La campagna acquisti (anti tagli) delle Province

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ROMA — «L’obiettivo non è salvare Terni o il soldato Ryan che poi sarei io. Qui bisogna ridisegnare l’Umbria in chiave moderna». Il soldato Ryan ha la faccia tranquilla di Feliciano Polli, presidente della provincia di Terni. Non combatte contro l’occupazione nazista ma contro la spending review, il decreto che per risparmiare ancora qualcosa dovrebbe tagliare le Province più piccole, quelle con meno di 350 mila abitanti e meno di 2.500 chilometri di superfice. Perché dovrebbe, perché il condizionale? Chi le difende dice che proprio qui, nelle Province, c’è la parte più attiva del Paese. E infatti il soldato Ryan e i suoi commilitoni, cioè gli altri colleghi a rischio estinzione, hanno già  dato inizio alle grandi manovre per sfuggire alle forbici del governo. Il piano è strappare qualche Comune alle Province vicine, una manciata di abitanti e di chilometri quadrati, quanto basta per arrivare sopra l’asticella fissata dal governo. E proprio i ternani sono i più agguerriti.
Non sono riusciti a far passare in Parlamento quella «regola del due», almeno due Province in ogni regione, che li avrebbe salvati senza tante storie. Ed eccoli tornare alla carica con una campagna acquisti per strappare a Perugia tutta la linea di confine. Poco male se il sindaco di Spoleto, il comune di frontiera più grande, non ne vuole sapere. Il fronte si può sempre sfondare da un’altra parte, lungo la Valnerina o verso Città  della Pieve, magari per puntare dritto su Foligno.
Il piano più raffinato, però, è quello di Benevento. Qui si punta ad esempio Cervinara, che appartiene ad Avellino, e San Polito Sannitico, nel territorio di Caserta. Ma c’è un problema in più. Avellino e Caserta sono di un pelo sopra la soglia di sopravvivenza. E allora per cedere abitanti e chilometri a Benevento dovrebbero prima incassare un pacchetto corrispondente da Napoli. Una partita complicata, un incrocio fra il Risiko e il domino. «Ci vorrebbe un’intelligenza regionale — dice Aniello Cimitile, che della provincia di Benevento è il presidente — capace di partorire un progetto di lunga durata». Ma il parto è (politicamente) difficile. Quella di Benevento è l’unica amministrazione di sinistra in una regione tutta in mano al centrodestra. Va bene che a Roma c’è la «strana maggioranza» Pd Pdl ma non sarà  facile mettere tutti d’accordo per salvare quello che (sempre politicamente) resta un nemico. «In effetti — ammette Cimitile — qualche rischio c’è. Ma senza Benevento ci perde la Campania intera, mettiamo da parte le vecchie rivalità ». In caso c’è il piano B. Proprio da Benevento è partito un appello firmato da 28 province per impugnare la spending review davanti alla Corte costituzionale.
Un’ipotesi che convince anche un leghista doc come Leonardo Muraro. La «sua» Treviso rischia di sparire per un soffio, mancano appena 23 chilometri. E lui guarda a Venezia che diventerà  città  metropolitana assorbendo di fatto tutti i Comuni della provincia: «In quello scatolone — dice Muraro — non ci vuole stare nessuno. E allora io, da sincero autonomista, sono pronto ad accogliere a braccia aperte chi vuole venire da noi». Si parla di un trasloco di Marcon. «Pochi giorni fa ho incontrato i rappresentanti di quattro comuni interessati a questa ipotesi. I nomi? Per carità , poi si blocca tutto». Nessun segreto, invece, sull’invasione progettata a Latina. Il presidente Armando Cusani punta sulle romane Anzio e Nettuno, più altri tre centri da strappare a Frosinone: «Così arriveremmo a 2.506 chilometri quadrati ma forse anche Velletri potrebbe annettersi». Niente in confronto al presidente di Trapani, Mimmo Turano. Ha lanciato la sua opa su Menfi, in provincia di Agrigento, promettendo un posto da assessore a qualcuno che sia nato lì, magari il sindaco che ha parlato di «proposta seria».
Non è solo folklore, però. E lo dimostra la linea scelta ad Arezzo. Qui la provincia contesta il piano del governo perché si basa sul censimento di undici anni fa. Allora l’Istat aveva contato meno di 350 mila abitanti mentre i dati del 2012 in mano alla prefettura dicono che adesso quella soglia è stata superata. Ma le ultime modiche al decreto hanno trasformato questa disfida statistica in una battaglia di retroguardia. Per le Province non si parla più di «soppressione e accorpamento» ma di «riordino». Le province piccole, cioè, non verranno più cancellate in modo automatico ma toccherà  alle Regioni ridisegnare tutti i confini. Traslochi e migrazioni saranno possibili visto che si terrà  conto delle «iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti». Insomma le campagne acquisti di questi giorni potrebbero essere accolte nelle proposte che le regioni dovranno presentare al governo entro tre mesi. Si diceva che su 100 province ne sarebbe rimasta la metà . Ma alla fine i soldati Ryan portati in salvo potrebbero essere molti di più.


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