Pd, primarie il 25 novembre col doppio turno

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ROMA —Le primarie del Pd saranno a doppio turno. Sono state indicate le date: il 25 novembre e il 2 dicembre. Anche se sarà  l’Assemblea del partito a fine settembre a formalizzare la sfida per la premiership nel centrosinistra, modificando con una norma transitoria quel comma che prevede sia il segretario democratico in carica a fare il candidato premier. Le primarie sono la prima tappa per la contesa vera, la vittoria cioè alle politiche del 2013. Bersani non nasconde la difficoltà : «Anche perché tutti vogliono tagliarci la strada, ma io non mi impressiono perché il partito sarà  in grado di fare leva sulla gente onesta e perbene».
Anticipa, il segretario, qualcosa del suo discorso di domani a conclusione della Festa nazionale del Pd a Reggio Emilia, in quello stesso Campo Volo dove Enrico Berlinguer tenne il comizione del 1983. Sarà  sulla crisi italiana: «Dobbiamo prenderci la nostra responsabilità  davanti al paese, senza paura e senza raccontare favole, in
modo da dare fiducia», anticipa. Meno spazio dedicherà  alle beghe interne e al caos sulla “rottamazione” dei vecchi leader che è la bandiera dello sfidante Renzi. Tuttavia il segretario dovrà  rispondere anche ai trentaquarantenni (i “giovani turchi”) di Orfini, Fassina e Orlando che si sono autoconvocati sempre a Reggio Emilia, oggi. Appoggiano Bersani, ma chiedono il ricambio generazionale. Tra lo staff di Renzi (a capo del quale c’è Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza) e la segreteria si stanno discutendo le modalità  delle primarie. Dovrebbero essere sul “modello” di quelle che si svolsero a Firenze per Palazzo Vecchio quando vinse Renzi: ovvero con un “quorum” per vincere (il 40%), e forse per passare il turno (il 30%). Sono primarie di coalizione, a cui oltre a Renzi e Bersani, partecipano finora Vendola (Sel) e Tabacci (Api).
L’annuncio di Bruno Tabacci, assessore della giunta Pisapia, portavoce di Api e deputato, che scalda i motori, sta a segnalare un’altra notizia: Rutelli e il suo partito (Api) hanno abbandonato i centristi e l’ipotesi di Terzo Polo, per sciogliersi (si vedrà  nella convention di Maratea del 13 settembre) e saldare l’alleanza nel centrosinistra. Una tappa di riavvicinamento al Pd, dove Rutelli sarebbe tentato di tornare. L’Udc del resto sta procedendo per la sua strada che prevede, solo il voto, l’alleanza con i Democratici.
Alla festa del partito a Chianciano infatti, il segretario Cesa mostra il nuovo simbolo: via il riferimento a Casini dal logo, entra la parola “Italia”. Un brutto scherzo per Berlusconi che al brand “Italia” voleva ritornare, nella speranza di arrestare la libera caduta di consensi del Pdl, secondo i sondaggi. Casini quindi lancia la lista per l’Italia, il cantiere dei moderati e la continuità  con le politiche di Monti. Su questo il Pd è profondamente diviso. Romano Prodi, a margine del workshop Ambrosetti di Cernobbio, loda le primarie («sono un segno di democrazia ») e smentisce una sua candidatura al Quirinale: «Direi che non è cosa». Le primarie tengono alta la tensione nel Pd. Debora Serracchiani confessa che non sa se andrà  a votare. Pina Picierno definisce Renzi «vassoio vuoto» e attacca la Bindi, «è il passato, non si dovrebbe ricandidare». Follini chiede rispetto per Renzi. Zoggia al contrario spera che resti a fare il sindaco di Firenze.


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