Le signore del corpo celeste

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Se c’è un concetto scientifico difficile da spiegare, quello del bosone di Higgs è un buon candidato. Eppure, l’annuncio della sua possibile scoperta al Cern di Ginevra il 4 luglio scorso, ha occupato le prime pagine di tutti i giornali del mondo a dimostrazione che, come ogni ambito dell’esperienza umana, anche la fisica teorica può diventare una bella storia da raccontare. Questo mese i risultati sono stati inviati per la pubblicazione alla rivista Physics Letters B , un passo fondamentale perché possano essere valutati da tutta la comunità  scientifica. Una delle protagoniste di questa storia è l’italiana Fabiola Gianotti, 50 anni, responsabile dell’esperimento Atlas, uno dei cinque rivelatori montati sul Large Hadron Collider (Lhc), il più grande acceleratore di particelle del mondo, con i suoi 27 chilometri di circonferenza, 100 metri sotto terra fra Svizzera e Francia. Per sua ammissione, Fabiola iniziò dal lato “sbagliato”: «Ho studiato al classico, il pianoforte, ero appassionata di letteratura, filosofia, greco, latino e storia dell’arte. Ma ero curiosa, e ho capito che, più che la filosofia, era la fisica, e la fisica delle particelle in particolare, quella che avrebbe dato risposte alle domande che solleticavano la mia curiosità », racconta al manifesto . «Il 4 luglio abbiamo annunciato la scoperta di una nuova particella, con circa 130 volte la massa protone, che si comporta in modo simile a come si dovrebbe comportare una particella nota come bosone di Higgs, la particella che, secondo il fisico teorico scozzese Peter Higgs che la propose, rompe la simmetria delle forze e dà  la massa alle particelle elementari. Ma, entusiasmo di quel giorno a parte, è presto per dire se è quella prevista dal «Modello Standard», la teoria che descrive le interazioni fra le particelle elementari, i mattoncini che costituiscono l’universo. Potrebbe anche essere un oggetto più esotico, la prima particella di una nuova teoria più ampia: un fratello o un parente lontano del bosone di Higgs. Fare l’identikit di questa particella – spiega Gianotti – sarà  il nostro lavoro dei prossimi mesi». Nell’universo, la materia che noi conosciamo costituisce non più del 5%. Un altro 25% è fatto di materia oscura: una materia che sappiamo esistere, ma non ne conosciamo la natura. E il resto è energia oscura, qualcosa di ancora più sfuggente per gli scienziati. «Nessuna delle particelle che conosciamo ha le caratteristiche giuste per spiegare la materia oscura», dice la fisica. «E quella che pensiamo potrebbe funzionare non è prevista dal Modello Standard. Un modello dunque corretto, ma non completo. Il dubbio – aggiunge Fabiola – è il mio pane quotidiano». Proprio per rispondere alle domande ancora aperte in un ambito dove si incontrano l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, l’astrofisica e la fisica delle particelle, si costruì l’Lhc. L’anno prossimo a marzo il grande acceleratore si fermerà  per prepararsi ad arrivare all’energia massima di 14 TeV (teraelettronvolt, mille miliardi di elettronvolt), la più alta mai raggiunta. Il TeV, spiegano al Cern, è l’energia del moto di una zanzara, ma concentrata in uno spazio di un milione di milioni di volte più piccolo di una zanzara. Finora, il massimo raggiunto dall’Lhc era di 8 TeV. «Ma noi in questo anno e mezzo di stop non rimarremo con le mani in mano», racconta Gianotti, che coordina 3000 fisici di 38 paesi. «Mentre i tecnici consolideranno le 10mila connessioni fra i magneti conduttori e ne sostituiranno circa il 15%, dovremo analizzare l’enorme mole di dati raccolta nel 2011 e 2012. E poi dovremo preparare i prossimi studi alla nuova energia». Questa scienziata non si sente a suo agio sotto i riflettori: «Un ricercatore non è un personaggio dello spettacolo», dice. «Un bravo scienziato deve essere curioso, modesto e molto determinato. Ci si rende conto di quanto poco sappiamo, dopo ogni passo avanti si apre un oceano di nuove domande. D’altra parte per me è stato un grande motivo di soddisfazione scoprire l’interesse della società  per la scienza. Per noi è un dovere e un piacere comunicare e rendere tutti partecipi: siamo finanziati con denaro pubblico e portiamo avanti la conoscenza umana. Come succede con l’arte». La percentuale di donne nella fisica sta crescendo. «All’Lhc sono circa il 25% – dice Gianotti – ed è bello vedere che ce ne sono sempre di più in posizioni di responsabilità . Quando io ero studentessa, le donne si accostavano poco alla fisica. I role model sono importanti, avere persone che ti ispirano indica che ce la puoi fare. Il vantaggio della ricerca è si basa sul cervello: una buona idea la puoi avere anche al supermercato». L’ultimo appunto Gianotti lo riserva ai tagli: «Mi piange il cuore. L’Istituto nazionale di fisica nucleare, un’istituzione che è un fiore all’occhiello della ricerca italiana, ha sfornato scienza, tecnologia e ricercatori che gli altri ci invidiano. Stiamo sprecando decenni di investimenti intellettuali e tecnologici».


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