I NUOVI PADRONI DELLA FATWA

by Sergio Segio | 16 Settembre 2012 16:59

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A INDICARE gli obiettivi è la sezione della penisola arabica, una delle più forti tra quelle che costituiscono il nuovo assetto su base regionale dell’organizzazione. La mobilitazione contro “L’innocenza dei musulmani” è occasione da sfruttare per i qaedisti che non solo se ne sono serviti, come in Libia, per colpire gli Stati Uniti, ma cercano di guadagnare spazio tra i salafiti, i veri protagonista di questi drammatiche giornate. La galassia salafita è composita. Ruota attorno a almeno tre componenti, tra le quali la mobilità  è elevata. La prima, quella attendista, ha accettato di misurarsi con i processi elettorali innescati dalle Primavere arabe. Sino a qualche anno fa le elezioni erano ritenute una forma di idolatria che osava sostituire sovranità  popolare a quella divina. Il fallimento delle esperienze di jihad nazionale, la pochezza ideologica e strategica del qaedismo, ha spinto gli attendisti a verificare il loro peso politico e la possibilità  di azione aperta dai processi di democratizzazione senza per questo rientrare nell’alveo dei Fratelli Musulmani, ritenuti “revisionisti islamici” che hanno abbandonato l’integrità  dei principi in nome della realpolitik. L’atteggiamento è: proviamo, poi si vedrà . Il progressivo spostamento dei partiti di ispirazione Fratelli Musulmani verso un’arena politica in cui devono competere per ottenere la maggioranza e, una volta conquistata, fare i conti con un panorama pluralista e gli imperativi della logica di governo, lascia spazio politico ai salafiti. Essi puntano a erodere il consenso della Fratellanza presentandosi come veri interpreti del “gergo dell’autenticità ”: formalmente anche i Fratelli sono un gruppo salafita, anche se per loro, si tratta ormai più di una eredita religiosa e culturale che politica. Salaf, da cui viene il termine salafiti, significa “ fede antica”, quella che caratterizza il mito fondativo dell’islam incentrato sull’assoluta coincidenza tra religione e politica. E proprio sull’accusa di tradimento degli ideali originari rivolta ai Fratelli, che i salafiti cercano di lucrare la propria rendita politica. La dialettica tra la Fratellanza egiziana e il partito al Nour, che alle elezioni ha ottenuto circa il 25%, è esemplare. Per i salafiti movimentisti, invece, i processi elettorali non hanno particolare rilevanza. Essi preferiscono controllare moschee, scuole e università , islamizzare i costumi, creare aree di contropotere. Mettere alla prova sul terreno dell’islamizzazione i Fratelli Musulmani, ingessati dal loro stesso successo, diventa il loro l’obiettivo essenziale. L’uso della violenza non è disdegnato quando si inserisce in azioni di massa. Infine vi è la componente separatista, che punta a creare più una contro-società  in cui vige la sharia integrale e ritiene che la violenza possa essere attiva, non solo reattiva. E’ il caso dei salafiti che danno vita a comunità  chiuse nel Sinai o in alcune aree libiche. In misura diversa, i salafiti ritengono legittimo, in alcune circostanze, il jihad. Ma esso non è, come per i qaedisti, attività  esclusiva. Nelle biografie salafite può essere ciclico, occasionale, persino assente. Il magmatico bacino salafita è dunque contiguo ma non coincidente con quello qaedista. E proprio a questo ambiente, e non solo ai propri militanti, che si appella Al Qaeda quando invita a attaccare le ambasciate occidentali. Nello scontro la possibilità  di reclutamento sale vertiginosamente.

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