Dal medico al pensionato, il fai-da-te dei contadini della marija

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VALLE DEL PANARO (Modena). È TEMPO di raccolto anche per la cannabis. In questa e nelle altre valli di mezza Italia, nelle pianure, fra i cespugli delle colline, alla prima luce dell’alba e all’ultima del tramonto i “contadini della marija” vanno a raccogliere il frutto del loro lavoro clandestino. Sono decine di migliaia e in continua crescita.
NON ci sono numeri precisi, perché questi strani coltivatori non hanno certo un albo o un’associazione di categoria. Ma solo nel 2011 (il dato è tratto dal Terzo libro bianco sugli effetti della legge Fini-Giovanardi) sono state sequestrate 563.198 piante di canapa. Numero che si può moltiplicare per cinque, perché secondo la Dea, agenzia americana antidroga, lo stupefacente sequestrato è solo il 20% di quello prodotto. Qual è l’identikit di chi coltiva marijuana e che uso ne fa?
COLTIVATORI IN CRESCITA
I “consumatori dell’erba” — secondo l’Osservatorio europeo sulle droghe di Lisbona (Oedt) — sono 5 milioni in Italia e 78 milioni in Europa. «Ventinove paesi sui trenta della comunità  europea — ha dichiarato il direttore dell’Oedt, Wolfgang Goitz — hanno coltivazioni sul proprio territorio. È un mercato notevole e in continua evoluzione, molto diverso ad esempio da quello degli anni ‘60, quando l’importazione di cannabis era un fenomeno da “amatori”. Secondo il Prevo.Lab (Laboratorio previsionale) dell’Osservatorio regionale delle dipendenze della Lombardia «l’auto coltivazione di marijuana registra un sensibile aumento». «E assieme all’autocoltivazione — ha detto il responsabile scientifico Prevo.Lab, Riccardo Gatti — si assiste allo spostamento di vere e proprie coltivazioni da altri paesi all’Italia». Nel bollettino di questo Laboratorio previsionale si legge che nel 2015 i consumatori di cannabinoidi saranno il 5% in più rispetto al 2012, «5,8 milioni di individui, circa il 15% della popolazione italiana fra i 15 e i 64 anni». Roberto è uno dei tanti contadini della marija. «Credo di avere sbagliato tutto. Ho seminato troppo presto, a fine marzo, e così le piante — sono sette — sono cresciute troppo, quasi tre metri, e si vedono da lontano». Roberto è un impiegato di 50 anni. «Sono un amante della cannabis, mi faccio spinelli e non spaccio. Il lavoro è lungo e rischioso, devi andare nel tuo “orto” quasi ogni giorno. Concimi, semini, innaffi e aspetti. Capisci quando una pianta è un maschio — che non produce marijuana e va eliminato — quando appaiono i fiori. Quelli del maschio hanno pallini bianchi, li riconosci subito. Se va bene, con l’infiorescenza della pianta femmina alta, ad esempio, un metro e mezzo o due metri, ti fai due etti di marija. Sul mercato la pagheresti 700-800 euro all’etto. Io invece faccio la scorta per me e qualche amico. Mezzo grammo a spinello, con un etto ti fai duecento canne. Con due spinelli al giorno, vai avanti più di tre mesi. Poi apri un altro barattolo. Ti puoi fare, se vuoi, anche del buon hascisc. Sbatti con forza le cime dell’erba su un tavolo e così esce il polline. Poi lo compatti e hai l’hascisc, molto più buono di quello che trovi dagli spacciatori a 10-15 euro al grammo».
I BLITZ NEI CAMPI
Roberto non è un “fricchettone”. Gli amatori degli anni ‘60 sono ormai un ricordo. Fare una fotografia ai “contadini dell’erba” significa fotografare l’Italia. Basta leggere i bollettini della repressione. «A Zagarolo arrestato un medico di base di 58 anni. Aveva 21 piante di cannabis alte circa 2 metri». «A Roiate bloccato un pastore che in località  Marrapiana curava una decina di piante di marijuana». «Nei pressi di Siena arrestata una coppia di allevatori. Nel recinto della cannabis, per tenere lontano i curiosi, avevano messo due cani e un toro da monta».
Nel “Terzo libro bianco sugli effetti della legge Fini-Giovanardi” — curato da Antigone, Cnca, Forum droghe e Società  della Ragione, con l’adesione di Magistratura democratica e Unione Camere penali — si legge che nel 2011 gli ingressi in carcere per droga in rapporto al totale degli ingressi sono passati dal 28% del 2006 al 33,15%. Le denunce per detenzione illecita a fini di spaccio sono passate da 29.724 nel 2006 a 33.686 nel 2011. Di queste 14.680 sono per cannabis, pari al 41%, di cui 8.535 per hashish, 5.211 per marijuana e 1.416 per coltivazione di piante. Che effetto hanno blitz e sequestri?
PICCOLI E GRANDI IMPRENDITORI
Non ci sono soltanto i piccoli “imprenditori”. A Roma, fra la Casilina e la Tuscolana, a metà  agosto è stata trovata (a conferma della denuncia del Prevo.Lab) la più grande coltivazione di marijuana mai scoperta nella capitale. Novecento piante nascoste in un vecchio tunnel della metropolitana, con annaffiatoi automatici e lampade per mantenere umidità  e temperatura tropicali. A Ravenna l’altro giorno sono stati sequestrate 182 piante scoperte con l’aiuto dei droni. «Chi coltiva per uso personale — racconta Giuseppe Nicosia, 35 anni, di Caltanissetta — lo fa soprattutto per non dare denaro alla criminalità  organizzata, che gestisce piantagioni come quella di Roma o come quella trovata a Gela, un ettaro di cannabis». Giuseppe Nicosia è stato arrestato nel 2008 perché in una casa di sua proprietà  erano state trovate 60 piante di marijuana. «Era la prima volta, avevo seminato molto perché mi avevano detto che il 90% delle piante poteva andare perduto. E invece, anche per merito della mia laurea in Scienze naturali, la produzione è stata ottima».
RACCOLTO DI QUALITA’
Sulla propria esperienza, e soprattutto sulla vita in carcere, il ragazzo di Caltanissetta ha scritto un bel libro, “Leone bianco, leone nero — la legge non è uguale per tutti”, Lg edizioni. «Si coltiva perché vuoi avere merce di buona qualità  senza spendere troppo, e soprattutto perché non vuoi entrare nel mercato dello spaccio che, non soltanto nella mia Sicilia, è la prima fonte di guadagno della criminalità  organizzata. Si coltiva la cannabis — io, a causa della mia vicenda, ovviamente ho smesso — così come altri fanno l’orto e curano gli ulivi o le viti. Ci si vanta, “la mia è più buona della tua”, si fanno scambi. Se fai un buon vino o un buon olio, li fai assaggiare agli amici… Si va in carcere anche con cinque piante perché, dicono le forze di polizia, “se produci un chilo di marijuana, vuol dire che sei uno spacciatore”. Ma non è così. Si raccoglie una volta all’anno, così come si vendemmia o si spremono le olive e poi si deve aspettare il nuovo raccolto». In carcere per due mesi, Giuseppe Nicosia ha incontrato i narcotrafficanti. «L’erba comprata per strada — gli hanno spiegato — è tutta erba pressata, proveniente per lo più dall’Africa settentrionale e da qualche Paese dell’Est. Ha dei costi all’ingrosso ridicoli, cioè ben al di sotto di un euro al grammo. È un prodotto molto scarso, pieno di semi, rami e foglie. Giunge da noi in buste sottovuoto, disidratata. Quando arriva, viene messa a bagno in ammoniaca. Riprende volume e si mette ancora una volta ad asciugare. Una volta asciutta, si rivende ricavandoci dai cinque agli otto euro al grammo».
GLI USI DELLA CANNABIS
«Ora sono impegnato — racconta l’autore di “Leone bianco, leone nero” — nell’associazione Sicilcanapa, che vuole rilanciare questa pianta un tempo preziosa in mezzo mondo. Basta un solo esempio: la cellulosa. Un ettaro di canapa sativa ne produce come quattro ettari di foresta, e in più matura in sei mesi e non in venti o trent’anni». Ma ci sono problemi anche per chi produce canapa per uso industriale o agricolo. «Nel 1999 — dicono Jacopo Rossi e la sua compagna Marzia, nella valle di Rubicone — ho cominciato a produrre cannabis sativa,
quella lanciata dalla Comunità  europea, con Thc (tetracannabinolo) inferiore a 0,5. C’era anche un finanziamento pari a 1,2 milioni di lire per ettaro. I problemi nascono anche dalla mancata preparazione delle forze dell’ordine che, ad esempio, in un mio capannone hanno trovato «tonnellate di marijuana» che in realtà  erano canapa sativa». Un arresto, un’assoluzione, l’attesa dell’appello. «Anni di lavoro buttati via, ma noi continuiamo a credere nella canapa. Stiamo producendo piccole quantità  di olio essenziale, con estrazione a freddo in correnti di vapore. Può essere usato per scopi alimentari e soprattutto medicinali. Lo doniamo ad esperti che studiano cure omeopatiche». Ma cosa rischiano i coltivatori di marijuana? Cosa prevede la legge e come potrebbe essere migliorata?
I PARADOSSI DELLA LEGGE
Grande è la confusione sotto il cielo anche quando si entra in un’aula di tribunale. L’avvocato Carlo Alberto Zaina, del foro di Rimini, è il legale italiano più esperto nella “Difesa dei reati da stupefacenti”, come recita il titolo del suo ultimo testo (Maggioli editore). «Io non sono d’accordo con la legalizzazione — dice — che fra l’altro sarebbe incostituzionale. Legalizzare vuol dire rendere lecite le droghe. Credo invece sia utile fare perdere valore penale ad alcune condotte connesse agli stupefacenti. Errore fondamentale della Fini-Giovanardi è riunire tout court sostanze molto differenti. I derivati della cannabis, ad esempio, hanno una capacità  letifera molto inferiore ad altre sostanze». Difficile districarsi fra leggi, decreti, sentenze di Cassazione, non solo per i profani ma anche per giudici e avvocati della difesa.
«Ci sono — dice Zaina, che collabora anche con la rivista Dolce Vita — anche veri e propri paradossi. Se vieni trovato con 10 grammi di cannabis e dici di averla comprata con 100 euro da Moustafà  in piazza, sei prosciolto, anche se così alimenti il mercato illegale. Se ti trovano 10 grammi e due piantine di marijuana vai sotto processo penale e a volte sei pure arrestato, anche se produci per te e non per il mercato».
«Io da tempo faccio una proposta — continua l’avvocato — che servirebbe a liberare i tribunali da migliaia di processi e a portare chiarezza nel mondo di chi coltiva cannabis per uso personale: “Con un’autorizzazione di polizia, si possono coltivare non più di 2 piante di cannabis”. Si dovrà  pagare una tassa, si dovranno accettare controlli a sorpresa, l’autorizzazione potrà  essere concessa solo agli incensurati. Questa mi sembra una forma, semplice, concreta, possibile, di depenalizzazione controllata».
SEMI IN VENDITA
È giovane, Simone Pancaldi, che con un socio gestisce l’Ora legale alla periferia di Bologna. Qui — come in almeno altri 72 negozi sparsi in tutta Italia (i nomi sono accattivanti: Non solo erba, Bottega della canapa, Canapa e canapa, Foglie d’erba, Hierba del diablo, Secret garden, Campo di canapa…) — si vende tutto ciò che serve per coltivare basilico, pomodorini o marijuana. «Vendere semi non è reato», dice subito. «Legga il cartello di istruzioni». “Attenzione: i semi di cannabis sono esclusi dalla nozione legale di cannabis. Ciò significa che non sono da considerarsi sostanza stupefacente. Legge 412 del 1974, articolo 1, comma 1, lettera B. In Italia la coltivazione è vietata (articolo 17 Dpr 309/90). Per cui: i semi si possono acquistare solo per collezione o preservazione genetica”.
“Per collezione” si trova una bustina di semi Seedsman fra i 35 e i 40 euro, una bustina piccola con 3 semi a 22 euro e decine di altre proposte. E poi c’è tutto ciò che serve per coltivazioni indoor e outdoor. «Qui si trovano le stesse cose che si vendono nei negozi per chi vuol farsi l’orto o il giardino». Un Grow box — un armadio serra — di 80 per 80 per 160 centimetri costa 160 euro. Un cubetto di lana di roccia per germinazione 0,50. Ci sono poi il Top max, stimolatore delle fioriture vegetali, i fertilizzanti, i termo-igrometri, le lampade, gli aspiratori per ricambi d’aria, l’argilla espansa… «La passione per la cannabis — dice Simone Pancaldi — è in aumento, e sa perché? Ci sono i giovani ma anche quelli che hanno cominciato quarant’anni fa, che lavorano e stanno bene e continuano a farsi le canne. Alla faccia di chi dice che queste sono soltanto il primo passo verso l’auto distruzione».


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