“Trattativa Stato-mafia, la politica ha sconfinato”

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ROMA — Non sono piaciute ai magistrati le parole del presidente del Consiglio Mario Monti, che in un’intervista ha parlato di abusi, «che si sono verificati e si verificano », sulle intercettazioni. Il riferimento del premier era all’indagine di Palermo sulla trattativa e al caso Napolitano. Le prime critiche a Monti arrivano dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che quell’indagine sul patto Stato- mafia sta coordinando: «Avevo apprezzato le dichiarazioni del presidente del Consiglio in occasione della commemorazione di Falcone — dice il magistrato, intervistato da Klaus Davi su You Tube — non condivido invece le ultime considerazioni sulla Procura di Palermo». Ingroia rivendica: «Credo che da parte della magistratura non ci siano mai stati sconfinamenti; semmai ci sono stati da parte della politica». Qualche ora dopo, è un comunicato ufficiale dell’Associazione nazionale magistrati a parlare di «preoccupazione» per le parole di Monti. «La questione relativa alle procedure cui assoggettare le intercettazioni indirette dei colloqui del presidente della Repubblica è oggetto di un conflitto di attribuzione — ricorda il sindacato delle toghe — è doveroso attendere la decisione della Corte Costituzionale». L’Anm bolla come «improprio» il riferimento ad abusi da parte dei pm. E poi interviene anche sull’annuncio di Monti, a proposito di prossime iniziative sul tema delle intercettazioni: «Ogni eventuale riforma — dice l’associazione nazionale magistrati — pur diretta a tutelare il diritto alla riservatezza dei soggetti estranei al procedimento, salvaguardi il pieno utilizzo di tale indispensabile strumento d’indagine, senza comprimere il legittimo diritto di cronaca». Sul caso sollevato dal Colle, Ingroia è più netto dell’Anm. Richiama l’intervento di Gustavo Zagrebelsky su Repubblica per criticare lo strumento del conflitto di attribuzione fra poteri: «Al di là  delle migliori intenzioni di chi lo attiva — dice — può dar luogo a polemiche, equivoci e anche disorientamenti dell’opinione pubblica, che coglie un clima conflittuale tra le istituzioni». Il procuratore aggiunto punta il dito contro le «strumentalizzazioni » e le «polemiche che hanno preso spunto dall’iniziativa del conflitto fra poteri, per attaccare la magistratura». Questo clima, dice Ingroia, ha creato «una situazione di isolamento della magistratura». Le parole di Monti sulle riforme agitano il dibattito anche all’interno del Pdl. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, bacchetta il governo: «Chi sa se Monti ha parlato di riforme con il ministro Severino, quando l’abbiamo incontrata è stata negativa su tutta la linea, più ostica di un Ingroia». Ed è la premessa per lanciare un avvertimento: «Non ci faremo imporre voti di fiducia su testi non condivisi, come è accaduto alla Camera». Ma i toni di Gasparri vengono smentiti dal suo collega presidente dei deputati, Fabrizio Cicchitto, che allontana lo spettro di un voto di sfiducia: «Esistono i termini di una mediazione seria e globale», dice. E rilancia: «Noi riproponiamo un’incisiva legge sulle intercettazioni, la riscrittura di alcuni aspetti della legge sulla corruzione e di alcuni aspetti della legge sulla responsabilità  civile dei giudici». Fra politica e giustizia è un pomeriggio rovente. Gasparri insiste: «Ingroia è ormai un militante politico». Ingroia replica: «Sono un militante della verità ». E torna a difendere l’inchiesta sulla trattativa: «La Seconda Repubblica non potrà  mai diventare una democrazia adulta sino a quando non si riuscirà  a sapere la verità  su quella stagione».


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