Valute Estere, come Investire senza Rischi

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Corone svedesi, dollari australiani, dollari americani, franchi svizzeri, sterline. Con rendimenti lordi annui che vanno da poco più di mezzo punto percentuale per i bond della svizzera Abb e il ricchissimo 6% della lira turca, emessa con il blasone tripla A della Bei, la Banca europea degli investimenti. 
Se l’estate è la stagione delle crisi finanziarie, quella che stiamo vivendo porta con sé anche il paradosso di un vero e proprio festival valutario. Non si è mai registrato tanto interesse per gli investimenti in valute diverse dall’euro, la più forte (fino a qualche tempo fa), la più giovane e la più tormentata delle monete occidentali. 
È passato un anno dai primi segni di avvitamento della tempesta dei debiti e la situazione è sensibilmente peggiorata. Per l’ennesima volta, purtroppo, i paesi europei recitano una pessima commedia e i mercati finanziari ne hanno larga consapevolezza. Proprio sulle divisioni in ambito euro hanno basato la loro strategia, sfruttando la mancanza di una difesa comune, sulla falsariga di quanto da tempo riescono invece a fare le Banche Centrali statunitense, inglese e giapponese. La caduta degli indici azionari dei Paesi meno virtuosi e, soprattutto, dei prezzi di mercato dei titoli di Stato di Spagna e Italia sono la conseguenza inevitabile dell’incertezza sul futuro della moneta unica. 
Chi vincerà  questo braccio di ferro dove da una parte c’è una sola valuta per molti indecisi e dall’altra il resto del mondo? 
Va da sé che per difendere i risparmi non si possa prescindere da una scelta estrema, come l’inserimento in portafoglio di strumenti obbligazionari denominati in valuta estera. Nella tabella pubblicata in questa pagina si è fatta una piccola rassegna che parte dai dollari americani, la moneta più nota e più scambiata nei mercati valutari, per arrivare fino alla nuova lira turca, passando per corone scandinave e Nuova Zelanda. Le scadenze? Brevi. Non più di un paio di anni, per neutralizzare le incertezze legate al tempo. Un ventaglio di possibilità  ampio, che fa viaggiare i risparmi e la fantasia, ma che richiede al potenziale investitore due caratteristiche fondamentali: una discreta propensione al rischio e una maggiore attenzione alle vicende dei mercati. Il che non significa che chi non ama esporsi debba stare alla finestra, senza iscrivere i suoi soldi alla rassegna estiva delle valute. Semplicemente chi non si sente particolarmente dotato di fegato finanziario, destinerà  a questa tipologia di strumenti una quota più marginale.
In ogni caso, in questo periodo, accanto alla tradizionale diversificazione del patrimonio obbligazionario che si basa su scadenze e solidità  dei debitori, prenderà  maggiore spazio rispetto al passato la diversificazione valutaria. 
Che tipo di strumenti è meglio scegliere? Con qualche modesta eccezione, la durata delle obbligazioni va tenuta mediamente breve, mentre il grado di affidabilità , espresso dal rating, va scelto tra quelli medio alti. 
La pagella più bassa della selezione presentata nella tabella (BB-) è quella delle obbligazioni Fiat con scadenza settembre 2015 denominate in franchi svizzeri. Perché fare una scommessa sula moneta di Zurigo, se la Banca Nazionale controlla ferocemente il rapporto di cambio con l’euro? Perché non si può escludere che, nel corso dei prossimi mesi, l’arrocco possa disfarsi, se l’afflusso di valute diverse dal franco costringesse gli svizzeri a derogare almeno in parte dalla propria strategia. 
C’è da fidarsi della lira turca, in lista con ben due emissioni? Forse sì, perché la scommessa sulla crescita economica della Turchia, che rende il 6%, è fatta con emittenti sicuri, come la Bei e Kfw, vale dire un organismo sovrannazionale e la banca che ha finanziato la riunificazione tedesca. Non a caso tutte e due le emissioni, nonostante l’elevato rendimento da Paese emergente, sfoggiano la tripla A dei loro veicoli. Chi le sceglie si accolla quindi in sostanza solo il rischio valutario, cioè quello legato all’oscillazione del cambio. 
Le corone nordiche rappresentano invece una scelta conservativa, con rendimenti compresi tra l’uno e il 3%, dal momento che i due paesi, Norvegia e Svezia, non risentono, per ora, delle turbolenze che agitano l’Europa centrale e meridionale. 
Che pesi assegnare allora ai titoli esteri? Per chi ama il rischio la percentuale può arrivare anche fino al 50% del portafoglio, mentre per chi teme di non essere in grado di capire quanto accade, meglio limitare la presenza delle valute ad una quota massima del 20%. Basterà  a proteggere il patrimonio? In parte sì. Ma nessuno può onestamente dire che cosa potrà  accadere. Ecco perché correre ai ripari (e in questa fase monete diverse dall’euro sono un riparo) è una strategia da non sottovalutare.


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