«Selezionati, abilitati, plurititolati, siamo docenti traditi dallo Stato»

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ROMA. A 32 anni si sentono «tradite dallo Stato». Sara e Anna Paola hanno gli occhi chiari, l’espressione studiosa, indossano un cartello double-face che in poche righe riassume le ragioni per chiedere il ritiro del «concorso truffa» nella scuola. Ragioni che sono state sciorinate più volte nel corteo dei docenti precari che ha attraversato la Capitale che ieri affogava in un mare di sudore.
Tradimento di una generazione dei trentenni «selezionati, abilitati, plurititolati» che prendono una cattedra a settembre (se va bene) e vengono licenziati (se sono fortunati) a giugno. E vivono con la disoccupazione in estate. Tradimento di chi si è laureato in Lettere, come Sara a Anna Paola, a 23 anni e insegnano da 7 dopo essere sopravvissute al mondo racchiuso in un acronimo: «Siss», la scuola di abilitazione all’insegnamento.
«Abbiamo vissuto tre anni di regime» dice Anna Paola. Sara, che ha appena strappato una supplenza al liceo Nomentano, ricorda: «Ogni giorno uscivo di casa alle sei e mezza da Mentana, facevo tirocinio gratuito nelle scuole di Colli Aniene o Val Melaina e poi 4 ore di lezione obbligatoria a Roma Tre fino a sera». Per chi non conosce Roma, si tratta di un periplo impossibile, senza motorino. E Sara, un motorino non l’ha mai avuto. «Non avevamo la possibilità  di lavorare, anche se qualcuno eroicamente faceva pure quello» aggiunge Anna Paola. A differenza del «concorso a crocette», per cui basteranno 50 minuti di quiz, più un’altra prova e una lezione finale, c’è stato un tempo in cui l’accesso alla formazione d’insegnante durava dieci giorni di preselezione (e 5 prove), due anni di corso e un esame di stato. In mancanza di un concorso, l’ultimo è stato fatto nel 1999, per dieci anni questo è stato l’unico modo per lavorare in una scuola che oggi viene tenuta in piedi dai precari. Nel 2009 la Siss è stata chiusa, l’accesso all’insegnamento è diventato un rebus legato allo scorrimento delle graduatorie. Ogni anno, una, due, tre chiamate dal Provveditorato, in attesa di ricevere una cattedra, spesso a centinaia di chilometri da casa. «Dopo dieci anni di questa vita, ci dicono di rifare un concorso che abbiamo già  fatto e di fare largo ai giovani». A trent’anni non si è più «giovani» nel paese dei tecnici. In realtà , quei giovani così invocati non potranno partecipare al quiz. Solo gli abilitati o i laureati fino al 2004, ne avranno diritto. «Questo concorso è solo propaganda».
Risalendo il corteo convocato dal movimento dei «precari contro i tagli», tra le bandiere dei Cobas, della Flc-Cgil e dell’Unione dei Sindacati di Base (Usb) incontriamo una coppia palermitana. Francesca, 36 anni, archivista freelance e il suo compagno Dario, 34 anni, docente di storia e filosofia da sette, anche lui reduce dal «regime sissino». Hanno sulle spalle dodici ore di autobus, vorrebbero andare al concerto dei Radiohead, ma sono senza biglietto. «Questo concorso è concepito sul modello dell’università  – sostiene Dario – invece della nostra esperienza in classe valuteranno il dottorato o le pubblicazioni. La soluzione è assumere dalle graduatorie. Noi siamo già  vincitori di concorso». I sindacati riusciranno a fare ricorso, bloccheranno il concorso «truffa»? «È un tentativo disperato, ma va fatto» risponde Dario. I motivi di un’opposizione così sentita nascono anche dalla consapevolezza degli effetti che avrà  la riforma Fornero sulle pensioni. «Anche nella scuola i docenti saranno costretti a rinviare il pensionamento di 5 anni – osserva Dario – e nel frattempo verranno ridotte le immissioni in ruolo dei precari. In questo modo le graduatorie verranno bloccate».
Francesca ha l’aria di conoscere i problemi infernali che si affrontano per avere il diritto di entrare in classe e insegnare. Non ha mai voluto lavorare a scuola, un mondo che «ho sempre trovato statalista». Lei è una lavoratrice autonoma, una freelance. «Ho lavorato in Libia per tre anni su un progetto di archivio. Adesso mi definisco “disoccupata di guerra” ndr]. Mi ricordo come lo Stato trattava gli insegnanti d’italiano. Io avevo un visto libico, loro nemmeno quello». Ma allora, perchè sei qui in corteo? «Perché anch’io sono una precaria della conoscenza. Viviamo la stessa condizione. Siamo Quinto Stato».
Bocca della Verità . Fine del corteo. Gli organizzatori sostengono che c’erano 15 mila manifestanti. Comunque un successo, numeri così tra i precari non si vedevano dal movimento dell’Onda. Poco prima, un’incidente che molti hanno trovato simbolico. Le forze dell’ordine hanno ordinato ad un uomo di dismettere un cartello con l’immagine del Presidente della Repubblica Napolitano e la scritta «La Nausea di Sartre». L’uomo ha rischiato un’incriminazione per offesa alla più alta carica dello Stato. Il cartello faceva parte di un trittico con la foto del Parlamento e la scritta «Gli indifferenti» (da Moravia) e il ministro Profumo immortalato come «L’Uomo senza qualità » (da Musil). Entrambi i cartelli hanno attraversato la città  senza provocare incidenti.


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