Sulcis, in 120 occupano la miniera

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Drammatica protesta dei minatori del Sulcis: dall’altra notte 120 operai, muniti di 350 kg di esplosivo, sono asserragliati nei pozzi, a quasi 400 mt di profondità . «Siamo stati costretti a quest’azione perché il governo non dà  risposte sui piani di rilancio e nessuno stava più a sentire », dicono i loro portavoce, che rappresentano circa 500 tecnici altamente specializzati. «Da anni ci spacchiamo la schiena per estrarre carbone che poi nessuno compra lasciando in crisi gli impianti: e adesso siamo davvero stanchi» spiega uno dei lavoratori asserragliati in galleria, Ivo Porcu. Ma fare riferimento al tritolo da cava custodito in miniera è una minaccia, è stato chiesto ai manifestanti? «No, evidentemente no: ma siamo esasperati ed è chiaro che in condizioni del genere nessuno di noi è più in grado di garantire la sicurezza» è stata la risposta degli operai.
Insomma, alla Carbosulcis di Nuraxi Figus, una delle ultime miniere in attività  per il carbonfossile in Europa, la situazione è carica. Le forze politiche sarde si sono mobilitate. Con loro i sindacati. E il deputato Pdl Mauro Pili, ex governatore della Sardegna prima di Soru e Cappellacci, si è schierato con i lavoratori scendendo con l’ascensore che porta ai pozzi. «La nostra protesta comune andrà  avanti sino a quando Camera e premier non forniranno risposte certe», ha commentato il parlamentare. Come dimostra la vertenza dell’Alcoa a Portovesme, pochi km di distanza più a sud, che la scorsa settimana ha generato clamorose manifestazioni nello scalo di Elmas e nel porto di Cagliari, la rabbia degli operai sardi appare ormai difficile da contenere. Non a caso proprio nelle ultime ore il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ha parlato di «autunno più caldo del solito, sul quale occorre vigilare», facendo un esplicito collegamento con la Sardegna. Un’isola dove il quadro generale è impressionante sul piano dell’occupazione. E non solo, da Porto Torres a Ottana sino al sud, nella grande industria. Nel primo semestre di quest’anno 1770 imprese hanno chiesto lo stato di crisi, mentre è stata chiesta la cig per 13mila persone. Senza contare le 7mila domande di mobilità  in deroga e il fatto che sono scattati gli ammortizzatori
sociali per 1/6 dei 600mila dipendenti che costituiscono la forza lavoro in Sardegna. In un contesto tanto allarmante, l’altra notte, intorno alle 22.30, gli operai si sono barricati nei pozzi di Nuraxi Figus (piccolo centro quasi sulla costa, a metà 
strada fra Carbonia e Iglesias) con un blitz deciso alla fine del turno. I dimostranti vogliono che il governo chiarisca se intende o no farsi carico dei loro problemi. «Da quando la società  è passata di mano approdando al settore pubblico siamo diventanti
dipendenti della Regione, ma lo stato d’incertezza sui progetti per la produzione di energia pulita non è comunque andato mai avanti».
Mentre l’isola è una delle regioni dove l’energia viene pagata dalle imprese a più caro prezzo,
secondo i sindacalisti appare paradossale che non si bruci il carbone prodotto nel Sulcis neppure in una centrale elettrica a due passi dalla miniera di Nuraxi Figus. «Ha contenuti di zolfo eccessivi ed è troppo inquinante», non si stancano però di ripetere
gli specialisti. Ma gli operai chiedono appunto piani concreti per abbattere i fumi e progetti definitivi per arrivare a fonti energetiche eco-compatibili. Sulla vertenza, ieri, è stato confermato il vertice di venerdì al Mise.


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