Così il governo studia il taglio del cuneo fiscale

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ROMA — PdL e Pd sono d’accordo, i sindacati e le imprese pure, l’Unione Europea e gli economisti lo consigliano, il governo lo vuole. Dopo il colpo di accetta dato dal governo Prodi nel 2008, si prepara una nuova sforbiciata al cuneo fiscale, la differenza tra quello che versano le imprese e lo stipendio netto che incassano i loro dipendenti. La porzione della busta paga «mangiata» dai contributi e dalle tasse pagate allo Stato, dopo l’abbattimento del 2007, è di nuovo cresciuta ed è tornata a livelli altissimi.
Secondo gli ultimi dati dell’Ocse il cuneo fiscale che grava sul lavoro dipendente italiano è pari al 47,6%: siamo preceduti da Francia e Germania (49,4 e 49,8% rispettivamente), ma ben lontani dalla media Ue, pari al 41,7%. Far pagare meno tasse e contributi a imprese e lavoratori avrebbe effetti benefici sia sui consumi, lasciando più soldi in tasca ai dipendenti (sempreché si riesca a scongiurare l’aumento dell’Iva, che costerebbe alle famiglie 6 miliardi l’anno), che sulla produzione, con la riduzione del costo del lavoro per le imprese.
In parte, come dimostra l’esperienza, il taglio del cuneo fiscale è pure in grado di ripagarsi, dopo qualche tempo, grazie all’aumento indotto delle entrate fiscali. Secondo alcune teorie il maggior gettito che deriverebbe dagli effetti positivi sull’economia di un taglio del cuneo fiscale arriverebbero a coprire anche fino al 40-50% dei costi. Il problema è che questi, almeno all’inizio, sono molto elevati. E per fare un’operazione che sia percettibile dalle imprese e dai lavoratori occorrerebbero risorse molto elevate.
Il taglio di cinque punti del cuneo fiscale deciso con la legge Finanziaria del 2007, tre di riduzione per le imprese, due per i lavoratori dipendenti, costò circa 10 miliardi di euro. E si tradusse in un minor onere per le imprese di circa una trentina di euro al mese per ogni dipendente, e in un maggior reddito netto in busta paga, per questi ultimi, di una ventina di euro mensili. Dieci miliardi è la somma che si potrebbe ricavare entro l’autunno dalla revisione degli incentivi alle imprese, affidata al commissario Francesco Giavazzi, uno dei primi dossier che giungeranno sul tavolo di Palazzo Chigi tra fine agosto e inizio settembre, e delle altre agevolazioni fiscali, cui lavora il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani. Ed è la stessa relazione di Giavazzi a suggerire l’uso delle risorse per abbattere il cuneo fiscale. Un taglio di dieci miliardi, dice il commissario, nel giro di due anni avrebbe un impatto positivo sul prodotto interno lordo di 1,5 punti.
È molto difficile, tuttavia, immaginare che il governo Monti spenda tutte le risorse disponibili per il taglio del cuneo fiscale. È vero che produce benefici indiscussi, ma da questi sarebbero tagliati fuori tantissimi contribuenti, tutti quelli che non hanno un rapporto di lavoro dipendente. Non ci sarebbe nulla per gli autonomi, né per i pensionati, e ci sarebbero da mettere in conto, quanto meno, le perplessità  dei sindacati e di alcune forze politiche. Anche per questo, ieri a Rimini, il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, ha accennato ad un ventaglio più ampio di interventi, mettendo in conto anche qualche misura di sostegno alle famiglie più povere.
Un taglio uniforme del cuneo fiscale, infatti, avrebbe anche lo svantaggio di attenuare in qualche modo la progressività  dell’imposizione, perché porterebbe vantaggi maggiori a chi percepisce gli stipendi più elevati. Altro aspetto questionabile dell’operazione riguarda gli effetti sulle imprese. A fronte di una riduzione certa del carico fiscale e contributivo, non c’è, né del resto ci potrebbe essere, alcuna garanzia che i risparmi dovuti al minor costo del lavoro siano poi effettivamente reinvestiti per migliorare l’efficienza della produzione d’impresa. Né che questa si trasformi, poi, in una riduzione del costo dei prodotti o in un miglioramento della loro qualità . Ancora oggi c’è chi si domanda in che cosa si siano materializzati quei 6 miliardi di euro di sgravi concessi alle imprese appena cinque anni fa.


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