Frana la Via dell’Amore, grave una turista non c’è pace nell’Eden delle Cinque Terre

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LA SPEZIA — Non c’è più pace, nel paradiso delle Cinque Terre. È come se una maledizione, forse la vendetta di qualche dio invidioso di tanta bellezza naturale, si fosse abbattuta su questo pezzo di Eden. Perché succede ogni anno, e sempre in autunno. Prima lo scandalo che sbugiardò la “disinvolta” gestione di Franco Bonanini e aprì le porte del carcere al “Faraone”, presidente di quel Parco che tutto il mondo ci invidia e che lui stesso aveva contribuito a far conoscere, a rendere unico e poi a far saltare per aria. Quindi l’alluvione, sembra un secolo fa e invece era solo il novembre passato: tredici vittime, sorprese dalla piena dei torrenti e dalla furia del mare, certe ferite profonde sul Levante ligure che non se ne andranno più. Ieri mattina è accaduto ancora. Questa volta lungo la Via dell’Amore, un chilometro di passeggiata a ridosso della costa tra Manarola e Riomaggiore, un capolavoro di colori ed emozioni che ogni anno attira due milioni e mezzo di turisti, quasi tutti stranieri.
Un blocco di roccia si è staccato all’improvviso dal punto più alto della collina che sovrasta il sentiero ed è precipitato di sotto, travolgendo quattro turiste di origine australiana. Una di loro è grave. La Via dell’Amore adesso è chiusa e chissà  quando potrà  essere riaperta al pubblico. La magistratura ha sequestrato la zona e vuole scoprire chi doveva vigilare sulla sicurezza (la manutenzione del territorio spetta al Comune di Riomaggiore), i sindaci delle Cinque Terre per precauzione hanno vietato tutti i sentieri del paradiso. Che rischia di assomigliare a un inferno. «Stavamo cominciando a riprenderci, dopo i disastri recenti. A vivere, a sopravvivere di sacrifici e tanto lavoro. Invece no. Così è come battersi contro i mulini a vento», confessa sconsolato Patrizio Scarpellini, nuovo direttore del Parco.
Tre metri cubi di pietra, staccatisi forse per l’aridità  di questa estate: il masso è rimbalzato sulla rete d’acciaio che imbraga la parte finale del declivio, poi ha scavalcato la struttura in ferro che dovrebbe proteggere proprio dalla caduta dei sassi. Si è abbattuto sulla strada, percorsa a tutte le ore da migliaia di persone. Poteva essere una strage. Però non erano ancora le dieci, l’ora in cui nel borgo di Manarola fermano i treni straripanti di turisti. Sul sentiero c’erano solo quelle quattro signore australiane che la sera prima avevano dormito in una pensione del paese. Il masso è come esploso in tanti proiettili, ferendo leggermente due di loro e scaraventando una terza oltre la balaustra: si è fermata in un terrapieno più in basso, rompendosi il bacino, salvata da alcuni grossi arbusti perché altrimenti sarebbe finita di sotto, venti metri di salto nel vuoto prima di schiantarsi sugli scogli che affiorano appena. Judith Greig, 61 anni, è invece rimasta schiacciata dalla pietra più grande: ha riportato un trauma cranico e toracico, delle lesioni interne. Le hanno asportato la milza, è in prognosi riservata ma non in pericolo di vita. «Sono salva per miracolo», è riuscita a raccontare agli uomini del Soccorso alpino che l’hanno portata in ospedale, a Genova.
Ieri centinaia di turisti hanno chiesto il rimborso del biglietto, pagato in anticipo, che permette l’accesso alla Via dell’Amore. Oggi le richieste e le disdette dei turisti saliranno a migliaia. Nei prossimi giorni nel tribunale di Spezia si celebra la prima udienza del processo a Franco Bonanini, il “Faraone”, e ai suoi presunti complici. Succede sempre in autunno, perché nel paradiso non c’è più pace.


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