Carrillo, l’eurocomunista amico di Berlinguer
Ci sono tre immagini che più di tutte segnano la vita pubblica di Santiago Carrillo. Una è del 1936. La foto è sgranata, lo si vede, giovane comunista, arringare una folla strabordante dalle gradinate della Plaza de toros di Madrid. Pare di sentire il gracidio del suo microfono. Si vedono le cinture che reggono i pantaloni a mezza pancia, corpi di contadini appena inurbati, gel sui capelli, la passione per l’idea di un mondo nuovo che si tocca con mano. I cannoni di Franco, i bombardieri italiani e tedeschi avrebbero spezzato quel sogno nel giro di tre anni.
Un’altra foto è di 40 anni più vecchia. C’è un Carrillo un pò appesantito, vestito con giacca, cravatta e panciotto di tweed, come un solido industriale. Ha occhiali fumé e una parrucca riccia che diventerà mitica. E’ il travestimento che il comunista in esilio ha scelto per rientrare in patria. Franco, il nemico, è appena morto. C’è nell’aria la sensazione che la Spagna possa finalmente voltare pagina. La pressione internazionale rende possibile il cambio di regime e la scelta europeista del comunismo occidentale guidato dall’amico italiano Enrico Berlinguer rende il suo Partito un interlocutore affidabile. Carrillo vuole esserci, contribuire alla Transizione, e, dopo i galloni dell’esiliato, vuole guadagnare anche quelli del prigioniero politico. Finisce in carcere come voleva, ma ne esce subito come sperava. La Spagna davvero sta cambiando.
La terza foto è del 23 febbraio 1981. E’ scattata nell’aula grande del Congresso dei deputati di Madrid. Carrillo ha già 66 anni. All’appuntamento elettorale il suo Partito Comunista ha deluso, ormai è chiaro che la sua parabola è al tramonto. Confluirà nel Partito socialista di Felipe Gonzalez. Ma in quel 23 febbraio la tempra dell’esule e resistente emerge fierissima. Davanti alla pistola del colonnello golpista Antonio Tejero, solo tre spagnoli disobbediscono al militare. Uno è Carrillo. Con gli altri parlamentari pancia a terra o nascosti tra i banchi, il vecchio comunista accende una sigaretta. Questa volta, sembra dire il suo sguardo tranquillo, la storia è dalla mia parte.
Andrea Nicastro
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Caro zio,
zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti questo è il mio ultimo, intimo saluto. Quando venerdì il tuo feretro è arrivato in Duomo la prima persona, tra i fedeli presenti, che ti è venuta incontro era un giovane in carrozzina, mi è parso affetto da Sla.