La guerra infuria, il pane manca

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È il lato nascosto di ogni guerra: in molte zone della Siria la popolazione fatica sempre di più a trovare il cibo. Per almeno un milione e mezzo di persone la carestia è un rischio immediato, secondo la stima delle agenzie umanitarie dell’Onu; ma almeno il doppio, 3 milioni, avranno bisogno di assistenza alimentare e agricola per tutto l’anno prossimo. Al momento il problema non è tanto la mancanza di derrate, ma la difficoltà  di raccoglierle e distribuirle: nelle zone urbane travolte dai combattimenti il cibo manca perché non arriva; quando le armi tacciono per qualche ora i pochi fornai e negozi che hanno qualcosa da vendere sono presi d’assalto e i prezzi sono alle stelle, soprattutto per latte, verdura e cibo fresco. Ma ormai la stessa produzione agricola sta calando, e questo promette male per il futuro. 
In Siria dunque si prepara «un inverno di fame», titolava un dispaccio di Irin news (l’agenzia dell’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari) alla fine di luglio. Descriveva le fertili regioni agricole della Siria orientale, come la piana di al Ghab: i questa stagione di solito siamo in pieno raccolto, ma quest’estate molti campi sono incolti. Un agricoltore della zona spiega che l’esercito è dispiegato nelle campagne e attorno al suo villaggio ci sono posti di blocco: «A volte ci lasciano passare, a volte no», e andare a lavorare i campi è diventato un azzardo. Altri non sono riusciti a coltivare perché il prezzo di sementi e insetticidi è alle stelle, e così anche il carburante: il diesel necessario a trattori, mietitrici e pompe per irrigare è introvabile, e se c’è costa il triplo del normale.
L’allarme lanciato dall’Onu si basa su una «valutazione rapida sulla sicurezza alimentare» condotta in giugno congiuntamente dalla Fao, dal Programma alimentare mondiale (Pam) e dal ministero per l’agricoltura del governo siriano. Il rapporto afferma che «il reddito delle famiglie è crollato; il costo del carburante continua ad aumentare; le rimesse degli emigranti sono venute meno; agricoltori e allevatori hanno perso i loro beni, mandrie o raccolti, e la loro sopravvivenza immediata; il raccolto di grano è rinviato e la deforestazione aumenta», riassume la Fao. 
Le persone più immediatamente a rischio sono, come sempre, la parte già  più vulnerabile della popolazione siriana. «Ci sono interi gruppi di popolazione rurale, agricoltori, pastori e lavoratori agricoli migranti, la cui sopravvivenza sta collassando», spiegava (a Irin) un portavoce di Ocha, l’ufficio Onu per gli affari umanitari, il 24 luglio. Si aggiunga che, causa i combattimenti, gli sfollati all’interno del paese sono ormai oltre un milione, stima Ocha. 
Consideriamo il quadro. Il Comitato internazionale per la Croce rossa ormai definisce la situazione siriana un «conflitto armato non-internazionale», ovvero guerra civile. Ma la presenza di militari e/o miliziani è una parte del problema: il collasso è più ampio. Dove è stato possibile coltivare i raccolti sono rimasti nei campi anche perché non ci sono i braccianti per raccoglierli, o perché mancano carburante ed energia elettrica. Il raccolto di grano è stato rinviato nelle province di Daara, Damasco, Homs e Hama, spiega la Fao in un comunicato del 2 agosto. La deforestazione aumenta perché la legna sostituisce il gas da cucina introvabile.
Non solo. La provincia di Daara contava in tempi normali sulle rimesse di circa 200mila lavoratori migranti, ma quest’anno il 70% di loro sono tornati; chi è rimasto in Libano non riesce a mandare soldi a casa perché non c’è lavoro. Leggiamo nel comunicato della Fao che per le famiglie di quei 200mila è ormai difficile sfamare i bambini o mandarli a scuola, molti hanno venduto il bestiame o fatto debiti. 
Si consideri poi che la Siria soffriva già  degli effetti di una siccità  prolungata fin dal 2006, nelle regioni settentrionale e orientale, che aveva già  spinto molti a vendere il bestiame e/o a emigrare – ora tornano, ma senza sementi per coltivare, né altre fonti di reddito o assistenza per le loro famiglie.
Tutto questi ha implicazioni economiche più generali. Le agenzie dell’Onu stimano che il settore agricolo in Siria abbia perso 1,8 miliardi di dollari quest’anno – in un paese dove l’agricoltura fa il 30% del prodotto interno lordo. Un’agenzia francese di previsioni di mercato, Strategie Grain, citata dalla Reuter, ha ridimensionato la stima del raccolto di grano siriano nel 2012 a 2,5 milioni di tonnellate (contro i 3,3 milioni di tonnellate del 2011). Un economista siriano citato da Irin teme ben peggio, il raccolto non supererà  i 1,9 milioni di tonnellate: perché il granaio della fertile Siria è proprio là , nelle regioni dove la guerra infuria.


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