Perché oggi in India si sciopera

by Sergio Segio | 20 Settembre 2012 16:05

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Oggi in India è stata indetta una giornata di sciopero nazionale contro una proposta di riforma del commercio fatta dal primo ministro Manmohan Singh e che prevede la liberalizzazione della grande distribuzione nel paese. Lo sciopero è stato organizzato dai partiti di opposizione al Congresso Nazionale Indiano (primo fra tutti Bharatiya Janata Party, il partito del popolo fortemente nazionalista) e dai sindacati riuniti nella Confederation of All India Traders (CAIT) cui aderiscono circa 50 milioni di persone. Alla protesta hanno deciso di partecipare i piccoli commercianti, ma anche gli autisti degli autobus e dei mezzi di trasporto pesanti contro l’aumento previsto del 14 per cento del prezzo del gasolio.

Si stanno svolgendo manifestazioni nelle principali città  del paese (Nuova Delhi, Patna, Allahabad e Varanasi), sono stati bloccati i binari del treno negli stati del nord Uttar Pradesh e Bihar e molte multinazionali hanno sospeso per oggi le attività  temendo episodi di violenza. E il Trinamool Congress, partito che fa parte della coalizione di governo ma che non condivide la proposta di riforma, ha annunciato per domani il ritiro del sostegno in Parlamento e le dimissioni di sei ministri.

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La riforma del commercio era già  stata avanzata lo scorso anno, nel dicembre 2011, ma era poi stata bloccata dai partiti di opposizione e dalle proteste popolari. La proposta prevedeva che le grandi multinazionali potessero acquisire la maggioranza (il 51 per cento) dei principali centri di distribuzione e che potessero vendere direttamente ai consumatori indiani: fino a ora era invece previsto che i centri di distribuzione potessero vendere solo ai commercianti al dettaglio. Il primo ministro Manmohan Singh ha riproposto il testo con qualche lieve modifica (spostando la soglia dal 51 al 49 per cento), sostenendo che tali riforme sono necessarie per rilanciare un’economia in forte rallentamento. Secondo gli organizzatori dello sciopero, però, facilitare l’entrata nel Paese delle multinazionali porterà  presto alla distruzione di un tessuto economico e sociale composto soprattutto da piccoli commercianti che rischiano dunque di sparire.

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