Ryan lancia l’altra America “Il modello-Obama è fallito il Paese l’abbiamo costruito noi”

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TAMPA — «I miei antenati sono fuggiti dalla carestia dell’Irlanda due secoli fa. La nostra è una storia americana. Con l’aiuto di Dio abbiamo lavorato duro e abbiamo costruito la nazione più ricca e più potente della terra». Ecco Paul Ryan, cattolico, 42 anni, deputato repubblicano al Congresso, firmatario del più radicale progetto di smantellamento-privatizzazione del Welfare. E’ lui, candidato vicepresidente, il vero “uomo forte” del ticket repubblicano, il beniamino della base radunata in questa convention. E’ l’ideologo che riempie di contenuti quel “vestito vuoto” che si chiama Mitt Romney. «Il 6 novembre — dice Ryan alla platea di Tampa in adorazione — non votate solo un presidente, scegliete che tipo di nazione volete essere. Obama è il presidente delle tre D: debito, dubbi, declino. Riprendiamoci il sogno americano, fondato sulla libertà  d’intrapresa. Il mercato funziona, e la storia imprenditoriale di Romney ne è la prova: la sua fortuna se l’è costruita da solo». Maliziosamente, sul sito online della campagna di Barack Obama viene annunciato «l’applauso della delegazione delle isole Caimane» (il paradiso fiscale dove Romney custodisce il suo patrimonio). “We Built It!” Questo slogan rimbomba nel discorso di Ryan. “L’abbiamo costruito noi”: il nostro benessere, le nostre imprese. “We Built It” è dipinto a caratteri giganteschi sulla fiancata del Centro Congressi di Tampa. Ognuno degli oratori, disciplinatamente, infila quello slogan nel suo discorso. Politici di carriera, notabili del partito repubblicano, o piccoli imprenditori. Finanzieri coi conti off-shore alle Caimane o padroncini immigrati dalla Cina e dal Messico, artigiani o piccoli imprenditori: “We Built It”, proclamano a turno. Ci siamo fatti da soli, senza l’aiuto di nessuno, anzi lottando contro una burocrazia statale opprimente. “We Built It” diventa la bandiera della destra in un’elezione presidenziale che si trasforma in una scelta di civiltà , tra due modelli di America. “We Built It” è uno slogan quasi “offerto” da Barack Obama. I repubblicani l’hanno coniato di recente, afferrando al volo (e deformando strumentalmente) il passaggio di un recente discorso del presidente. Riferendosi alle grandi imprese americane, Obama aveva detto che i capitalisti «non avrebbero potuto costruirle da soli, senza un ruolo dello Stato». Verità  lapalissiana: la forza competitiva di questo paese poggia anche sulle sue infrastrutture, sulle università  migliori del mondo, sulla ricerca scientifica. Apriti cielo, quella frase è diventata la prova che Obama disprezza l’imprenditore. «Questo presidente — dice Ryan — impone un’ideologia anti-americana. Dice che lo Stato crea dei diritti e lo Stato può toglierli. E’ l’idea che i burocrati sanno qual è il bene della società , un’idea falsa e arrogante». Che vincano o perdano i repubblicani il 6 novembre, «è Ryan il futuro di questo partito», secondo il pool di esperti consultato dal blog Politico.com. Il Tea Party, movimento populista e anti-Stato, non si è limitato a riempire le piazze di cortei contro la riforma sanitaria di Obama (“socialismo europeo”) nel 2009. Non ha solo trascinato la destra alla vittoria nelle legislative di mid-term del novembre 2010. Ora il Tea Party ha uno dei suoi nell’accoppiata per la Casa Bianca. Designando un ultrà  della destra mercatista come Ryan, Mitt Romney gli ha “appaltato” il suo programma economico. Da governatore del Massachusetts, Romney era stato un moderato: varò una riforma locale della sanità  identica a quella di Obama; non fece nulla contro il diritto di aborto; attinse avidamente ai finanziamenti federali per l’istruzione. È un passato che lo rende sospetto per la base del partito. Ryan è il suo salvatore, gli costruisce una verginità , si fa garante della purezza ideologica. Propone di privatizzare il “Medicare”, l’unico sistema sanitario nazionale di tipo europeo, che funziona molto meglio delle assicurazioni private, ed è riservato agli over-65. Promette una drastica riduzione delle tasse, che magicamente dovrebbe sanare il deficit attraverso un boom della crescita. E’ la “teoria dell’offerta”, che piaceva a Ronald Reagan e che George Bush padre definì “economia vudù”. Fallita quella ricetta, Reagan alzò le tasse ben undici volte. Non importa se le promesse di Ryan abbiano solidità  economica: la constituency che conta ne trarrà  immensi benefici. Un multimilionario come Romney vedrebbe la sua pressione fiscale scendere all’1% (sulle plusvalenze finanziarie). Ryan vuole anche abrogare la legge Dodd-Frank varata da Obama per aumentare i controlli sulle banche e ridurre gli spazi della “finanza tossica” che portò alla crisi del 2008.


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