Fuori i minatori di Nuraxi

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CAGLIARI. L’occupazione della miniera di Nuraxi Figus è terminata, ma non la mobilitazione dei lavoratori della Carbosulcis, che vogliono avere rassicurazioni sul futuro occupazionale e sul rilancio dell’azienda. I minatori, scesi una settimana fa a una profondità  di 373 metri, stanno risalendo in superficie e oggi riprenderanno la produzione.
La decisione di lasciare liberi i pozzi è stata presa ieri mattina al termine di un’assemblea che ha avuto come tema principale il progetto di rilancio della miniera, elaborato dalla Regione Sardegna, che il governo ha chiesto di rimodulare per renderlo sostenibile sul piano economico. «Abbiamo chiesto alla Regione un incontro urgente per discutere del nuovo progetto e dei futuri investimenti nella miniera – ha detto Sandro Mereu, della Rsu di Carbosulcis – la mobilitazione prosegue, anche se si è deciso di togliere l’occupazione». Lo stato di agitazione dei minatori passerà  ancora per il blocco della discarica di ceneri e gessi provenienti dalla vicina centrale dell’Enel, si tratta dei residui della lavorazione del carbone utilizzato per produrre energia.
«Ora che i lavoratori hanno deciso di interrompere la protesta e l’occupazione della miniera di Nuraxi Figus, il governo mantenga gli impegni presi e non tradisca la fiducia dei minatori della Carbosulcis. Ci sia davvero l’impegno per mantenere i posti di lavoro e l’attività  produttiva della miniera»: così ieri il segretario del Prc, Paolo Ferrero. E in effetti, il ruolo del governo come garante della trattativa è centrale.
Alla Regione Sardegna, proprietaria della Carbosulcis, la società  che gestisce i pozzi, spetta il compito di ridefinire un progetto che venga incontro alle richieste del governo di una drastica riduzione dei costi di gestione. I minatori tornano al lavoro, ma la partita è ancora tutta aperta. Soprattutto non è ben chiaro quali siano i margini che Roma ha intenzione di concedere a Carbosulcis. Anche perché le posizioni all’interno dell’esecutivo presieduto da Monti sono contrastanti: da una parte i possibilisti, dall’altra i falchi. Tra questi ultimi, il ministro per l’ambiente, Corrado Clini.
Ieri il governo s’è fatto sentire attraverso il sottosegretario allo sviluppo economico Claudio De Vincenti: «Siamo felici, dal punto di vita umano, per la fine dell’occupazione della miniera, e siamo soddisfatti per il buon lavoro fatto con la Regione Sardegna. L’obiettivo è ora quello di creare un polo tecnologico del carbone pulito in cui anche la miniera di Nuraxi Figus abbia un futuro. Ci attende un lavoro impegnativo».
Resta invece sempre forte la preoccupazione degli operai dell’Alcoa. Il rappresentante dell’azienda di Portovesme, Giuseppe Toia, ieri mattina ha confermato il programma di fermata degli impianti. Per ora, hanno sottolineato i sindacalisti Franco Bardi (Cgil Fiom), Daniela Piras (Uil) e Bruno Usai (Cgil Fiom) si inizia con tredici celle. Un’operazione che la multinazionale vorrebbe concludere entro poche settimane. Intanto si prepara la trasferta a Roma, prevista in un primo tempo per domani e invece rinviata a lunedì delle prossima settimana per dare più tempo alla trattativa con Glencore, il gruppo svizzero interessato all’acqusto dell’impianto di Portovesme. Lunedì prossimo i rappresentanti dei lavoratori saranno al ministero dello Sviluppo economico per partecipare a un tavolo con il governo, la Regione Sardegna e l’azienda. Con loro, giù in strada, ci saranno non meno di 600 lavoratori e i sindaci del territorio. Vorrebbero unirsi anche i commercianti e gli artigiani del Sulcis, ma il viaggio presenta costi non indifferenti. Al tavolo ministeriale la Glencore dovrebbe formalizzare una sua proposta per l’acquisto dello stabilimento sardo che gli americani dell’Alcoa hanno deciso di chiudere.


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