Presidenziali in Islanda: conferma per Grimsson, ma pure per le sorprese

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Tuttavia qualcosa di nuovo arriva sempre dalla sperduta terra dei vulcani i cui abitanti, fieri di un millenario isolamento e della loro autonomia, non disdegnano di riservare sorprese, anche spiacevoli, agli altri paesi europei. È il caso del respingimento,attraverso referendum, del piano di rientro dei debiti che le tre fallite banche principali del paese avevano con altri istituti di credito inglesi e olandesi, nonché dei titoli di Stato, sempre di Gran Bretagna e Olanda, che avevano nel portafoglio.

Secondo la strategia governativa gli islandesi avrebbero dovuto sobbarcarsi i costi del rientro come avvenuto, con le conseguenze che tutti conosciamo, per i cittadini greci. Per due volte questo piano, bloccato dal veto presidenziale, venne bocciato dal voto degli islandesi: le furiose reazioni inglesi non hanno smosso la decisione popolare, anche se per mesi l’Islanda è stata isolata pure dalle istituzioni finanziarie globali. A sostenere il voto dei cittadini era sceso in campo il Presidente della repubblica Grimsson, in carica dal 1996, un personaggio molto amato, strenuo difensore della completa indipendenza dell’isola.

Questa decisione aprì la strada ad un’uscita dalla crisi economica mediante un modello inedito, appunto islandese, improponibile su larga scala e per paesi di ampie dimensioni: non ottemperanza degli obblighi internazionali, auto cancellazione del debito, svalutazione della moneta, processo ai banchieri e pure al primo ministro dell’epoca (che poi è stato pochi giorni fa assolto), la stesura di una nuova Costituzione avvenuta mediante una capillare e telematica partecipazione della gente. Ora le acque si sono calmate, l’Islanda è tornata a crescere senza una particolare sofferenza per i cittadini: la strada da percorrere per ritornare alla completa normalità  tuttavia è ancora molto lunga.

Chi ha impersonato questa voglia di riscatto “autarchico” è stato proprio Grimsson, sebbene i poteri presidenziali siano limitati e si esplichino in un ruolo di rappresentanza.Spiega il Post: “Il mandato presidenziale islandese dura quattro anni, ma può essere rinnovato più volte e senza alcun limite, con regolari elezioni o automaticamente nel caso non ci fossero candidati. Quella del presidente è una carica prevalentemente simbolica e con funzioni rappresentative. L’Islanda, che ha poco più di 300.000 abitanti, è stata la prima repubblica democratica al mondo in cui è stata eletta una presidente, di sesso femminile: Vigdà­s Finnbogadà³ttir, in carica dal 1980 al 1996. Nel 1996, l’attuale presidente à“lafur Ragnar Grà­msson, con il 41,4% dei voti ha sostituito Vigdà­s Finnbogadà³ttir rimanendo poi in carica per 16 anni.

Grà­msson ha ricoperto l’incarico di ministro delle Finanze dal 1988 al 1991. Dopo la vittoria alle presidenziali del 1996 è stato rieletto automaticamente nel 2000, nel 2004 ha avuto la meglio sugli altri candidati e nel 2008 è stato riconfermato perché contro di lui non si era presentato nessuno sfidante”.

Grimsson aveva espresso l’intenzione di non ricandidarsi per un quinto mandato (aspetto che avvicinerebbe di colpo l’Islanda ad altri paesi del mondo come l’Italia dove i politici sono inamovibili), ma le lettere giuntegli da 30 mila islandesi, più del 10% dell’intera popolazione, che lo esortavano a ricandidarsi, gli hanno fatto cambiare idea. Però alle elezioni del 30 giugno il presidente uscente e poi rieletto ha dovuto vedersela con Thà³ra Arnà³rsdà³ttir, una sfidante del tutto particolare che, ancora una volta segnala la “diversità ” islandese.

Così la descrive lettera43: “Thora, una giornalista madre di sei figli (tre dei quali acquisiti), è una outsider non legata ai partiti tradizionali ma di simpatie socialdemocratiche per legami familiari (suo nonno, Hannibal Valdimarsson, è stato segretario del Partito socialdemocratico e più volte ministro). Thora, invocando la necessità  di un «profondo cambiamento» e di imparare sugli errori del passato, è una paladina dei diritti della donne in un Paese dove le donne occupano già  posti chiave: il governo è guidato dalla socialdemocratica Johanna Sigurdardottir, gay dichiarata, e la Chiesa islandese da un vescovo donna”.

L’aspetto alle nostre latitudini più incredibile di questa candidatura risiede però nel fatto che, all’inizio della campagna elettorale la trentasettenne Thora era incinta: per partorire ha dovuto sospendere ogni attività . Tutto questo per lei è stato perfettamente naturale, quasi ovvio, come testimoniano queste sue parole: “l’uguaglianza di genere non ha solo a che fare con i diritti delle donne ma anche con le scelte degli uomini nelle dinamiche familiari. Avere un figlio è la cosa più naturale del mondo, ma non significa smettere di vivere. Obama, Cameron e Sarkozy hanno assunto le loro funzioni pur essendo padri, per le madri è solo il periodo della gravidanza a porre dei limiti. Le donne devono puntare agli stessi incarichi di responsabilità  degli uomini”.

Thà³ra Arnà³rsdà³ttir ha però ottenuto soltanto il 33% dei voti contro il 52% del presidente uscente che così è stato confermato per il quinto mandato consecutivo. Il carismatico Grimsson ha ribadito la sua popolarità , dovuta in parte al suo spiccato nazionalismo, in contrasto con le politiche dei governi di sinistra che si sono succeduti negli ultimi anni. L’Islanda non è ancora fuori dal tunnel e per questo la premier socialdemocratica – che ora può essere costretta ad andare all’opposizione -ha voluto aprire le porte per la possibile entrata nell’isola nordica nell’Unione Europea.

Commenta Salvatore Antonaci: “Resta da accennare brevemente ai negoziati per la futura adesione all’Unione Europea che vanno avanti a passo spedito. Anche qui, però, c’è da notare una forte sottovalutazione da parte di Bruxelles dell’atteggiamento di ripulsa della maggioranza degli islandesi che respingerebbero con chiara maggioranza un passo giudicato avventato ed innaturale nonostante le difficoltà  della moneta locale penalizzino non poco il ritrovato equilibrio dei conti”.

Insomma occorre tenere d’occhio l’Islanda: una nazione abbastanza giovane, pronta a riservarci nuove sorprese.


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