CONTRO GLI EUROSCETTICI
I cittadini europei non sono mai stati tanto distanti dall’Ue. Cinque anni fa, prima della grande crisi, secondo i dati dell’Eurobarometro, quasi la metà degli europei aveva una immagine positiva dell’Unione europea ed erano appena il 14% coloro che la percepivano come negativa. Questa primavera la forbice si è praticamente chiusa: i favorevoli sono crollati al 31% e i critici sono raddoppiati arrivando al 28%. La stessa dinamica investe la fiducia nell’Ue e nelle sue istituzioni. Tra queste, sorprendentemente per certi aspetti, si salva l’euro. Nel 2007 i soddisfatti dell’introduzione della moneta unica erano il 61% mentre i critici solo il 31%. Oggi i giudizi positivi sono sì calati ma rimangono saldamente maggioritari (52%) mentre i nostalgici delle monete nazionali sono saliti al 40%. Anche se le anticipazioni dell’ultimo sondaggio condotto dall’Eurobarometro indicano una cauta ripresa dei consensi, non c’è dubbio che la costruzione europea abbia perso quel consenso di massa, a volte quasi unanime, che l’ha accompagnata per cinquant’anni. Si pensi soltanto che il referendum indetto in Gran Bretagna nel 1975 per confermare l’adesione del paese alla Comunità europea vide un sostegno all’ingresso nella Cee del 67,2% degli elettori, con una partecipazione dal voto elevata per gli standard dell’isola – 64,5% – visto che alle elezioni politiche precedenti nell’ottobre del 1974 i votanti erano sta- ti il 72,8%. E ancora, per ricordare un evento rimosso dalla nostra memoria politica, in Italia, nel 1989, in concomitanza con le elezioni europee di quell’anno si tenne anche un referendum consultivo per conferire un “mandato costituente” al Parlamento europeo. Ebbene, l’88% dei votanti (con una affluenza alle urne dell’80,7%) si espresse a favore. Poi venne Maastricht e l’ever closer union e, in effetti, l’integrazione europea divenne stretta a molti. Da allora, l’opposizione all’Europa ha preso due strade: quella dell’euroscetticismo hard, o di principio, che si oppone a qualsiasi progetto di integrazione e invoca una marcia indietro per il ritorno a maggiore sovranità nazionale, e quello soft, contrario a molte delle scelte politiche europee ma senza voler distruggere quanto è stato edificato. Mentre il primo è contro l’idea stessa di integrazione europea, il secondo è critico delle politiche adottate dall’Ue. Queste due declinazioni dell’euroscetticismo coincidono, con alcune varianti, con i partiti estremi di destra e di sinistra. L’ostilità all’Europa è bilaterale , ma i due versanti la esprimono con intenti e visioni diversi. A destra prende le forme del nazional-populismo che innalza il valore assoluto della nazione, omogenea e pura, fondata “sul suolo e sul sangue” e contrapposta ad ogni potere sovrannazionale, considerato lontano, opaco, elitario e quindi minaccioso. A sinistra l’opposizione alla costruzione europea ha abbandonato gli antichi toni della polemica marxista-internazionalista – il capitalismo e i grandi monopoli che si organizzano a livello europeo per sfruttare meglio le classi operaie nazionali; oggi è spostata su una critica alle politiche neoliberiste adottate dall’Ue in contrasto con gli interessi delle classi popolari. Mentre partiti della destra nazional-populista quali il Front National in Francia o l’Indipendence party in Gran Bretagna, il Partito della libertà di Geert Wilders in Olanda o la Fpo (un tempo di Jorg Haider) in Austria, Jobbik in Ungheria o la Lega Nord in Italia agitano l’illegittimità di fondo della costruzione europea e vogliono abbatterla o ridimensionarla radicalmente in nome di un diritto incoercibile dei popoli a governarsi nel loro territorio senza nessuna cessione di sovranità agli “eurocrati di Bruxelles”, i partiti della sinistra radicale hanno posizioni più sfumate. A fianco dei critici duri e puri rappresentati dagli “anticapitalisti” francesi, dai socialisti di sinistra olandesi e scandinavi e dai comunisti greci (con Syriza in posizione ambigua), altri partiti come l’Izquierda Unita spagnola, i comunisti portoghesi, la Linke tedesca o Sel optano per un giudizio severo sulle politiche e non sulla costruzione europea in sé. Le due facce dell’euroscetticismo non costituiscono quindi una identica minaccia per la costruzione europea. È il nazional- populismo di destra il nemico più pericoloso, anche per le sue pulsioni anti-sistemiche. E giustamente Monti e van Rompuy hanno sollecitato una mobilitazione straordinaria contro questi antieuropei a tutto tondo.
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