Ergastolani nella diaspora

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Basta infatti che scelga di collaborare e l’accesso ai benefici tornerà  nel suo orizzonte. A lui la decisione. E finché c’è decisione autonoma, c’è costituzionalità .
Ammesso e non concesso che tale argomentazione abbia una sua interna forza logica, non è di sola logica che vive il diritto. La potenzialità  formale del recupero sociale deve riempirsi di contenuti. Deve farsi attualità  attraverso il lavoro, l’istruzione, il contatto con il territorio, le relazioni famigliari e tutte quelle attività  penitenziarie previste dall’ordinamento.
Nel caldo dell’estate, con la diffusa disattenzione che inevitabilmente lo accompagna, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha preso una decisione della quale si fatica a comprendere il senso.
Una sezione di ergastolani del carcere di Spoleto interpretava con grande vivacità  lo spirito costituzionale della carcerazione. Carmelo Musumeci, probabilmente l’ergastolano più noto d’Italia, nei mesi scorsi ha raggiunto l’obiettivo della laurea in giurisprudenza, e continuava con profitto a mantenere rapporti con i docenti universitari di riferimento nonché a pubblicare i suoi bei racconti. Oggi si trova nel carcere di Padova. Giovanni Mafrica era iscritto al quarto anno scolastico dell’istituto d’arte. Adesso è a Parma, in una galera dalla quale troppe volte sono uscite testimonianze di condizioni di vita interne indecenti, da dove denuncia che nessun corso scolastico è attivo e che non gli è dunque permesso di continuare il proprio percorso di studi. Domenico Papalia, dopo trentacinque anni di detenzione, si ritrova in una cella con altre cinque persone nel carcere di Nuoro. Esponenti della Comunità  Papa Giovanni XXIII, che avevano allacciato relazioni solide e proficue con gli ergastolani ristretti a Spoleto, vedono vanificare il proprio lavoro e quello dei tanti operatori del carcere.
È come quando l’Italia paga salatamente la formazione culturale di qualche giovane brillante – il dottorato, i contratti di ricerca, il tempo dei docenti messo a disposizione – e alla fine di tutto gli stringe la mano e lo rimanda a casa. Scelte scellerate. Come quella di chiudere la sezione As1 di Spoleto. Tante energie pubbliche impiegate, tante risorse economiche e umane dilapidate e finite nel niente. Oggi gli ergastolani che erano lì alloggiati sono sparsi in giro per l’Italia, con un grande danno arrecato anche alle loro famiglie. Il blog degli ergastolani ostativi – «Le urla dal silenzio», gestito dal prezioso lavoro di Alfredo Cosco – offre racconti in prima persona.
E allora sorge un dubbio. Quanto è estraneo e quanto no, alla decisione presa dall’Amministrazione Penitenziaria, il dinamismo – spesso critico, ma sempre rispettoso delle regole – espresso negli anni passati da Carmelo Musumeci e dai suoi compagni? Quanto è contata in questa imposta diaspora la petizione promossa da Carmelo per l’abolizione dell’ergastolo, per non fare che un recente esempio, che ha superato a oggi le 6.500 firme e che vede in calce i nomi di Stefano Rodotà , Umberto Veronesi, Luigi Ferrajoli, Don Luigi Ciotti, Erri De Luca, Margherita Hack, Agnese Moro, Bianca Berlinguer, Giuliano Amato?
Ci auguriamo di cuore che l’Amministrazione ci ripensi. Che ci dimostri che i trasferimenti sono stati il frutto di una scelta non ideologica e poco ponderata, di un goffo tentativo di migliorare le condizioni di affollamento riempiendo con più detenuti quelle celle che per gli ergastolani devono rimanere singole, di un errore che si può riconoscere come tale e dal quale si può tornare indietro. Ci auguriamo che riunisca al più presto quel gruppo di persone che da anni aveva intrapreso un percorso comune e virtuoso nel pieno spirito costituzionale.

* associazione Antigone


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