Testamento biologico, si spacca la giunta Pisapia
MILANO — Le polemiche erano attese, come ogni volta che viene toccato un tema etico. Ma il primo fuoco arrivato sulla decisione del Comune di Milano di avviare il percorso verso il testamento biologico è stato amico. Di più: interno alla giunta Pisapia. Perché sul registro di fine vita a essersi spaccati sono gli assessori. Le frenate più decise, come era già accaduto per il registro delle unioni civili appena approvato, sono arrivate dall’ala cattolica del centrosinistra: «Nessuna fuga in avanti». E in prima fila c’è Maria Grazia Guida, la vicesindaco che neppure sulle coppie di fatto era stata così netta. «Un tema così importante per la vita delle persone e che tocca la sfera etica e spirituale ha bisogno di una riflessione più approfondita che tenga conto delle varie sensibilità », ha scandito. Aggiungendo, però, un carico che va oltre la prudenza: «L’amministrazione comunale ha altre priorità ». Per ora è un principio politico. È inserito lì, l’argomento che divide la città : in un punto della “Carta dei diritti del malato”, a sua volta allegata al Piano con cui l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino disegna il futuro del welfare della città e che la giunta discuterà la prossima settimana. Articolo 13: «Diritto alla manifestazione anticipata delle direttive di fine vita», il titolo. Poche righe per dire che, ogni «individuo ha il diritto di esprimere le proprie volontà rispetto al rifiuto dell’ “accanimento terapeutico” in condizioni di coma irreversibile o di disagio estremo», a rifiutare l’assistenza religiosa e a decidere su donazione degli organi e cremazione. Per avere, come è già accaduto in un centinaio di altre città italiane, un registro comunale che, in attesa di una legge nazionale, conservi queste volontà , però, sarà necessario una delibera del Consiglio comunale. Ma tanto è bastato a scatenare la bufera. Quel principio è stato scritto, per la prima volta, in un documento ufficiale della giunta. Ed è proprio questo uno dei punti contestati dai cattolici: «inopportuno» discuterne insieme ai servizi sociali. La vicesindaco Guida chiede un passo indietro e di eliminare l’articolo incriminato dalla Carta. Una grana per Giuliano Pisapia, in questi giorni in vacanza lontano da Milano. Anche un altro assessore cattolico dei Democratici come quello alla Sicurezza Marco Granelli invoca un «dibattito serio». Perché «il registro non era nel nostro programma elettorale e non penso sia un tema di competenza comunale». L’assessore Majorino che, quella Carta l’ha voluta, cerca di placare gli animi: «Non ci saranno forzature e sono sicuro che troveremo una sintesi in giunta», assicura. «Sul principio, però, sono estremamente convinto che il Comune in assenza del parlamento debba andare avanti». Schierato a favore anche un laico come l’assessore alla Cultura Stefano Boeri: «Si deve riconoscere che il nostro Stato è laico e deve permettere ai cittadini di scegliere». Soddisfazione, con Marco Cappato, dai Radicali che hanno raccolto migliaia di firme per discutere in Consiglio comunale quattro delibere di iniziativa popolare che comprendono anche il fine vita. Sul fronte dell’opposizione, l’ex vicesindaco del Pdl Riccardo De Corato attacca: «Un’altra battaglia-farsa del centrosinistra».
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