Alfano: beni pubblici in un fondo anti debito

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ROMA — Un fondo dove far confluire i beni pubblici da valorizzare: eccola la ricetta che il Pdl presenterà  al governo Monti per abbattere il debito pubblico. A presentare in pompa magna il progetto, una quindicina di pagine elaborate da Luigi Casero, Paolo Romani e Renato Brunetta, ma senza il contributo di Giulio Tremonti, è il segretario degli azzurri, Angelino Alfano, che assicura: «Questo sarà  il vero scudo anti-spread». In soldoni, il fondo elaborato sulle proposte dei professori Paolo Savona, Rainer Masera e Francesco Forte, «avrebbe un valore di 400 miliardi di euro, 20-25 punti del Pil» e dovrebbe fruttare 20 miliardi all’anno, anche grazie all’emissione di obbligazioni, riportando così «il debito pubblico a livelli europei, cioè sotto il 100% del Pil», spiega Alfano, secondo cui lo strumento «per la sua connotazione giuridica e la sua composizione organica avrebbe un’affidabilità  altissima, da tripla A». E, soprattutto, «garantirebbe una riduzione delle tasse»: «un punto di pressione fiscale ogni anno per cinque anni», assicura l’ex Guardasigilli, perché «noi non facciamo come il Pd, non vogliamo alleggerire le tasche degli italiani mettendo nuove tasse, noi vogliamo abbassarle». Pier Luigi Bersani, chiamato in causa, liquida con un secco: «Alfano ha cominciato a sparare banalità ». 
Polemiche a parte, secondo Alfano il fondo «ci metterebbe al riparo dall’andamento dei mercati, dal rischio di svendere il patrimonio pubblico». Quindi il punto fondamentale sarà  «individuare i beni che gli saranno destinati senza dismettere asset strategici», precisa il segretario, che ha già  un’idea chiara di cosa potrebbe finire nel fondo: caserme, case popolari, municipalizzate, concessioni demaniali come le spiagge. Mentre il controllo pubblico su aziende come Eni ed Enel è un asset strategico che non può essere dismesso: al massimo, «si può discutere della vendita di quote, non è tabù», ha precisato Alfano. Quanto alla possibile vendita di aziende del gruppo Finmeccanica, invece, «in un mercato libero, se Finmeccanica le ritiene non strategiche non ci può essere un intervento dello Stato che si sostituisce ai vertici aziendali per decidere diversamente». Un altro modo individuato per fare cassa è quello delle convenzioni fiscali con la Svizzera: «I soldi in Svizzera devono rientrare ed essere tassati negli anni successivi», spiega il segretario. 
Ora la parola passa a Mario Monti, che dovrebbe incontrare il gruppo di lavoro al ritorno dal suo tour europeo. «Abbiamo votato 31 fiducie per permettere al governo di fare le riforme e di rivedere i costi — conclude Alfano — Ora ci aspettiamo che Monti accolga le nostre idee». Nient’altro? In realtà  un’altra piccola cosa ci sarebbe: «Siamo convinti che gli spread siano stati utilizzati contro il governo Berlusconi, che stava lavorando in un periodo di crisi economica. Sono passati dieci mesi e lo spread è ancora altissimo: ci aspettiamo delle scuse».


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