Sparatoria all’Empire State Building uccide il capo che lo ha licenziato

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NEW YORK â€” Il mattino di un giorno da cani non è un film. La macchia rossa si allunga davvero sotto la camicetta bianca della donna stramazzata sul marciapiede proprio lì, ai piedi del colosso, vicino al cadavere di Jeffrey Johnson, 58 anni, l’uomo che per vendicare il suo licenziamento ha scatenato l’orrore nel cuore di New York. La sua vittima, Steven Ercolino, 41 anni, giace ormai senza vita dietro l’angolo, mentre le ambulanze portano via una decina di feriti. E la maledizione
dell’Empire State Building — la torre dove nella finzione svettava King Kong e dove, adesso, poco dopo le 9 del mattino, centinaia di turisti sono ostaggio della realtà  più tragica — si allunga sulla città  che il sindaco Michael Bloomberg si ostina a chiamare ancora «la più sicura d’America»: proprio mentre le tv rilanciano implacabili le immagini della metropoli nel caos, la Quinta Avenue dei negozi più lussuosi tagliata in due, le sirene della polizia che fanno ripiombare Manhattan nell’incubo dell’11 settembre. Quello che è successo lo spiega invece in due parole la testimone oculare, Irina Timan, 35 anni, che insieme al suo capo stava per varcare la soglia di Hazan Imports, il negozio di borse lì sulla 33esima strada, tra il solito caffè Starbucks e i negozietti di souvenir. Il killer è comparso dietro a un furgone, «l’ho visto tirare fuori una pistola dalla giacca e ho pensato: mio Dio, adesso gli spara» racconta al New York Times.
«Lo sapevo, lo sapevo quello che stava per succedere. Ma era troppo tardi. Steve urlava, Jeff gli ha sparato e io ho cominciato a correre».
Steve, Jeff: il killer e la vittima lei li conosceva bene, l’assassino che adesso il portiere sull’82esima strada ricorda «tranquillo, taciturno» aveva lavorato lì fino all’anno scorso, quando un ridimensionamento nell’organico — come quelli vissuti in questa crisi in tutta l’America, in tutto il mondo — aveva portato al licenziamento. Steve il vicepresidente, Jeff il designer diplomato a uno dei college d’arte più noti di New York. Ma questa non è la storia di un regolamento di conti, non è solo la cronaca di una morte annunciata — il vicepresidente di Hazan aveva ricevuto minacce, la polizia aveva emesso un ordine che vietava all’ex dipendente di avvicinarlo.
Il sindaco accusa la lobby delle armi, dice che «New York non è immune» dalla follia che poco più di un mese fa ha portato alla strage di Batman, 12 morti in Colorado, e dieci giorni fa all’ennesima strage del college, in Texas. Però, aggiungendo che il bilancio sarebbe stato «ancora più grande se non fosse stato per alcuni straordinari atti di eroismo», il sindaco ammette che i feriti «sono stati probabilmente colpiti dalla polizia». Sì, l’atto di eroismo è quello di un lavoratore che ha visto il killer sparare e ha subito avvertito i poliziotti là  dietro. E i poliziotti lì c’erano perché questo appunto è l’Empire State Building, uno dei monumenti più nel mirino del terrorismo, 4 milioni di visitatori all’anno, 11mila al giorno. Dice il capo della polizia Ray Kelly che gli agenti hanno visto il killer «estrarre la calibro 45 dalla borsa che portava sotto il braccio» e «cercare di sparare e ucciderli ». Ma la sua pistola aveva solo 8 colpi: e tre li aveva già  scaricati sul suo ex capo. Robert Asika, 23 anni, ferito al braccio, dice che «le pallottole andavano e venivano». Ma l’inferno lì, nel cuore di New York, stavolta l’hanno portato anche i poliziotti. Gli stessi che poche settimane fa hanno crivellato di colpi un uomo nel centro di Times Square, armato solo di un coltello e di una canna. Gli stessi che due mesi fa hanno inseguito nel bagno di casa un ragazzino del Bronx — e solo dopo che l’hanno ucciso hanno scoperto che era disarmato. Il mattino di un giorno da cani non è un film e non è un film la tragedia dell’America strangolata dalla disoccupazione, 12 milioni di senza lavoro. Da quando l’avevano licenziato, Jeff Johnson ogni mattina lasciava il suo appartamento solo per allungarsi fino al McDonald’s di fronte per rincasare con la busta piena: e non uscire mai più. Ieri ha deciso di ripagare con la morte l’uomo che l’aveva licenziato. E nella sua follia non ha neppure calcolato che stava andando a portare la morte nel cuore dell’impero: all’ombra del grattacielo più famoso e protetto del mondo.


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