La mangiatoia degli ex missini

by Sergio Segio | 21 Settembre 2012 6:56

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Domandina innocente, ma fino a un certo punto. Come mai gli ex missini sono, o appaiono, o comunque risultano, in tutte queste storie, i più famelici? Quale misteriosa energia spinge questi attempati giovanotti?
Sono cresciuti con il mito della Patria, dell’Ordine, della Gerarchia, dell’Onore, della Tradizione e via dicendo. E ora perché sono lì ad abboffarsi senza requie nei ristoranti di lusso? Quale maligno incantesimo, quale invincibile demonio li obbliga oggi a smaniare e a vendersi l’anima e la reputazione per una casa con un buon indirizzo o per una villa, un Rolex d’oro, una macchina di alta cilindrata, un autista servizievole, uno champagne millesimato, una vacanza esotica, una consulenza alla Rai, una escort che lo è, ma non lo sembra?
Quando Francone-Batman rivendica di sentirsi «il federale» non viene più nemmeno in testa quella fantastica pellicola con Ugo Tognazzi (1961). E a guardare tanti suoi ex camerati, quegli stessi che in gioventù rischiavano o prendevano le botte nelle scuole o sotto casa, si resta attoniti come dinanzi a un sogno che è svanito.
Adesso fanno anche un po’ ridere gli effetti del risveglio. Però il ripudio degli ideali, la secolarizzazione nera, come quella bianca e quella rossa, si rivela col tempo una faccenda molto seria e anche un po’ triste. Ma quale fascismo! Questi che saturano le cronache con i loro grossolani desideri hanno in realtà  acchiappato il peggio dei loro nemici, quegli stessi che per anni e anni li avevano rinchiusi in un recinto per appestati, o li avevano seppelliti nelle catacombe a lucidare mortiferi labari e polverose reliquie; prima che il Cavaliere gli restituisse la vita all’aria aperta, ma sempre stando bene attento che ai nuovi alleati un po’ rimanesse appiccicato il complesso d’inferiorità , che nel caso specifico ha tuttora e a buon ragione il nome di «impresentabilità ».
No, non è nostalgia, «ah, i buoni fascisti di una volta!». E’ che ora la compromissione dei post-missini in ciò che un tempo definivano «il regime» s’è intensificata e accelerata, e la trasformazione non solo li ha visibilmente e definitivamente stravolti, ma li sta anche perdendo, forse per sempre.
Famelici, sì. «È ora famelica, l’ora tua, matto./ Strappati il cuore» (Ungaretti). E se pure non esiste un attendibile strumento che misuri il primato della bulimia di potere degli ex missini rispetto ai leghisti, per dire, o ad altri eroi dell’appropriazione selvaggia. Ma certo a Roma, con Alemanno, il processo è vistoso, asfissiante, spesso ridicolo perché al tempo stesso sorcio e tracotante.
Fecero impressione, quando fu eletto, i saluti romani, ma oggi francamente spaventano di più le parentopoli Ama e Atac, gli sprechi pazzeschi, le arcane consulenze, i capricci di elicotteri acquistati, i «Punti verdi» di sospetto lucro a schermo ecologico, gli orrendi e costosi alberi di Natale commissionati ad agenzie amiche, poi ritirati e ripiantati in periferia, gli uffici di comunicazione che proliferano improbabili professionalità , a loro volta da girare ad altri enti a prova di elezioni ormai date per perse. E gli incredibili videoclip di santificazione del sindaco, i sogni di bolidi sfreccianti, i pomposi Stati Generali e milionari, gli ex banditi della Magliana e gli ex terroristi dei Nar «sistemati» su comode poltrone.
La tentazione è che si tratti di fame antica, atavica, ancestrale. Una sorta di risarcimento che lega i poveri pasti dei padri epurati, le minestre degli enti di assistenza, oppure i «ranci» militareschi, al massimo le porchettate nel ristorante vicino al Luna Park all’odierno raffinato magna-magna, agli smoking, ai Suv, ai red carpet, alle hostess e ai buttafuori con l’auricolare in vista, insomma all’odierna e ostentissima pacchia.
L’inventore della «Festa dei nonni», il giovanissimo Samuele Piccolo, recordman di preferenze al Consiglio comunale, è finito in prigione con qualche parente. Durante la perquisizione agli uffici del clan volavano i documenti dalla finestra e gli armadi sigillati dalla Guardia di finanza sono stati violati. Si è poi scoperto che i Piccolo si erano anche agganciati alla cabina dell’Enel per recuperare elettricità .
In Campania ci sono esponenti, come l’onorevole Landolfi, sotto accusa per avere avuto impicci con la Camorra; mentre da qualche mese l’onorevole Laboccetta è nei guai per i suoi stretti rapporti con il mondo delle società  del gioco d’azzardo. Ma dietro le questioni giudiziarie tuttora aperte, per gli ex missini del Pdl ma anche per Fini e per quelli che l’hanno seguito nel Fli, s’intravede un andazzo di villana ostentazione, una voglia pazza o forse addirittura un destino di edonismo disperato e a buon mercato.
Vita comoda, case all’estero, viaggi esotici, servizi fotografici patinati, le carte di credito della Rai utilizzate per le spesucce dall’onorevole Rositani, i premi Almirante in prima serata, l’«Ignazio Jouer» di Fiorello, le poltroncine bianche di Vespa, l’amichetta che presenta il 150°, le fiction futuriste, i quotidiani che durano mesi, l’imitatrice che la Polverini («A’ bellaaa!») ha voluto portarsi a pranzo in regione, le sfilate di moda baby, i compleanni con Novella2000, le maxi-torte, Malgioglio e la principessa Borghese.
Peppino Ciarrapico, in fondo, insediato com’era nel formaggio dell’andreottismo all’ultimo stadio, era un profeta della trasformazione degli «esuli in Patria» in gaudenti uomini di potere, e più in generale del percorso che dal trittico «Dio Patria e Famiglia» inesorabilmente li avrebbe convertiti, o adeguati, o perfino addomesticati lungo l’asse degeneratasi in: «Io Patrimonio e Tengo Famiglia».
Hai voglia poi a intitolare qualche strada «via Almirante». E hai voglia a invocare le foibe e intanto prendersela con Berlusconi. Il vuoto di ideali si è riempito di soldi, voglie, esibizionismo, vanità . In altre parole si è colmato di nulla, del Nulla. La fine della diversità  è l’inizio della fine. Francone-Batman, Polverini e gli altri ex camerati non possono farci nulla. Dopodomani, d’altra parte, non importerà  a nessuno sapere chi vinse il campionato di voracità , avendolo perso l’intero paese.

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