma chi può dare il calcio di avvio alla pedivella dell’economia? Chi può farci ripartire? Alla fine ci si scontra sempre con lo stesso problema: quello delle risorse. Tanto per fare un esempio, abolire la tassazione sulla tredicesima costerebbe 11 miliardi. E i soldi, allo stato, non ci sono.
DUE SOLUZIONI
Difficile trovarli subito con misure quali la vendita del patrimonio immobiliare o come la spending review (destinata in gran parte a evitare l’aumento dell’Iva) Ci sono però altre due soluzioni possibili, seppure anch’esse disseminate di ostacoli. Una è la carta che Monti si sta giocando in Europa: accelerare, oltre al piano di investimenti, lo scudo antispread e la parziale condivisione
del debito. Questo ci salverebbe dagli artigli della speculazione e libererebbe risorse ora gettate al vento come spesa per interessi. La seconda soluzione, questa volta interna, punta invece a risolvere il problema del debito alla radice, proponendo sottoscrizioni più o meno forzose di titoli di Stato a basso rendimento presso le famiglie italiane. Proposta difficile da far digerire, ma che potrebbe essere legata a una operazione di decisa riduzione delle tasse, come sostiene l’ex Ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio.


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