Sciopero generale di Cgil e Uil contro la spending review

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ROMA. «Abbiamo già  dato» hanno scandito i trenta mila lavoratori del pubblico impiego che ieri hanno sfilato in corteo a Roma chiedendo di cambiare la legge sulla spending review. Lo slogan era stampato su adesivi e magliette, mentre alcuni manifestanti hanno indossato la rosea testa di maiale in cartapesta, come nella celebre festa pidiellina dove «c’erano tutti quelli di Roma Nord» che ha raso al suolo la giunta regionale laziale guidata da Renata Polverini. La polemica contro le spese della politica è continuata anche dal palco dove il segretario generale Cgil Susanna Camusso ha tenuto il comizio di chiusura della manifestazione insieme al segretario della Uil Angeletti: «Per fortuna si è dimessa – ha detto Camusso a proposito della Polverini – ma prima ha nominato dieci dirigenti e non ha stabilizzato neanche un precario: così si rovina il paese e l’immagine della pubblica amministrazione». «Siamo al punto di non ritorno – ha detto Camusso – O la politica ha la forza di rinnovarsi o continuerà  l’idea che è sempre una schifezza». Netta la contrarietà  rispetto ad ogni ipotesi di Monti-bis: «Sarebbe un passaggio di rassegnazione, non di cambiamento». Per i sindacati i tagli alla spesa del governo Monti non sono «una riforma», ma seguono la logica dei tagli lineari senza attenzione ai servizi pubblici. Dopo lo sciopero generale di ieri dei servizi pubblic, la mobilitazione continuerà  venerdì 12 ottobre quando la Flc-Cgil ha convocato uno sciopero nella scuola, mentre l’Unione degli studenti sfilerà  in tutte le città . «Al governo chiediamo un piano industriale per la riorganizzazione del pubblico impiego teso all’efficienza e non un taglio indiscriminato» ha detto Angeletti. Critiche allo sciopero sono arrivate dal segretario Cisl Raffaele Bonanni: «una protesta sterile» l’ha definita, ribadendo che non lascerà  il tavolo con il ministro Patroni Griffi. Camusso ha confermato che la Cgil non abbandonerà  la trattativa e tornerà  a confrontarsi con il ministro con una tesi ben chiara: la spending review è un’operazione di «tagli lineari» alla spesa e ai servizi. Totale: 25,53 miliardi di euro. Nella Sanità , il taglio previsto è di 4,7 miliardi che si aggiungono agli 8 tagliati dal governo Berlusconi fino al 2014. Nel settore privato dei servizi crescono le preoccupazioni per l’allungamento dei tempi di pagamento degli stipendi mentre, al capitolo «fornitura di beni e servizi», la spending review rischia di colpire la stabilità  del posto di lavoro e le condizioni retributive e contrattuali del 15% degli addetti ai servizi sull’occupazione, un settore che impiega non meno di 500 mila persone. Negli enti di ricerca, la situazione è drammatica. L’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), reso celebre dall’individuazione del bosone di Higgs, perderà  24 milioni di euro. Al Cnr verranno tagliati 16 milioni, mentre l’Istat ha denunciato una condizione drammatica: a gennaio non sarà  in grado di proseguire il proprio lavoro. Il governo ha concentrato la sua disperata caccia ai fondi sugli enti previdenziali e assicurativi, l’Inps e l’Inail. Sull’Inps, in particolare, si è abbattuto un piano di tagli di 400 miliardi fino al 2014 e sono stati individuate circa 5500 persone «eccedenti». I tagli alle regioni e agli enti locali per il 2012-13 saranno di 7,2 miliardi di euro che si aggiungono a quelli decisi dal governo Berlusconi. Riguarderanno una platea di 400 mila lavoratori soprattutto precari. Per la Cgil sono misure «demagogiche» che non seguono un disegno organico. L’esempio supremo è quello dell’accorpamento delle province. Un processo condotto in base a criteri numerici, senza alcun rispetto delle specificità  territoriali, e provocherà  la dismissione delle società  in house, oltre che la riduzione delle agenzie che lavorano per la pubblica amministrazione. I posti di lavoro a rischio sono 100 mila.

Il pianista: «Il mio grand tour»

Giovanni Velluti, pianista, ha 43 anni e da 12 insegna nei conservatori di tutto il Paese: Avellino, Trapani, Latina, e poi Foggia, Parma. Ogni anno il suo grand tour si arricchisce di una nuova tappa, a proprie spese. Fa parte di una categoria, quella dell’«Alta formazione artistica, musicale e coreutica» (Afam), che dagli anni Ottanta ha generato una sacca di precariato ultra-qualificato da guiness: su 3 mila docenti, i precari sono esattamente la metà – «Siamo pochissimi a insegnare nelle nostre città  – racconta questo artista che suona abitualmente con Katia Ricciarelli, Andrea Bocelli o Carlo Lepore – e questa lontananza rende più difficile mantenere una continuità  didattica». In questa condizione di «stabile provvisorietà », così la definisce Giovanni, gli insegnanti rischiano di perdere di vista il controllo sul loro strumento d’elezione. «Per insegnare, ho bisogno di esercitarmi al piano almeno 4 ore al giorno. Se un ragazzo non capisce un certo passaggio di Liszt, io glielo mostro. Il nostro è un mestiere artigianale». È il paradosso della formazione musicale nel nostro paese. Metà  dei docenti nei conservatori sono concertisti di fama internazionale, ma spesso devono accontentarsi di un ruolo dimezzato e itinerante. Una condizione che non permette di rispondere alla grande domanda di musica e, viste le dimensioni di questo esodo di massa in tutta la Penisola, spinge i ragazzi verso le scuole private dove pagano per avere un docente che li segue per l’intero ciclo di studi. «SIamo intelligenze creative e chiediamo di essere stabilizzati. è un passo formale, allo Stato costerebbe il 3 o 4% in più rispetto ad oggi che siamo precari».

L’infermiere: «Difendo i pazienti»

Pio Zappaterreno lavora come infermiere al Gemelli di Roma da 37 anni. Mostra con orgoglio un cappellino rosso taggato Cgil. Dal 13 agosto fino al prossimo dicembre resterà  in cassa integrazione come stabilito dal «piano strategico di rilancio» voluto dall’amministrazione del gigantesco ospedale che sorge a nord della Capitale. Nella sua stessa situazione ci sono 80 persone, il prossimo anno si prevede che saranno 196. Il taglio ai costi al personale, ricorda Pio, prevede anche una riduzione dello stipendio di 270 euro all’anno. Una situazione dettata dall’incertezza sulla possibilità  di ottenere 900 milioni di euro di crediti accumulati dal Gemelli – che dipende dall’Università  Cattolica – con la Regione Lazio. Un’incertezza che ha spinto il Gemelli a prevedere una riduzione di 242 posti letto, principalmente nella degenza ordinaria e il day hospital, oltre al taglio di 7200 ricoveri complessivi che passeranno dai 1.644 medi del 2011 a 1.402 nel 2016. Secondo i calcoli della spending review i costi di funzionamento del Gemelli dovrebbero passare da 681 milioni di euro del 2011 a circa 580 milioni nel 2016. «Da quando ho iniziato a lavorare – ricorda Pio – il lavoro è peggiorato. Prima non si faceva il doppio turno, oggi per il blocco del turn-over si arrivano a fare 40 ore a settimana di straordinario, l’anno scorso sono stati spesi 6,5 milioni di euro. Chiediamo un lavoro meno stressante, l’unica condizione per garantire ai pazienti un servizio di qualità ».

Il poliziotto: «Figlio del popolo»

Cosmo Bianchini, poliziotto, è «un figlio del popolo». Lo dice con orgoglio, e cita a memoria la poesia di Pasolini «Il Pci ai giovani» scritta dopo gli scontri di Valle Giulia, quando iniziò il 68 in Italia. Cosmo è nato a Formia e si è arruolato in polizia nel 1978, l’anno più duro del terrorismo. «Essere di sinistra in polizia non è semplice, il 60% dei colleghi è di destra» afferma Cosmo che da tempo ricopre la carica di segretario generale del Silp per la Cgil Lazio. Per tutta la vita ha girato instancabilmente il paese ad iniziare da Bologna, dove ha ricevuto il primo incarico. Nel 1981, l’anno in cui la polizia venne smilitarizzata dalla riforma, è diventato sindacalista. «Da allora nessun governo ha modificato la norma che impedisce a tutti i poliziotti di iscriversi al sindacato». La spending review non ha risparmiato nemmeno questo settore che è sotto-organico sin dal governo Berlusconi quando mancavano 11 mila agenti. Nei prossimi tre anni il buco aumenterà . Si stima che verranno tagliate 22 mila unità , 2 mila agenti a Roma, mille a Milano, Napoli e Palermo, 500 a Torino e Bari, 300 a Bologna e Firenze. «Con questi numeri – afferma Bianchini – verrà  a mancare il controllo non repressivo del territorio, i tecnici hanno tagliato la Dia e i servizi. Anche la lotta contro la corruzione verrà  penalizzata».

L’amministrativo: «Solidarietà »

Michelangelo ha attraversato dieci anni di precariato lavorando come amministrativo negli uffici dell’ateneo di Firenze. Alla fine, la sua corsa ad ostacoli tra un co.co.pro e un contratto a tempo determinato ha raggiunto il traguardo della stabilizzazione. Un risultato che non era affatto scontato visto che all’ateneo fiorentino, in media, è stato tagliato il 9% del Fondo governativo (Ffo). Da quando è iniziata la stagione dei tagli, con la finanziaria Tremonti del 2008 e la «riforma» Gelmini, l’organico dei docenti, come del personale tecnico dell’università  è sceso da oltre 60 mila persone a 54 mila. In mezzo c’è stato di tutto il blocco del turn-over, la legge Brunetta e, ogni anno, l’angoscia del mancato rinnovo del contratto, l’idea di restare a casa. Michelangelo ricorda con la gioia negli occhi il giorno in cui, davanti al rettorato, si radunarono 500 persone, senza distinzione di status tra i precari e i dipendenti stabili. Chiedevano la regolarizzazione di centinaia di precari. Cosa effettivamente accaduto anche se, ricorda, ce ne sono ancora altri in attesa di una risposta. Michelangelo, oggi, è delegato sindacale.


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