Samaras a caccia di 11,5 miliardi ancora tagli a pensioni e statali

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MILANO — «Noi vogliamo che la Grecia resti nell’euro. Ma il futuro del Paese è nelle mani di Atene». Parte con l’ennesima doccia fredda per il governo di Antonis Samaras la settimana più lunga del governo ellenico. Il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle ha ribadito ieri dopo un incontro con il suo omologo Dimitrios Avramopoulos che «la Germania non è a favore di revisioni sostanziali » dei paletti imposti dalla Troika in cambio del piano di aiuti da 230 milioni garantito al Partenone. La palla torna così nel campo di Atene dove è in atto una corsa contro il tempo per riuscire a mettere assieme il nuovo pacchetto di tagli da 11,5 miliardi necessario per convincere Ue-Bce e Fmi a sbloccare (forse già  entro metà  settembre) la nuova tranche di finanziamenti da 31 miliardi necessaria a pagare stipendi e pensioni del prossimo mese. Il ministro alle finanze Yannis Stournaras avrebbe già  individuato misure per 10,8 miliardi e altri 800 milioni dovrebbero essere recuperati a ore. Il massimo — dal punto di vista del marketing geopolitico — sarebbe completare il nuovo piano di austerity entro venerdì quando Samaras andrà  in pellegrinaggio da Angela Merkel (il giorno dopo vedrà  Francois Hollande) per sponsorizzare un ammorbidimento dell’austerity per il suo Paese. Il ramoscello d’ulivo del pacchetto di tagli («la Grecia deve fare i compiti a casa», ripete spesso la Cancelliera) potrebbe essere il viatico per provare a spostare dal 2014 al 2016 gli obiettivi di rientro del bilancio. Una concessione dovuta — ritiene Samaras — visto che l’economia nazionale è stata messa in ginocchio dalla terapia d’urto imposta dagli organismi internazionali: il Pil è crollato del 17,5% in quattro anni e la disoccupazione è schizzata al 23%. La partita resta comunque ancora molto incerta e i nodi da sciogliere sono parecchi. «Devono smettere le speculazioni sulla nostra permanenza o meno nell’euro », ha ribadito ieri Avramopoulos. Oltre ai problemi esterni, però, il governo Samaras dovrà  affrontare un esame altrettanto severo sul fronte domestico. Le misure allo studio di Stournaras rischiano infatti non solo di far scattare un autunno socialmente molto caldo in Grecia, ma anche di allargare le crepe già  visibili all’interno del governo di unità  nazionale, dove i socialisti di Evangelis Venizelos e la sinistra democratica di Fotis Kouvelis faticano a far digerire al loro elettorato l’ennesimo piano lacrime e sangue senza concessioni da parte della Troika. Buona parte degli 11,5 miliardi dovrebbe arrivare infatti da un’altra sforbiciata alle pensioni, già  falcidiate del 20% dalle altre sei finanziarie varate dall’inizio della crisi. Quelle sotto i 700 euro non verrebbero toccate, ma sopra questa soglia si dovrebbe procedere con tagli tra il 5 e il 15%. Chi ha più di un trattamento previdenziale, si vedrà  decurtare il secondo del 35%. Probabile anche l’addio definitivo a quello che è rimasto della tredicesima e della quattordicesima per i dipendenti pubblici. Lo stipendio medio degli impiegati in aziende statali (oggi 31mila euro l’anno) sarà  ridimensionato con ogni probabilità  a 21mila. Mentre il passaggio più difficile sarà  far passare il taglio di 35-40mila dipendenti pubblici, destinati a essere parcheggiati per un paio d’anni in una sorta di cassa integrazione prima di perdere il posto in caso di mancato ricollocamento. Syriza, il partito della sinistra radicale guidato dal giovane Alexis Tsipras, ha già  preannunciato un’opposizione durissima a queste norme, pronta a capitalizzare la sua posizione in caso di una crisi di governo. In quel caso però il rischio dell’uscita di Atene dall’euro sarebbe davvero altissimo.


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