Nuova missione Onu, al via tra polemiche

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«Questa è l’Eid», cantavano i bambini del quartiere al-Muhajireen di Damasco per l’Eid el-Fitr, i tre giorni di festa per la fine del Ramadan. Mentre, qualche passo più in là , è apparso il presidente siriano, Bashar al-Assad, in preghiera nella piccola moschea Rihab al-Hamad. Per motivi di sicurezza, le strade erano bloccate nei pressi di tante altre moschee della città  che attendevano l’arrivo di Assad. Ma, dopo sei settimane dalla sua ultima apparizione in pubblico, il discusso presidente è sembrato tutt’altro che sereno. Secondo i ribelli, nel primo giorno di festa per la fine del Ramadan, sarebbero state uccise almeno 168 persone tra Daraa, Homs e nella periferia meridionale di Damasco. Mentre una giornalista giapponese sarebbe stata uccisa ad Hei Suleiman, quartiere orientale di Aleppo, nel corso di un bombardamento dell’artiglieria dell’esercito regolare. L’agenzia ufficiale siriana Sana invece ha riferito dell’uccisione da parte dell’esercito governativo di due jihadisti a Herak, villaggio della martoriata regione di Daraa. Mentre il ministro degli esteri siriano, Walid al-Moallim, ha smentito le voci circolate sulla stampa russa della morte a Mosca del fratello di Bashar, Maher al-Assad. Anche se il comandante della Guardia repubblicana sarebbe rimasto gravemente ferito alle gambe nell’attentato del 18 luglio scorso, costato la vita al ministro della difesa, Dawud Rahja. 
Nel frattempo, torna in campo la diplomazia. Le Nazioni unite e i paesi Non allineati stanno intensificando gli sforzi per una soluzione pacifica della crisi siriana. Da una parte, si è concluso il mandato della missione internazionale, avviata in Siria lo scorso aprile e guidata dall’ex segretario delle Nazioni uniti, Kofi Annan. Dall’altra, già  nei prossimi giorni dovrebbero arrivare a Damasco i nuovi osservatori, guidati dal diplomatico algerino, Lakhdar Brahimi. Il mediatore ha rilasciato ieri dichiarazioni, che hanno suscitato non poche polemiche. «Non è ancora il momento di affrontare la questione della sorte di Bashar al-Assad» – ha detto Brahimi. «Ora bisogna avviare un dialogo serio tra tutte le parti» – ha aggiunto. Ma ieri, in una nota ufficiale, il ministero degli esteri siriano si è detto critico in merito alle dichiarazioni di Brahimi che aveva definito la crisi siriana una «guerra civile». 
D’altra parte, c’è grande attesa per il vertice dei paesi Non allineati che si terrà  il prossimo 30 agosto a Teheran. Per la prima volta dal 1979, prenderà  parte alla riunione anche il presidente egiziano. Mohammed Morsy ha dichiarato di voler visitare la capitale iraniana, segnado una svolta nelle relazioni diplomatiche tra Egitto e Iran, congelate dopo la sigla da parte dell’ex presidente Hosni Mubarak del trattato di pace con Israele. Già  l’ex ministro degli esteri egiziano, ora segretario della Lega araba, Nabil el-Arabi, aveva accelerato una distensione nelle relazioni tra i due paesi dopo le rivolte dello scorso gennaio 2011. Sul summit di fine agosto, sono subito sorte polemiche in merito ad un eventuale boicottaggio da parte del segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon. «La sua assenza non creerebbe problemi al summit, ma ridurrebbe il ruolo dell’Onu in simili riunioni internazionali» – è la posizione del presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani. 
Anche la diplomazia russa ha lanciato avvertimenti contro il degenerare della crisi siriana. Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha tuonato contro l’imposizione della «democrazia con le bombe». «L’uso della forza può essere solo deciso dal Consiglio di Sicurezza» – ha aggiunto Lavrov. A rincarare la dose, le dichiarazioni del vice ministro degli esteri russo, Gennady Gatilov, che accusa l’Occidente di armare i ribelli siriani che combattono contro il regime di Bashar al-Assad. Non solo armi si dirigerebbero verso la Siria. Secondo il quotidiano britannico Sunday Times, anche i servizi segreti tedeschi e britannici sosterrebbero la guerrilla siriana. Mentre una nave spia tedesca avrebbe raggiunto le acque territoriali siriane per seguire e monitorare le comunicazioni fino a 600 chilomentri all’interno del paese.


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