Pechino, dopo l’alluvione cacciato il sindaco

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PECHINO â€” La pioggia più violenta che la Cina ricordi da sessant’anni si è trasformata in un ciclone politico. Dopo che nel fine settimana Pechino è stata sommersa dall’acqua, il partito comunista ha improvvisamente rimosso sindaco e vicesindaco della capitale. Il comitato permanente cittadino ha «promosso» Guo Jinlong a segretario politico municipale, mentre il suo braccio destro, Ji Lin, è stato posto «a riposo per cure». Wang Anshun, subito nominato reggente, dovrà  affrontare la nuova emergenza.
Su Pechino nella notte è ripreso a piovere e l’Ufficio meteo annuncia altri 50 millimetri d’acqua con vasti allagamenti. Più di morti e dispersi, frane ed edifici crollati, le autorità  temono però l’inedita rivolta popolare. Migliaia di internauti hanno abbattuto il muro della censura e preso d’assalto il web, ponendo sotto accusa imprevidenza, inefficienza e assenza dei funzionari. Nessuno ha lanciato l’allarme, i piani d’emergenza hanno fallito e 50 mila sfollati sono privi di soccorsi. A travolgere sindaco e vicesindaco, oltre a 41 morti e 47 dispersi, il comportamento delle forze dell’ordine. Mentre le strade erano ridotte a fiumi, con aeroporto e traffico paralizzati, gli agenti erano impegnati a multare le auto abbandonate nel fango in mezzo alle vie. La rabbia popolare, per la prima volta alimentata dai media di Stato, ha costretto Ji Lin ad andare in tivù per promettere che le contravvenzioni sarebbero state annullate.
Troppo anche per il partito, scosso dalle critiche di chi sostiene che in Cina i funzionari sono al di sopra della legge. La censura ha bloccato siti e microblog, e il presidente Hu Jintao, con il suo successore designato Xi Jinping, è stato ripreso mentre dichiarava che anche nel prossimo decennio la Cina «svilupperà  un socialismo con caratteristiche cinesi». Un precipitoso video-messaggio di stabilità  e di continuità , in ore in cui il Paese sceglie silenziosamente i nuovi leader, consuma misteriose epurazioni, affronta la prima crisi economica importata dall’Europa e scopre che anche il maltempo svela preoccupanti scricchiolii del sistema.
In poche ore i tifoni hanno sconvolto 22 province, causando 111 morti, 300 dispersi, 1,2 milioni di evacuati e 54 mila edifici crollati. Ai 2 miliardi di euro di danni a Pechino, se ne sommano decine nelle regioni industriali e i meteorologi annunciano «l’agosto più disastroso del secolo». Sotto accusa, il modello di sviluppo cinese e la sua travolgente urbanizzazione. Le metropoli si allargano del 20% all’anno e le infrastrutture non tengono il passo del cemento. Un’indagine dell’Accademia delle scienze dimostra che le superfici urbane sono ormai «totalmente impermeabili», per proteggere dall’acqua cavi e fibre ottiche interrate sotto strade e grattacieli. «Basta una perturbazione normale – ha ammesso in tivù Zhang Lin, capo dell’ufficio meteo di Pechino – e l’effetto-piscina riduce le città  a una laguna». Il Quotidiano del Popolo si è spinto a criticare «una generazione che ha sacrificato ai soldi anche la vita» e l’ala riformista del partito, frenato il rischio di un ritorno al neo-maoismo con l’epurazione di Bo Xilai, invoca «una crescita realmente sostenibile». Più del dissenso represso sono infatti gli effetti economici e sociali di una natura sconvolta a spaventare il potere. Lungo il fiume Yangtze le piogge minacciano 620 chilometri di argini, la città  di Jingzhou rischia di essere cancellata e la diga delle Tre Gole, la più grande del mondo, è a livello record. Gli scienziati avvertono che potrebbero bastare poche ore di rovesci torrenziali per trascinare la Cina nella catastrofe. Naturale ma pure del partito, assente e impotente come mai prima. Al punto che proprio Internet, primo nemico delle autorità , si rivela un indispensabile supplente: diffondendo mappe fai da te delle zone sommerse, o a rischio, a Pechino e nelle principali città .


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