Ci mancava solo la Catalogna

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Le crisi hanno la tendenza a semplificare tutto. L’interpretazione tedesca della crisi europea è un racconto moralistico basato sulla convinzione che il problema economico sia dovuto all’irresponsabilità  dei paesi del sud, che hanno peccato e devono quindi essere puniti. Ma con un copione sbagliato come punto di partenza le soluzioni sono sempre più difficili da trovare, i meccanismi di solidarietà  si fanno più rari, i cittadini di alcuni paesi del nord diventano diffidenti e nel sud si sviluppa un sentimento antitedesco (o antieuropeo). Del resto in occasione di diverse recenti elezioni si è assistito a una riaffermazione degli estremismi. A livello nazionale la Spagna riproduce la crisi dell’euro attraverso l’opposizione catalana, che ha curiosi punti in comune con questa storia

Le origini dirette dei problemi economici catalani sono la drammatica recessione prodotta dall’enorme bolla immobiliare e le decisioni prese dai diversi governi nel corso degli anni. Secondo l’analisi di Bruxelles i problemi di questa regione non sono il frutto dei tagli di bilancio (anche se il sistema di finanziamento non è perfetto e si può discutere sulla portata del deficit), come invece sostiene il movimento separatista per giustificare le sue pretese. L’Ue assiste a questa polemica con crescente preoccupazione, perché è apparsa nel momento più critico della crisi spagnola.

La Catalogna ovviamente non è la Germania, in primo luogo perché è la prima vittima dei danni provocati dalla recessione e dalla disoccupazione. Ma sotto molti punti di vista l’analogia funziona. Ancora una volta il nord vuole ridurre la solidarietà  in tempo di crisi.

Bruxelles osserva questo dibattito con timore: “La Catalogna è un’ulteriore fonte di preoccupazione. La Spagna ha già  molti problemi ed ecco che una delle comunità  autonome più ricche del paese reclama un piano di salvataggio. Nel frattempo questa regione minaccia di diventare indipendente e propone una sorta di patto fiscale, che in fin dei conti consiste nel ridurre le risorse messe a disposizione delle casse dello stato, adesso che la salute dei conti pubblici si va degradando”, afferma un diplomatico.

Il presidente della Generalitat [governo regionale] Arturo Mas si è rivolto almeno in due occasioni a Bruxelles per ribadire le sue rivendicazioni in merito a un nuovo sistema di finanziamento. Si è intrattenuto con il presidente della Commissione José Manuel Barroso e con quello del Parlamento europeo Martin Schultz. In Europa Mas ha contattato molte persone, ma tutte le fonti che abbiamo interpellato affermano di non averlo mai sentito fare allusione alle aspirazioni separatiste della Catalogna.

“Non rinunciamo alla nostra identità . Il nostro slogan è: più Catalogna, più Europa”, ha dichiarato Mas alla stampa durante una di questi incontri. Ai giornalisti che gli chiedevano se questo significava allontanarsi dalla Spagna, il presidente della Generalitat ha risposto: “No. Noi siamo positivi, preferiamo le affermazioni e non rifiutiamo nulla”. A Bruxelles questa dichiarazione ha stupito più di una persona e un funzionario europeo si è affrettato a dichiarare: “Alcune rivendicazioni catalane sono viste con benevolenza, ma oggi la regione supera una frontiera pericolosa. La sua richiesta è comprensibile per ragioni finanziarie, ma anche in Germania, con un sistema fiscale federale che può servire da modello, si ammette che non si può affrontare la questione delle aspirazioni indipendentiste alla leggera. A Bruxelles queste rivendicazioni hanno fatto suonare il campanello di allarme a causa dei rischi che altre regioni ripetano questo schema”.

La scusa della troika

L’indipendenza della Catalogna dovrebbe ovviamente fare i conti con gli ostacoli giuridici derivanti dall’elegante formulazione dell’articolo 4.2 del trattato di Maastricht. Infatti la presa di decisioni nell’Ue si indirizza verso una generalizzazione della maggioranza qualificata in tutti i casi tranne uno, l’adesione di nuovi stati, che continuerebbe ad avere bisogno dell’unanimità . Questi meccanismi possono rappresentare uno sbarramento: il presidente della Commissione è stato chiaro sull’argomento. Da un lato la questione è “interna” alla Spagna; dall’altro se una procedura di secessione dovesse aver luogo all’interno di uno stato membro, “si dovrebbe fare appello al diritto internazionale per trovare una soluzione”.

Nel frattempo il governo del Pp [Partito popolare] ha dichiarato che i responsabili del deficit spagnolo sono le comunità  autonome, ma questo è falso. Inoltre l’esecutivo ha anche l’intenzione di operare una nuova centralizzazione delle competenze (con il pretesto che i vincoli imposti da Bruxelles non gli lasciano alternativa). Questo suscita molti timori in Catalogna e spiega in parte la reazione della regione. Anche in questo caso le somiglianze con il contesto europeo sono preoccupanti: la troika invia i suoi funzionari a Madrid, poi il governo centrale invia i suoi uomini nelle comunità  autonome che hanno beneficiato di un salvataggio come la Catalogna.

Traduzione di Andrea De Ritis


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